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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Rigassificatore, il Tar respinge ricorso della Lng

Nel giudizio entra anche il Comune di Lecce, opponendosi all'impianto che la società vorrebbe realizzare a Brindisi ma in una zona (Capo Bianco) già considerata ad elevato rischio ambientale

Un'altra battuta d' arresto per la Lng spa, la società che vorrebbe realizzare l'impianto di rigassificazione in zona Capo Bianco a Brindisi. Con la sentenza di oggi la sezione di Lecce del Tribunale amministrativo regionale, ha respinto il ricorso della "Lng" che chiedeva l'annullamento allo stop da parte della Capitaneria di Porto di Brindisi per quel che riguarda la navigazione nello specchio di acqua di sua concessione. La "Lng", infatti, avrebbe voluto realizzare un terrapieno per la costruzione dell'impianto di rigassificazione. Nel giudizio, tra gli altri, è intervenuto per opporsi al progetto il Comune di Lecce.

Sulla base della nota della Capitaneria di Porto si è ritenuto che la "Lng" non avesse alcun titolo per iniziare i lavori diretti alla realizzazione del rigassificatore. E la decisione odierna del Tar prende spunto proprio dai contenuti di questi atti e dalle argomentazioni relative alla necessità che il soggetto proponente avesse dovuto presentare, oltre al progetto preliminare, anche uno studio di impatto ambientale. E proprio il giudizio di "via" ottenuto, che parrebbe semplificato rispetto alle normali procedure, non deve comunque contrastare con le direttive comunitarie che, impongono inoltre la consultazione delle popolazioni interessate in caso di progetti relativi a nuovi stabilimenti a rischio di incidenti. Secondo la motivazione del giudice amministrativo, invece, l'intervento appare di rilevante impatto ambientale in un'area già dichiarata ad elevato rischio. Il progetto preliminare, infine, avrebbe un valore relativo, indeterminato e "di massima".

"Ho letto con particolare attenzione la motivazione della sentenza - commenta il sindaco Adriana Poli Bortone - con la quale il Tar ha approfondito tutta la vicenda relativa all'autorizzazione ministeriale rilasciata nel 2003 individuando vizi e discrasie ed evidenziando il fatto di aver dato il via libera ad un impianto di notevolissimo impatto ambientale con una localizzazione ad alto rischio, senza il coinvolgimento delle popolazioni locali, incidendo peraltro negativamente sulle prospettive di sviluppo turistico".

"Basti pensare - rileva anche Pietro Quinto, l'avvocato che ha rappresentato e difeso il Comune di Lecce nel giudizio - che il progetto include il completo asservimento del Porto di Brindisi con la movimentazione di 8 miliardi di metri cubi di metano all'anno. Tutto ciò senza alcuna garanzia per l'omessa acquisizione di una adeguata valutazione di impatto ambientale, ma soprattutto senza la necessaria consultazione popolare. Esprimo l'auspicio che il Ministero voglia recepire il formale invito del Giudice amministrativo (la cui decisione è la prima sulla questione) ed esercitare il potere di annullamento in autotutela del decreto ministeriale del 2003".

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