Terzapagina. Dal Giappone fino a Lecce con un sogno: aprire un ristorante
È la storia di Kazuto Morita, diciassettenne arrivato in Italia col progetto High school di Wep, organizzazione nel settore degli scambi linguistici e culturali: l'obiettivo è una propria attività dove cucinare. Il nome? "Beggiu"
LECCE - “Dal Giappone con furore”: così si potrebbe riassumere l’esperienza di Kazuto Morita, 17 anni, residente ad Osaka e ospitato dalla famiglia Pisacane, a Lecce. per un anno intero. Dai grattacieli al mare, Kazuto ha scelto di venire in Italia con il programma High School di Wep, organizzazione leader nel settore degli scambi linguistici e culturali. "Voglio imparare a cucinare – spiega -. Quale posto migliore del vostro paese per conoscere i segreti della tavola? Il mio sogno – aggiunge in perfetto leccese - è aprire un ristorante e chiamarlo 'Beggiu'".
Le prime difficoltà ormai sono state superate, principalmente il problema della lingua. «Gli italiani parlano molto velocemente e all’inizio potevo fare affidamento solo sull’inglese. Ora però – aggiunge orgoglioso - capisco quasi tutto, anche se continuo ad avere problemi con il dialetto». «Vorrei imparare lo spagnolo – aggiunge -, ma mi sa che devo andare per gradi». Come previsto dal programma High School, che inserendo gli studenti in una scuola superiore locale e in una famiglia del posto permette un’immersione integrale nella cultura e nello stile di vita del paese, Kazuto frequenta l’istituto Marcelline con la sorella ospitante, dove ha avuto occasione di incontrare molte persone.
«Ora ho un migliore amico italiano – precisa – si chiama Alessandro». Nel tempo libero gioca a basket, esce con gli amici e vorrebbe trovarsi una fidanzata. «Le ragazze italiane sono bellissime», scherza il piccolo latin lover con gli occhi a mandorla. «L’Italia è molto diversa dal Giappone – riflette -. Noi in casa non mettiamo mai le scarpe, non mangiamo le lasagne e non siamo calorosi. All’inizio – ammette – i baci e gli abbracci mi mettevano a disagio, ma ora mi sono abituato e le pacche sulle spalle le do anche io».
«La mia più grande paura – racconta Kazuto – era quella di rimanere solo a Capodanno. Per noi l’inizio del nuovo anno è una grande festa da trascorrere con gli amici, qui avevo timore di avere nostalgia di casa. Alla fine mi sono sentito a casa proprio qui a Lecce. Sono andato a una festa dove conoscevo quasi tutti, ho ballato, scherzato e sono stato molto bene».
«Per noi è parte della famiglia– spiega la signora Pisacane -, ormai cucina, parla un italiano perfetto e insegna a noi il giapponese. Mi sono buttata in quest’esperienza perché mia figlia, 16 anni, voleva un fratello. Non è il primo ragazzo che abbiamo ospitato, ma con lui si è creato un legame speciale sin da quando siamo andate a prenderlo all’aeroporto con tanto di striscioni di benvenuto. All’inizio in paese ci guardavano titubanti, ora molte persone vogliono vivere lo stesso arricchente scambio. Avere un ragazzo in casa che proviene da una cultura molto diversa è stimolante non solo per i ragazzi, ma anche per noi genitori che sono costretti a mettersi in gioco. Poi – aggiunge – ora è lui da noi, ma prossimamente andremo noi da lui».
Il viaggio in Italia per Kazuto però sta volgendo al termine. «A giugno tornerò in Giappone – spiega -. In valigia vorrei mettere tutti i miei nuovi amici, ma non avendo una borsa così grossa porterò solo la macchinetta del caffè. Voglio fare bere a tutti i giapponesi il caffè macchiato!».