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Cronaca

Scene dal Bronx? No, questa è San Cataldo d'inverno

Le marine leccesi sono spesso nell'occhio del ciclone. La politica parla di rilancio, ma quello che emerge, soprattutto dopo l'estate, è un totale stato di abbandono. E i vandali possono ringraziare

Scene dal Bronx? No, da San Cataldo, undici chilometri scarsi da Lecce. Che forse non sarà la perla dell'Adriatico, ma non per questo merita di essere presa continuamente a schiaffi, vilipesa e derisa dalla teppaglia locale, la cui schiera sembra nutrirsi ogni giorno che passa di nuovi elementi. Si sa: la mamma dei cretini è sempre incinta. Tanti i proclami che provengono da destra a sinistra, passando dal centro: "Salviamo San Cataldo, salviamo le marine". Le buone intenzioni ci sono. Purtroppo, manca la concretezza. Finisce così che la terra di nessuno continui a rimanere tale. Orfana delle istituzioni. L'avevamo già denunciato, continueremo a farlo portandovi segnalazioni e immagini del degrado, fino a quando qualcuno, ai piani alti del Palazzo, non comincerà a prendere in seria considerazione i problemi di questa e delle altre marine che ricadono nel demanio di Lecce. A partire dalla sicurezza, oltre che dall'igiene urbana, dalla pulizia delle spiagge e dei boschi trasformati in discariche, dalla pavimentazione stradale, dal randagismo, e quant'altro qui proprio non va. E' pur sempre sobborgo di Lecce, le tasse le pagano anche da queste parti.

Ecco, ad esempio, nelle foto, l'ordinaria follia di un week-end di fine ottobre. Un cassonetto in plastica che brucia nel cuore della notte fino a spappolarsi, diventare poltiglia, accanto alle scatole dell'Enel, con le fiamme che mangiano i rami sporgenti da una villetta, tra via Corfù e via Corinto. Se non vi fosse l'intervento tempestivo dei vigili del fuoco, le scatole rischierebbero di saltare e la casa di essere interessata dalle fiamme. Partito da un recipiente in cartone abbandonato alla destra del contenitore, il fuoco lo ha poi avvolto e divorato. E' ovvio come qui non si possa certo parlare di quel rarissimo fenomeno che passa sotto il nome di autocombustione...

E' soprattutto durante l'inverno che San Cataldo, che pure è una marina con potenzialità esplosive (da non confondere con l'incendio appena citato…) diventa terra di conquista dei nuovi barbari. L'unica cosa che cambia fra loro e gli Unni di Attila è che dove passavano questi ultimi pare non crescesse più l'erba. Grazie al cielo a San Cataldo non è così. La gramigna cresce, e anche rigogliosa, fra la mattonelle sconnesse. Dove è facile imbattersi anche in carcasse di animali passati a miglior vita. Proprio vicino al cassonetto disciolto ed alle scatole annerite, il corpo senza vita di un gatto. Non è stato bruciato e nemmeno investito. Morto di noia, malattia o avvelenamento?

Poco prima dell'estate qualcuno si divertì ad incendiare e sradicare i citofoni delle case. Ben oltre una decina nel giro di diverse centinaia di metri. Per un lavoretto del genere, fatto ad arte, occorrono decine di minuti se in auto (ferma la macchina, scendi, metti fuoco, butta a terra il coperchio, risali in auto, riparti, trova un'altra casa, eccetera, eccetera, eccetera) e senz'altro molti di più se a piedi, con l'auto magari posteggiata da qualche parte nelle vicinanze. E' un'operazione che si può fare solo quando si abbia la quasi totale certezza dell'impunità, ovvero la consapevolezza che non passerà nessuno a vigilare. Narrano, tra l'altro, che di notte da queste parti motociclisti un po' svitati si sfidino in corse clandestine. Il rettilineo che porta a Lecce sembra fatto apposta per gare fra febbricitanti del sabato sera.

E allora, è troppo chiedere un minimo di controllo del territorio? O dovremo attendere i primi di giugno del 2008 per fare i conti con tutti gli incendi di cassonetti, le immondizie fra gli alberi, i citofoni sradicati, le carcasse di animali, mettere una "pezza a colore" un po' qua e un po' là, tinteggiare e far finta di nulla sotto l'ombrellone? Nel Bronx vivono quasi un milione e mezzo di persone. San Cataldo è decisamente più controllabile.

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