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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Racale

Scomparsa di Mauro Romano, archiviata la posizione dell’ex barbiere

Per il giudice Marcello Rizzo non ci sono elementi per sostenere che Vittorio Romanelli fu coinvolto nel rapimento del bambino scomparso il 21 giugno del 1977 nei pressi della casa dei nonni a Racale

RACALE - E’ stata accolta la richiesta di archiviazione nei riguardi di Vittorio Romanelli, barbiere in pensione di Racale di 79 anni, nei riguardi del quale era stato ipotizzato il ruolo di “sequestratore”  di Mauro Romano, scomparso quando aveva sei anni nei pressi dell’abitazione dei nonni a Racale, il 21 giugno del 1977.

Il giudice Marcello Rizzo ha condiviso le conclusioni della pubblico ministero Simona Rizzo, secondo la quale non ci sono elementi tali da sostenere l’accusa in giudizio.

Proprio in ragione di quanto valutato dagli inquirenti, la famiglia Romano, assistita dall’avvocato Antonio La Scala, non presentò opposizione all’istanza di archiviazione.

Stando alla memoria redatta dai difensori, gli avvocati Giuseppe Gatti e Antonio Corvaglia, depositata nei mesi scorsi alla pm, gli elementi indiziari a carico di Romanelli sono deboli: il rapimento sarebbe avvenuto con un apecar, mezzo che però non sarebbe mai stato nella disponibilità dell’ex barbiere; le ultime dichiarazioni rese da Vito Troisi, l’amichetto col quale avrebbe giocato Mauro il giorno della sparizione (poi diventato boss della Scu), non troverebbero poi alcun riscontro in quelle rese dagli altri due coetanei che erano con loro. Allo stesso modo, non sarebbero attendibili le rivelazioni che lo stesso figlio del barbiere avrebbe fatto alla famiglia Romano, dopo vent’anni dai fatti, ossia che era insieme a Mauro nelle campagne di Castel Forte, quando due uomini a bordo di una macchina di grossa cilindrata lo avrebbero prelevato con la forza, per poi ripartire ad alta velocità.

I legali avevano inoltre sollecitato gli inquirenti a svolgere ulteriori accertamenti su un altro uomo, Antonio Scala, il 70enne di Taviano condannato (in primo grado) a dieci anni di reclusione per pedofilia e già condannato, nel 1984, con sentenza definitiva, a quattro anni e sei mesi per la tentata estorsione compiuta proprio ai danni dei genitori di Mauro, ai quali chiese telefonicamente la consegna di 30 milioni delle vecchie lire per riavere vivo il proprio figlio.

Dopo l’ultima riapertura del fascicolo, il 70enne risultava indagato per omicidio volontario e occultamento di cadavere, ma poi la sua posizione fu stralciata incomprensibilmente per gli avvocati di Romanelli, secondo i quali diversi elementi dimostrerebbero che ebbe un ruolo nella vicenda.

Inoltre, i legali avevano fatto notare come in questi anni, la famiglia nella disperata ricerca della verità, avesse fornito agli inquirenti piste poi purtroppo rivelatesi infondate. L’ultima riguarda quella del rapimento a scopo di adozione, dopo che la madre Bianca Colaianni si sarebbe convinta che il facoltoso sceicco arabo ritratto su un rotocalco fosse il suo ragazzo, per la corrispondenza di due cicatrici tanto da avergli chiesto, invano, di sottoporsi al test del dna.

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