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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Santa Cesarea Terme

Lavori sul costone nella baia di Porto Miggiano, in appello tutti assolti

In primo grado sei erano state le condanne. Le accuse, a vario titolo, erano di abusivismo edilizio in zona sottoposta a vincolo e distruzione e deturpamento di bellezze naturali

LECCE – Bisognerà attendere un massimo di novanta giorni per il deposito delle motivazioni, ma una cosa è certa: la Sezione unica penale della Corte d’appello di Lecce ha riformato la sentenza di primo grado, per la quale vi erano state sei condanne per una vicenda in cui si erano contestati abusi edilizi nella baia di Porto Miggiano: tutti assolti, perché il fatto non sussiste, con restituzione dell’area al Comune.

In primo grado sei condanne

In primo grado vi erano state già altre quattro assoluzioni (una riguardante il sindaco dell’epoca, Daniele Cretì). Non così per Salvatore Bleve, 67enne di Cerfignano (dirigente dei lavori pubblici e responsabile unico del procedimento), Daniele Serio, 57enne di Surbo (direttore dei lavori), Francesco Leo, 57enne di Bari e Antonio De Fazio, 71enne di Taranto (autori del progetto), Francesca Achiropita Pisanò, 54enne originaria di Rossano Calabro (responsabile del settore ambiente) e Maria Grazia Doriano, 43enne di Vico Equense (amministratore unico della Cem, società esecutrice dei lavori).

Dieci mesi era stata la condanna per Bleve, Serio, Leo e De Fazio; otto mesi per Pisanò; sette mesi per Doriano. Ma i giudici d’appello sono stati d’avviso diverso, rispetto a quelli del primo grado, e non hanno ravvisato reati in capo ai sei tra funzionari comunali e soggetti interessati in prima persona da alcuni lavori.

Le accuse agli imputati

Le accuse, a vario titolo, erano di abusivismo edilizio in zona sottoposta a vincolo e distruzione e deturpamento di bellezze naturali. Le indagini furono svolte dal corpo forestale e portarono al sequestro della baia nel marzo del 2013. Nell’area a strapiombo, in quel periodo, erano in corso alcuni interventi di consolidamento geotecnico, in quella superiore, invece, lavori di urbanizzazione.

Il sequestro fu disposto per accertare la conformità dei lavori della falesia, finanziati con fondi Cipe per un importo di circa 3 milioni di euro. All’origine, la necessità di accertare sia le cause del danneggiamento della scogliera, se fosse imputabile all’erosione provocata dalle onde e dalle infiltrazioni umide in una roccia già delicata o agli interventi di cementificazione dell’area, sia la conformità dei lavori sul alle normative.

Bleve era difeso dall’avvocato Mauro Finocchito, De Fazio dall’avvocato Innocenzo Pio Sigillino, Serio dagli avvocati Massimo Marangio e Luigi Rella, Leo dagli avvocati Angelo Di Benedetto e Roberto Sivilla, Doriano dall’avvocato Gabriele Di Maio e Pisanò dall’avvocato Silvestro Lazzari.  

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