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Cronaca Lequile

Rapina sfociata nel sangue, il medico legale: “La vittima fu colpita anche al volto”

Il medico Alberto Tortorella ha illustrato alla Corte i risultati della consulenza svolta durante le indagini sull’omicidio dell’ex direttore di banca Giovanni Caramuscio, 69enne di Monteroni, avvenuto la sera dello scorso 16 luglio. Ascoltato anche un teste minorenne

LEQUILE - L’ex direttore di banca Giovanni Caramuscio, 69enne di Monteroni, fu colpito da due colpi d’arma da fuoco, uno dei quali lo raggiunse al cuore non lasciandogli scampo, e mentre era al suolo, inerme, fu ferito al volto da uno dei due banditi che voleva rapinarlo presumibilmente col calcio della pistola: sono questi alcuni dei passaggi principali emersi dalla visione delle telecamere di sorveglianza e confortati dalla deposizione del medico Alberto Tortorella che, su incarico della Procura svolse gli accertamenti (medico-legali) sul delitto avvenuto la sera dello scorso 16 luglio davanti allo sportello bancomat di un istituto di credito, a Lequile.

Questa mattina, il professionista ha illustrato alla Corte d’Assise di Lecce, presieduta dal giudice Pietro Baffa (a latere, dalla collega Francesca Mariano e dai giudici popolari) i risultati della consulenza nella quale si dà atto anche della presenza di ferite sul viso del malcapitato. Insomma, la violenza non si sarebbe esaurita negli spari.

I figli, presenti in aula con l’avvocato difensore Stefano Pati, non sono riusciti a contenere le lacrime.

Oggi è stata la volta anche del minorenne, le cui indicazioni risultarono fondamentali alle indagini, come ha sottolineato lo stesso pubblico ministero Alberto Santacatterina, titolare dell’inchiesta.

Il ragazzo ha ribadito quanto riferì quel giorno ai carabinieri, cioè di aver visto, poco prima del loro arrivo, un individuo recarsi in direzione di un pozzo con una busta e ritornare a mani vuote.

La busta fu recuperata dai militari e conteneva proprio alcuni degli indumenti corrispondenti a quelli utilizzati durante l’azione delittuosa, come riscontrato dai filmati ripresi dagli “occhi elettronici”.

Grazie alle sue dichiarazioni fu possibile chiudere in breve tempo il cerchio e ad arrestare i responsabili.

Ad aprire il fuoco fu Paulin Mecaj, 31enne albanese, dopo che la vittima reagì, sferrando un pugno al complice Andrea Capone, 28 anni, di Lequile.

L’avvocato Pati ha chiesto che nella prossima udienza, il 9 giugno, vengano ascoltati i due imputati assistiti dagli avvocati Luigi Rella, Raffaele De Carlo e Maria Cristina Brindisino.

Entrambi, in due distinte lettere finite negli atti del processo, hanno chiesto perdono ai familiari. “Quella sera avevo bevuto molto e assunto della cocaina, non ero in me e involontariamente ho premuto il grilletto, uccidendo, senza essere cosciente e in me”, aveva scritto Mecaj, mentre Capone, pur ammettendo l’intenzione di voler rapinare la vittima, nella missiva, aveva negato di essere a conoscenza del fatto che l’amico fosse armato.

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