Magistrati in sciopero, l'Anm: “Questa riforma non fa l’interesse dei cittadini”
Anche il distretto locale con Lecce, Brindisi e Taranto ha partecipato alla giornata di astensione dalle udienze contro la riforma in discussione al Parlamento. La partecipazione fino alla tarda mattinata è stata del 60 percento
LECCE - Dopo più di dieci anni, oggi i magistrati sono tornati a scioperare. A indire la giornata di astensione dall’attività giudiziaria è stata l’Associazione nazionale magistrati, al termine dell’assemblea riunita a Roma lo scorso 30 aprile. Anche il distretto locale con Lecce, Brindisi e Taranto ha partecipato allo sciopero, come unica forma possibile per far sentire in modo chiaro la propria voce alla cittadinanza e denunciare pubblicamente la riforma in discussione al Parlamento: “Non accorcerà di un giorno la durata dei processi, ma cambierà radicalmente la figura del magistrato, in contrasto con quello che prevede la Costituzione”.
“L’adesione fino alla tarda mattinata è stata di 158 magistrati su 265 dell’intero distretto, quindi vicina al 60 percento. Insomma, non è stata totale, ma il dato è certamente positivo”, ha affermato il presidente dell’Associazione locale Vincenzo Scardia, nella conferenza stampa che si è tenuta oggi nell’aula magna della Corte d’Appello di Lecce. All’incontro erano presenti anche la segretaria Laura Orlando, giudice a Taranto, Luca Miceli, pubblico ministero in servizio al tribunale di Brindisi, Maria Vallefuoco, sostituta della Procura di Lecce, e la giudice civile Cinzia Mondatore.
“L’Anm ha sempre guardato a due obiettivi, celerità e qualità. Questa riforma invece non si interessa della durata dei processi”, ha sottolineato il presidente Scardia.
Il messaggio corale è stato il seguente: “Saranno pregiudicati gli interessi dei cittadini”.
Quello di cui, secondo il sindacato, avrebbe bisogno il paese, sarebbe innanzitutto recuperare fiducia nella magistratura, con una riforma che attui veramente l’articolo 107 della Costituzione, secondo il quale i magistrati si distinguono fra loro soltanto per le funzioni e che affermi chiaramente che non devono esistere carriere in magistratura: “Invece questa riforma, continuando l’opera intrapresa dalla riforma Castelli-Mastella, rende gerarchicamente ordinati anche gli uffici giudicanti, crea una magistratura alta e una bassa, e aumenterà quell’ansia di carriera che tanto danno già ha fatto, e continuerà a fare”.
Tra le disposizioni introdotte, c’è quella di sottoporre i magistrati (già sottoposti a valutazioni quadriennali da capi degli uffici giudiziari, consigli giudiziari e Csm) a valutazioni annuali, ma secondo l’Anm “il paese ha bisogno di magistrati che vengano valutati per la qualità del loro lavoro, e non soltanto per la quantità; di magistrati che si concentrino solo sulle decisioni che devono prendere, non sugli adempimenti burocratici e nemmeno sulle loro carriere; di magistrati liberi di giudicare serenamente, seguendo solo la loro coscienza, non di giudici impauriti delle ripercussioni personali delle loro decisioni”.
Sul punto è stato categorico, il pm Miceli: “Gran parte del lavoro dei pubblici ministeri termina in decreti di archiviazione e quindi non si vede. Ma è importante che restino giudici, aperti al dubbio dell’innocenza dell’indagato, che valutino le prove con lo stesso atteggiamento di terzietà del giudice”.
L’importanza di questo ruolo è messa nero su bianco nel manifesto divulgato dal sindacato: “Il paese non ha bisogno di avvocati dell’accusa. Non ha bisogno di pubblici ministeri che sentono una condanna come una vittoria e un’assoluzione come una sconfitta, ma di pm che cercano la verità con fatica e umiltà, insieme a tutti gli altri protagonisti del processo”.
La giudice Orlando ha ribadito che per migliorare la macchina della giustizia sarebbe necessario un aumento delle risorse e un impiego più efficiente di quelle già disponibili, manifestando preoccupazione per i giovani che finirebbero con sentirsi schiacciati dalla pressione di numeri e “pagelline”.
E anche questo è chiarito nel manifesto: “Il paese ha bisogno di dirigenti degli uffici giudiziari, che con la loro esperienza e saggezza aiutino i magistrati più giovani a svolgere nel modo migliore la loro funzione, non di capi autoritari, interessati solo a ottenere più numeri. Il magistrato deve essere o sentirsi indipendente non soltanto da influenze esterne, ma anche nei rapporti all’interno degli uffici giudiziari”.
E ancora: “Il paese ha bisogno di magistrati che dialoghino con gli avvocati in modo sereno e costruttivo, che si sentano tutti insieme protagonisti in modo paritario del servizio che rendono alla collettività, ciascuno nell’ambito del suo ruolo, non di categorie che si confrontino sulla base di rapporti di forza contrapposti. Riteniamo che, così come oggi è formulata, la riforma pone dei concreti problemi di compatibilità con il quadro normativo di riferimento sovranazionale e anche per tale ragione ci vediamo costretti ad adottare le necessarie iniziative di tutela