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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Sbarchi: "La chiamano emergenza ma è disorganizzazione"

Il sindacato di polizia svela dettagli sulla tendopoli allestita nel caso dell'ultimo sbarco. Una soluzione che ha comportato troppi disagi. "Molte falle nel piano, si rimedi al più presto"

LECCE – Gli sbarchi quasi non fanno più notizia. Sono anni che nel Salento approdano migranti provenienti da Medio e Vicino Oriente, dopo aver attraversato nazioni martoriate da situazioni complesse e aver raggiunto Grecia o Turchia per affrontare l’ultimo tratto, quello in mare verso l’Europa.

Quanto avvenuto la sera del 5 settembre scorso a Gallipoli, però, è stato molto particolare: con una forte perturbazione in arrivo e il centro di prima accoglienza “Don Tonino Bello” bloccato per la presenza di un numero impressionante di migranti, smistati da altre province, mentre i finanzieri del Roan di Bari si occupavano di rintracciare e arrestare i due scafisti fra una cinquantina di migranti, altri operatori si vedevano obbligati a creare un campo temporaneo nell’area portuale, con tende e viveri portati sul posto.

Molto critico per questa situazione è oggi il Silp Cgil, sindacato di polizia, il cui segretario generale, Antonio Ianne, vuole accendere un faro. Partendo proprio dal termine “emergenza”, che a suo avviso “serve a nascondere una profonda disorganizzazione”. La vicenda, per il segretario, ha mostrato in modo evidente “lacune inaccettabili per le dimensioni dello sbarco e per come la provincia di Lecce dovrebbe essere attrezzata all’accoglienza”.

Il vero problema si è venuto a creare con la saturazione del “Don Tonino Bello”, che ha costretto a una situazione di fortuna. Il centro per l’identificazione di Otranto, quel giorno, era già “stracolmo di migranti, provenienti da altre province”, ricorda Ianne. Da qui, la decisione di “procedere alle operazioni di fotosegnalamento direttamente sul posto, cioè al porto di Gallipoli, in orario notturno, allestendo, per l’occasione, una piccola tendopoli”.

“Il maltempo di questi giorni però ci ha messo lo zampino e così, le raffiche di vento di un temporale, hanno impedito il completo utilizzo delle tende e, in assenza di altre soluzioni, operatori di polizia e migranti appena sbarcati dal veliero sono stati costretti ad aspettare il completamento delle operazioni la pioggia battente per molto tempo”.

Una vicenda al limite del surreale, in cui tutti hanno cercato “improbabili ripari a ridosso delle mura del porto e di piccole sporgenze presenti nella zona”, spiegano dal Silp. Senza dimenticare le responsabilità degli operatori presenti sul posto, in merito ad accoglienza e della vigilanza sui migranti da identificare.

Tutta la trafila ha avuto buon esito solo quando la capitaneria di porto ha recuperato sul momento alcuni locali.  Ma come strascico di quella notte, resta il disagio patito e la sensazione che vi siano falle profonde nel sistema. “Quanto accaduto è, a parere della nostra organizzazione sindacale, inaccettabile sotto il profilo umano, della dignità delle persone e della loro incolumità, delle condizioni di lavoro degli operatori di polizia e della loro sicurezza”, tuona Ianne.

“Riteniamo che in una terra come la nostra, in cui l’accoglienza è una pratica consueta sin dal 1991, non si possa continuare a parlare di emergenza ma si debba lavorare per cercare di evitare di farsi trovare impreparati anche per piccoli eventi come quelli di pochi giorni fa”. Parole molto polemiche, le sue, in cui invoca di aggiustare “i limiti evidenti di questa presunta organizzazione che costringe chi è sul campo a trovare soluzioni estemporanee alle falle aperte da chi vive le situazioni seduto a tavolino e, nel momento dell’emergenza, magari è in un letto confortevole”.

Il Silp, pur dando atto dell’impegno profuso da prefetto e questore, ritiene che il piano provinciale degli sbarchi nasca già con vizi. “Per quanto ne sappiamo, entra in funzione solo per eventi che riguardano almeno cento migranti”. “Ma, negli ultimi anni, nella nostra provincia, non ricordiamo di sbarchi di quest’entità, per cui ci chiediamo: quando e se mai sarà applicato il piano provinciale per poterne dare una valutazione?”.

Il suggerimento è di “predisporre un protocollo calibrato sulla tipologia di sbarchi che più ci interessano, quelle con poche decine di migranti”. Come ben risaputo, infatti, nel Salento di solito vengono rintracciati gruppi di venti, trenta, massimo ottanta persone nei casi più particolari. Raramente si sono superate soglie più alte. Nel contempo, il Silp si domanda “se non sia il caso di pensare anche a come dotarsi di strumenti e strutture per accorciare, in circostanze come questa, i tempi d’identificazione”. In provincia, fanno notare dal sindacato, vi è solo un’attrezzatura portatile per le identificazioni. E allora, alle volte è preferibile disporre di strutture adeguate, “piuttosto che aumentare il numero di operatori e volontari che, in situazioni particolari – conclude -, aiutano, ma non risolvono”.

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