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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Romeo e Giulietta rinascono in carcere e chiedono un lieto fine, ma la legge li ostacola

Due detenuti si sono visti per la prima volta dalle finestre delle palazzine di “Borgo San Nicola”, a Lecce, ed è scattata la scintilla. Da mesi hanno una relazione epistolare. Negati i colloqui. Lei: "Farò lo sciopero della fame"

LECCE - Romeo e Giulietta sono rinati in carcere e chiedono un finale diverso. Non sono Daphne e Josh, i due giovani detenuti che si innamorano in un penitenziario minorile raccontati nel film “Fiore” di Claudio Giovannesi. Loro esistono davvero: lei ha 45 anni, lui ne ha 37, e sono entrambi originari di Taranto.

Si sono visti per la prima volta lo scorso gennaio dalle finestre delle palazzine di “Borgo San Nicola”, a Lecce, dove sono reclusi, ed è stato amore a prima vista. Hanno urlato al cielo i loro nomi che da quel momento sarebbero diventati mittenti di lunghe lettere.

Fiumi di inchiostro per raccontarsi e legarsi indissolubilmente l’una all’altro, coltivando insieme la speranza di voltare pagina, lasciarsi alle spalle passati neri e burrascosi e iniziare insieme una vita migliore.

A ostacolare il sentimento di questa coppia, che Lecceprima vi racconta in esclusiva, non sono le famiglie come nella tragedia shakespeariana, ma la legge che impedisce loro di guardarsi dritto negli occhi, anche solo per qualche istante.

Numerose richieste per ottenere un colloquio sono state inoltrate invano alla direzione carceraria, per lui che sta scontando un cumulo di pene diventate definitive per una serie di furti, e al tribunale, per lei, che dietro le sbarre ci è finita per spaccio ed è in attesa del processo d’appello.

“Il favor familiae nella sua forma più ampia ha un ruolo fondamentale per il soggetto detenuto consentendo allo stesso, attraverso le relazioni umane, il contatto con la realtà e il diritto al mantenimento delle relazioni personali quale situazione giuridica soggettiva in ossequio agli articoli 2, 29, 30 e 31 della Costituzione nonché all’articolo 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, in relazione al diritto alla propria vita privata e familiare”, si legge in una delle istanze inviate dall’avvocato Giulia Giaccari che ha sposato la loro causa.

Le norme sull’ordinamento penitenziario (la legge numero 35 del 26 luglio 1975 e il Dpr del 30 giugno 2000 numero 230) prevedono che i detenuti possano avere colloqui solo con familiari e avvocati o con persone diverse quando ricorrono ragionevoli motivi.

Ma l’amore non è forse un ragionevole motivo?

La stessa legge stabilisce, nel rispetto dell’articolo 27 della Costituzione, che “il trattamento è volto alla rieducazione e al reinserimento del detenuto nella società libera”, ma soffocare i suoi sentimenti, negargli il diritto alla affettività e alla sessualità lo renderà davvero una persona migliore?

“Il diritto agli affetti trova la propria ragion d’essere nella possibilità che una relazione nata all’interno dell’Istituto Penitenziario costituisca un miglioramento della qualità della vita nonché una possibilità di mettere le basi per un percorso di risocializzazione condiviso all’esterno in futuro in modo costruttivo e strutturato”, osserva ancora il legale in una delle richieste inoltrate agli organi competenti.

Nonostante i rifiuti incassati, i due detenuti non si rassegnano, e lei ha annunciato che sarà pronta a tutto, anche allo sciopero della fame.

“Quella che noi chiamiamo una rosa, con qualsiasi altro nome, profumerebbe altrettanto dolcemente", e non importa dove sbocci, se in un carcere o in un prato. Ma per ora, a questi Romeo e Giulietta, l’unico odore concesso è quello dell’inchiostro delle loro penne.

La testimonianza del legale della coppia: “Legati dalla speranza di una vita diversa”

L'avvocato Giulia Giaccari-2Il loro amore, lei l’ha toccato con mano e insieme a questo il dolore per gli incontri negati.

L’avvocatessa Giulia Giaccari (nella foto) si è messa in prima linea per aiutare la coppia e racconta: “In qualità di difensore di due persone che vivono la condizione detentiva con difficoltà, vedo quanto conta la speranza di una vita diversa. Quella speranza che genera forza d’animo, che tiene lontani dall’avere comportamenti “sopra le righe” proprio grazie alla presenza di un’altra persona. Sembrerà quasi surreale pensare che nel 2021 c’è chi si sveglia aspettando una lettera. Ad altri sembrerà patetico ed esagerato il desiderio spasmodico di sentire una voce, di fare una videochiamata con qualcuno di cui si possono solo immaginare i connotati”.

Secondo il difensore, la situazione pandemica appena vissuta dovrebbe rendere tutti più empatici verso questo tema, e smuovere le coscienze di chi potrebbe concretamente dare il giusto valore agli affetti che nascono e crescono lì dove il tempo e la vita è come fossero in stand-by.

“Si parla spesso di sistema, ma il sistema è come la cornice di un quadro ammaccata dalle problematiche, in primis, quelle legate alla carenza di organico nell’istituto penitenziario” dichiara il legale che però non perde la fiducia: “Se il quadro trasmette umanità in chi lo guarda, sarà comunque armonico con quella cornice rovinata. Insomma, il sistema nonostante le sue crepe può ancora dare l’esempio se riesce a offrire opportunità per rendere più umano e vivibile un contesto così complicato”.

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