Viaggiava da solo su una barca a vela sospetta, soccorso al largo 43enne turco
L'uomo agganciato nel mare di San Cataldo dalla guardia di finanza. Trovato in stato confusionale, rischiava di andare alla deriva. Setacciata la costa, ma non sono stati trovati migranti, stupefacenti o armi. Restano punti da chiarire, saranno svolti accertamenti
LECCE – Forse un’avaria al motore, forse un malore. Di sicuro, quando finalmente ha toccato terra, dopo essere stato salvato dalla guardia di finanza, quell’uomo è apparso provato e in stato confusionale. E perché fosse in navigazione, da solo, su una barca a vela di 14 metri, è una circostanza che deve ancora essere chiarita. Si tratta di un cittadino di nazionalità turca di 43 anni che nella tarda serata di ieri si è ritrovato in forte difficoltà nel Canale d’Otranto. Tanto che sarebbe anche stato sparato in aria un razzo di segnalazione, per indicare la posizione, in cerca di aiuto.
Erano circa le 21 quando è iniziata ad attivarsi una macchina operativa che ha visto coinvolti non solo i finanzieri, sotto il coordinamento del Reparto operativo navale di Bari e che hanno materialmente soccorso il turco, ma anche, via terra, militari della guardia costiera di Otranto, agenti delle volanti di polizia, operatori vigili del fuoco.
L'imbarcazione al largo di San Cataldo
L’imbarcazione, in quel momento, si trovava al largo di San Cataldo, marina di Lecce. In attesa che una motovedetta delle “fiamme gialle” del Roan raggiungesse il punto preciso, sono stati gli uomini a bordo di un peschereccio a tentare di prestare soccorso alla barca a vela. Ma alla fine è stato proprio il potente pattugliatore della guardia di finanza ad agganciarla. Dopodiché, si è deciso di trainare l'unitù a vela verso il porto di Otranto.
La prima sensazione era che potesse essere in atto uno sbarco di migranti. Ma a bordo dell’imbarcazione c’era soltanto lo skipper 43enne. E sicuramente non aveva trasportato nessuno, perché non sono stati trovati segni in tal senso, come avanzi di cibo o vestiti. Si è pensato anche a un possibile trasbordo di grossi quantitativi di sostanze stupefacenti o magari di armi e per questo motivo la guardia di finanza ha pensato bene di setacciare un’ampia fetta di costa, grossomodo da Frigole fino a San Cataldo, anche con l’impiego di cani antidroga. Ma nulla. Né migranti, né carichi di marijuana o kalashnikov.
Sicuramente sul caso saranno svolti approfondimenti. Per ora si sa che il 43enne avrebbe dichiarato di essere partito dal porto di Ancona, diretto proprio in Turchia. Una delle ipotesi (ma, appunto, è davvero solo un’ipotesi) è che quella barca a vela fosse destinata a un successivo trasferimento di migranti verso le coste italiane, andando quindi ad ampliare la flotta di natanti in uso alle organizzazioni criminali che ne gestiscono i traffici, partendo spesso e volentieri proprio dalla Turchia e seguendo la rotta balcanica marittima.
Lo yacht affondato il 19 maggio scorso
Di sicuro, almeno in questo caso, si è scongiurato un evento simile a quello di qualche giorno addietro, quando due russi che si trovavano su uno yacht di 12 metri, uscendo da Otranto, dove avevano fatto sosta, per recarsi verso la costiera amalfitana (secondo quanto da loro stessi dichiarato) si sono schiantati sugli scogli di località Orte. Loro ne sono usciti incolumi, ma la barca è colata a picco a una profondità di 35 metri. Al punto che dalla superficie, ormai, non si riesce nemmeno più a scorgerla.
L’Ufficio circondariale marittimo di Otranto ha quindi emesso una diffida all’armatore per limitare i danni ambientali. E anche se gasolio non n’è uscito e se non ci sono evidenti tracce di altre sostanze inquinanti, la barca stessa è ormai da considerarsi un rifiuto. Sul caso è stata quindi aperta un’inchiesta amministrativa per accertare le responsabilità.