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Cronaca Lizzanello

Rapina all'ufficio postale di Merine, per il gip reato-fine dell'associazione mafiosa

Dopo il fermo di indiziato di delitto, emessa e notificata al commando di Tuturano anche l'ordinanza. Le indagini svolte dalla polizia brindisina

LECCE – Si complica il quadro a carico di Vincenzo Bleve, 49enne, Dario Fai, 51enne, Pierpaolo Fai, 45enne e Vito Bleve, 54enne, i quattro uomini di Tuturano (popolosa frazione di Brindisi), accusati, fra le altre cose, di una rapina avvenuta la mattina del 1° ottobre scorso a Merine, frazione di Lizzanello, nell’ufficio postale.

Un raid che ha destato molto scalpore, anche perché eseguito persino con un’arma semiautomatica da guerra, mentre tanti genitori stavano accompagnando i loro bimbi nell’asilo che sorge esattamente di fronte. Scene terrificanti, difficili da dimenticare, per chi si è trovato in quel momento in zona.   

L’intero gruppo, come noto, era stato bloccato il 2 novembre scorso grazie a un decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso in via d’urgenza dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce per dare un taglio netto alle loro attività illegali, visto che – almeno tre di loro - già sospettati di un altro caso. E questa mattina, ai quattro – ancora in carcere - è stata notificata anche l’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari di Lecce, su richiesta del pubblico ministero della Dda. Ci hanno pensato gli investigatori della squadra mobile brindisina, che hanno svolto le indagini, in collaborazione con la polizia penitenziaria.

L'assalto di prima mattina

Erano le 8,35 circa di quella mattina di inizio ottobre, quando due soggetti con i volti coperti e le armi, sia comuni, sia da guerra (un Ak 47) avevano fanno irruzione nell’ufficio postale, pieno di avventori, visto anche che era giorno di pagamento di pensioni. Minacciati con le armi direttore e impiegata si erano impossessati dei soldi (per la verità, non molti, appena mille e 231 euro: un flop, per un’azione simile), fuggendo con una Lancia Delta, condotta da un complice, anch’egli travisato e armato.

Le indagini sul gruppo criminale erano già in corso, come detto, per altre vicende.  E il commando risulterà alla fine composto non da tre, ma da quattro individui: un ultimo e ulteriore complice, infatti, è stato identificato nell’uomo incaricato di svolgere prima alcuni sopralluoghi e poi, proprio la mattina della rapina, una ricognizione a bordo di una Lancia Y presa a noleggio, indicando ai complici il momento dell’apertura dell’ufficio postale. Si tratta di Vito Bleve.

I quattro arrestati

I quattro sono poi stati compiutamente identificati attraverso l’analisi dei tabulati del traffico telefonico, la visione delle immagini raccolte dai sistemi di video-sorveglianza, le intercettazioni e le altre risultanze d’indagine.

Tre di loro, secondo gli investigatori, sono ritenuti anche protagonisti di un tentativo di estorsione, attuato con metodi simili a quello delle organizzazioni mafiose, commesso ai danni di un imprenditore agricolo brindisino.  Nella tarda estate appena trascorsa, la vittima era raggiunta  in uno dei suoi appezzamenti da un’autovettura con a bordo alcuni uomini che avevano avanzato una richiesta estorsiva, ripetuta a ottobre.

Nel portare “i saluti degli amici di Tuturano”, coloro che avevano avanzato la pretesa, avevano minacciato di impossessarsi del raccolto di carciofi, richiedendo il pagamento 5mila euro entro tre giorni. Ad agire, in questo caso, sarebbero stati Vincenzo Bleve, Dario Fai e Pierpaolo Fai (ovvero, anche i tre autori materiali della rapina all’ufficio postale).

Reati-fine dell’associazione mafiosa

Nell’ordinanza emessa, il giudice per le indagini preliminari, ha ritenuto che entrambe le azioni criminali possano essere valutate, sul piano logico, come reati-fine dell’associazione mafiosa, per quanto, a carico di Vito Bleve, le condotte contestate (rapina, detenzione e porto illegale in luogo pubblico di armi da fuoco), non contemplino aggravanti o riferimenti di natura mafiosa.

Infine, i fratelli Fai, sempre secondo la ricostruzione investigativa, nell’indagine ribattezzata “Rent a car”, dovrebbero essere anche gli autori del furto delle targhe apposte sulla Lancia Delta impiegata nella rapina di Merine. Resta ora da capire se i soggetti siano artefici anche di altri colpi avvenuti di recente nel Salento. 

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