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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca Vernole

Sì al parco eolico tra Vernole e Castrì. "Italia nostra, lite temeraria"

I giudici del Consiglio di Stato non solo hanno ritenuto corretto l'iter del progetto presentato da Tarifa energia srl sull'installazione di undici pale, ma hanno anche condannato l'associazione ambientalista ad un indennizzo

 

ROMA – Undici pale eoliche, per una potenza complessiva di 22 megawatt presto puntelleranno il territorio nelle campagne fra Vernole e Castrì. La quinta sezione del Consiglio di Stato, infatti, ha rigettato il ricorso proposto dall’associazione Italia nostra contro il provvedimento regionale che autorizza la realizzazione del parco eolico in un’area compresa fra i due comuni che sorgono a pochi chilometri da Lecce.

Il progetto, realizzato dalla Tarifa energia srl, era stato osteggiato dagli ambientalisti, che, fra le varie contestazioni mosse, avevano avanzato la mancanza della valutazione d’impatto ambientale, l’interferenza con le specie protette che vivono e nidificano nel sito delle Cesine e la carenza di uno studio di impatto acustico adeguato che tenesse conto dei vari recettori sensibili.

Già il Tar Lecce, però, aveva rigettato il ricorso di primo grado. I giudici del tribunale amministrativo regionale avevano ritenuto che il procedimento e la fattibilità avessero seguito un iter corretto. La vicenda è così giunta davanti al Consiglio di Stato, che hanno ulteriormente accolto le tesi difensive dei legali della società, gli avvocati Pietro e Antonio Quinto, dichiarando infondato il ricorso d’appello, e osservando come la zona interessata dall’intervento non possa essere considerata meritevole di tutela perché localizzata tra l’area Pip, la discarica ormai esaurita di rifiuti solidi urbani e l’impianto di depurazione dei reflui del Comune di Vernole.

I giudici romani hanno anche specificato che la distanza tra l’area d’intervento e quella protetta delle Cesine, che varia da 7,5 a 10 chilometri, costituisce ampia garanzia di tutela delle specie presenti nella riserva naturale. Sempre secondo quanto stabilito nella sentenza, non sarebbe ipotizzabile, sulla scorta degli studi scientifici acquisiti nel corso del giudizio, che l’area stessa possa essere interessata da flussi migratori. Gli uccelli della zona sarebbero specie comuni presenti in qualsiasi area vegetata più o meno estesa.

Nella sentenza si legge, ancora, che non vi sarebbe stata necessità che l’approvazione del progetto, già sottoposto a screening ambientale, fosse interessata da un’ulteriore valutazione di impatto ambientale preventiva. Il ricorso, giudicato temerario, s’è concluso con una condanna al pagamento di un indennizzo nei confronti della società.

“Questa decisione conferma la correttezza di un progetto che rispetto scrupolosamente le regole fissate dal legislatore statale e regionale”, dicono i legali dello studio Quinto. “Nel progettare l’intervento, la società si è preoccupata di minimizzare la sua incidenza sul territorio, sulla flora e sulla fauna. Talvolta, l’argomento della tutela dell’ambiente e dei valori del paesaggio viene utilizzato in assenza di seri presupposti, in modo strumentale e fuorviante. Il Consiglio di Stato ha stigmatizzato tale importazione, condannando giustamente l’associazione Italia nostra per lite temeraria”.

 

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