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Cronaca Trepuzzi

Rom assassinato, pm contrario a perizia psichiatrica su Perrone: deciderà il gip

E' stato il legale di Fabio Antonio Perrone, l'avvocato Antonio Savoia, a chiedere che il suo assistito sia sottoposto a perizia. Il magistrato titolare del procedimento, il sostituto procuratore Francesca Miglietta, ha già espresso parere negativo. Ancora sotto choc la comunità di "Panareo"

LECCE – Sarà il gip Vincenzo Brancato a decidere se sottoporre Fabio Antonio Perrone, l’uomo di 41 anni arrestato sabato scorso per l’omicidio di Fatmir Makovic, 45enne, e del tentato omicidio di suo figlio 16enne, a una perizia psichiatrica per stabilire se fosse capace di intendere di volere al momento della sparatoria costata la vita al rom di nazionalità montenegrina.

E’ stato il legale di Perrone, l’avvocato Antonio Savoia, a chiedere che il suo assistito sia sottoposto a perizia. Il magistrato titolare del procedimento, il sostituto procuratore Francesca Miglietta, ha già espresso parere negativo. Gli inquirenti ritengono che sia trattato di un agguato consumato con straordinaria ferocia e determinazione. Non convince, infatti, l’ipotesi di un litigio sfociato in una spietata vendetta.

Già al momento dell’arresto gli investigatori hanno contestato l’aggravante delle modalità mafiose, sintomo che dietro l’agguato di venerdì notte si nasconde qualcosa di più complesso e rilevante sotto il profilo criminologico. Gli uomini del Nucleo investigativo dei carabinieri e della compagnia di Campi Salentina (guidati rispettivamente dal capitano Biagio Marro e dal maggiore Nicola Fasciano) stanno raccogliendo e mettendo insieme i tasselli di un’indagine complessa, finalizzata a stabilire quali interessi avessero riportato Perrone nella sua Trepuzzi (l’uomo da qualche tempo si era trasferito in Toscana) e cosa abbia portato “triglietta” (come era conosciuto negli ambienti criminali) a scontrarsi con la vittima, persona molto conosciuta e rispettata nella comunità del campo sosta Panareo, dove risiedeva.

L’autopsia del resto, eseguita dal medico legale Alberto Tortorella, ha stabilito che l’uomo è stato trafitto da sette colpi, di cui ben quattro mortali all’addome. Fatmir Makovic è stato inseguito e finito nel bagno del bar dove è avvenuta la sparatoria. Sintomo inequivocabile che chi ha sparato lo ha fatto per uccidere, svuotando l’intero caricatore della pistola Crvena Zastava, una calibro 9 di fabbricazione serba (una delle tante armi arrivate sulle nostre coste dopo il conflitto che ha infiammato e disgregato l’ex Jugoslavia). ​E’ previsto per i prossimi giorni l’interrogatorio dell’altro ferito, le cui condizioni migliorano, seppur lentamente, di giorno in giorno.

Un omicidio che ha segnato la storia di una comunità, quella rom, che pochi conoscono e che molti temono. Sono circa una quarantina le famiglie che vivono all’interno del campo, per un totale di oltre 200 persone. Sono quasi tutti di etnia montenegrina, con lontane origini kosovare. La maggior parte di loro sono arrivati nel Salento tra gli anni ottanta e novanta, per sfuggire agli orrori della guerra a alla miseria, alla ricerca di un futuro migliore.

“Noi – dice uno degli abitanti del campo, in un italiano perfetto – siamo gente onesta, non abbiamo mai avuto problemi con la giustizia. Qui la maggior parte degli uomini lavorano, mentre le donne si occupano dei lavori domestici. Certo, qualcuno chiede l’elemosina, ma nessuno ha mai rubato”.

Container-4Dinanzi a ogni costruzione c’è del bucato steso ad asciugare al tiepido sole di aprile. L’odore di detersivo e di pulito non riesce a cancellare, però, quello dei liquami e della fogna poco distante. Tanti i bimbi (i più grandi sono a scuola) che affollano il campo, sorridenti e gioiosi. Appena vedono la macchina fotografica iniziano a correre e ad agitarsi, felici per quella breve intrusione inattesa. Per loro gli svaghi sono pochi, un giro in bici o sullo scooter guidato da un parente più grande. All’ingresso del campo si trovano, invece, due blocchi di case in muratura, costruite dal Comune qualche anno fa.

Seppur molto più confortevoli delle vecchie “campine” (le abitazioni-roulotte), le abitazioni sono piccole e umide e necessitano già di lavori di ristrutturazione. L’ospitalità non fa certo difetto a questa gente allegra e gentile, che offre un caffè in una cucina immacolata. Poco più c’è l’ultimo blocco di abitazioni, una decina di prefabbricati. Makovic abitava in una di questi con la moglie e i figli. La morte del 45enne ha lasciato un velo di tristezza e dolore nel campo sosta Panareo, dove la vittima era molto conosciuta e stimata. La salma ha raggiunto la patria natia. Si aspetta il Gurgevdan, la festa di S. Giorgio, la più importante festa dei Rom che si celebra ogni anno il 6 maggio, per ritrovare il clima di gioia e di festa che da sempre contraddistingue la comunità gitana.

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