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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Omicidio Renda in Messico: l'accusa presenta il conto per omicidio volontario

Il pubblico ministero Angela Rotondano ha chiesto condanne da 24 a 21 anni per gli otto imputati. La sentenza è attesa per il 15 dicembre

LECCE – Per la Procura non ci sono dubbi, Simone Renda fu condotto alla morte con trattamenti crudeli, inumani e degradanti e per questo il pubblico ministero Angelo Rotondano ha chiesto la condanna a una pena tra i 24 e i 21 per gli otto cittadini messicani accusati di concorso in omicidio volontario. Il decesso del 34enne leccese avvenne nel marzo del 2007 a Playa del Carmen, dove era in vacanza.

Gl imputati sono il giudice qualificatore Hermilla Valero Gonzalez; Cruz Gomez (responsabile dell’ufficio ricezione del carcere); Enrique Sánchez Nájera (guardia carceraria); Pedro May Balam, vicedirettore del carcere; Francisco Javier Frias e Jose Alfredo Gomez, agenti della polizia turistica del municipio di Playa del Carmen; Arceno Parra Cano, vicedirettore del carcere; e Luis Alberto Landeros, guardia carceraria.

Simone Renda fu arrestato due giorni prima del decesso dalla polizia turistica con l’accusa di ubriachezza molesta e disturbo della quiete pubblica, e rinchiuso in una cella di sicurezza. Al momento dell’arresto il medico in servizio presso il carcere municipale gli aveva diagnosticato un grave stato clinico dovuto a ipertensione e un sospetto principio d’infarto, prescrivendo immediati accertamenti clinici in una struttura ospedaliera. Inspiegabilmente, però, le richieste del medico non furono ascoltate e il turista salentino fu trattenuto in stato di fermo senza ricevere assistenza sanitaria, abbandonato a se stesso.

simone_rendaSenz'acqua e senza cibo per 42 ore, morì completamente disidratato. Sono ormai trascorsi nove anni da quella tragica morte, ma il tempo non ha lenito un dolore troppo da grande da raccontare per chi, come la mamma di Simone, Cecilia Greco, in questi lunghissimi giorni non ha mai smesso di lottare e di chiedere giustizia. La donna, assistita dagli avvocati Pasquale e Giuseppe Corleto, si è costituita parte civile.

Dopo un primo procedimento penale in Messico, chiuso con condanne lievi, è stato possibile instaurarne uno davanti alla giustizia italiana grazie alla Convenzione di New York che riconosce la giurisdizione del paese della vittima in caso di trattamenti crudeli, inumani o degradanti. La sentenza è attesa per il 15 dicembre.

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