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Cronaca

Strage di Brindisi, una testimone: "Ho visto Vantaggiato trascinare il bidone"

Nuova udienza. Una giovane brindisina, Francesca Pietrafitta, dice di aver riconosciuto nell'imprenditore copertinese l'uomo che collocava il cassonetto. Fu dentro di questo che c'era la bomba. In silenzio la moglie di Vantaggiato

Sebbene non se ne sia mai parlato molto, uno dei motivi che ha permesso agli inquirenti di incastrare Giovanni Vantaggiato, l’imprenditore 69enne di Copertino accusato della strage davanti all’istituto professionale “Morvillo Falcone” di Brindisi, verte attorno al modo in cui, per mettere a segno il piano, si procurò i cassonetti dell’immondizia nei quali pose l’ordigno da lui stesso fabbricato e azionato con un telecomando a distanza.

Al di là delle stesse confessioni rese dall’imputato, dopo il fermo di polizia giudiziaria, una conferma arrivò dai rilievi scientifici eseguiti sulle parti del bidone della spazzatura azzurro recuperate dopo l'esplosione. Si accertò come si trattasse del tipo impiegato da varie amministrazioni comunali, non lontane da Copertino, quali Nardò e Porto Cesareo. Va da sé che la presenza di uno di questi nel capoluogo messapico non poteva avere alcun senso logico, se non perché trasportato da qualcuno residente in quelle aree del Salento. E per Vantaggiato sarebbe stato semplice procurarsene uno, sottraendolo da qualche strada periferica.

Un’ulteriore conferma alla tesi che quei cassonetti arrivassero da fuori, e al fatto che a portarli potesse essere stato Vantaggiato, potrebbe essere giunta attraverso alcune fra le testimonianze chiave, nell’ambito del processo, che s’è riaperto questa mattina, presso la Corte d'assise di Brindisi. Si tratta della quinta udienza e ancora oggi sono sfilati in aula diversi testimoni. Fra questi, una giovane donna brindisina, Francesca Pietrafitta, che abita nelle vicinanze del luogo dell’attentato, e Antonio Lioce. Si trovavano in auto insieme.  

La giovane ha spiegato di aver visto, la notte del 18 maggio, intorno all’1,30, una persona, che avrebbe poi riconosciuto proprio in Giovanni Vantaggiato, quando il suo volto ha iniziato a circolare nelle foto segnaletiche, trovarsi sul marciapiede di via Oberdan. Francesca Pietrafitta ha illustrato l’azione scorta con i suoi occhi: avrebbe notato quell’uomo trascinare un cassonetto verso l’istituto. La ricostruzione è riportata in diverse agenzie (Ansa e Agi).

La giovane ha fornito anche una descrizione: vestito di scuro, avanti con l'età, alto tra un metro e settanta e un metro e ottanta. Specificando anche che avrebbe abbassato la testa, quando vide l’auto in cui lei si trovava, la quale passò nelle vicinanze. Dopo l’attentato del 19 maggio, poi, Francesca Pietrafitta raccontò a sua sorella quell’episodio, e quest’ultima chiamò la polizia.

Anche Antonio Lioce, con meno dettagli, ha confermato di aver visto una persona trascinare un bidone blu. Secondo quanto riporta l’Ansa, è stato tratteggiato come un 50enne trasandato, alto circa 1 metro e 70, vestito di scuro, con un cappellino con visiera, di corporatura robusta.

Le indagini, come noto, sono state compiute con uno sforzo comune di polizia e carabinieri, un aspetto che il procuratore Cataldo Motta tese a sottolineare, nel corso della conferenza stampa in cui illustrò i primi dettagli dell’arresto. Gli investigatori, partirono nelle indagini dalla presenza sul luogo di due autovetture, delle quali Vantaggiato avrebbe avuto disponibilità sia la notte tra il 18 e il 19 maggio, in coincidenza con la collocazione del bidone della spazzatura dentro il quale fu stato posto l'ordigno composto da tre bombole di gpl, sia la mattina successiva, prima e dopo l'esplosione.

I veicoli erano una Hyundai Sonica, il cui numero di targa fu rilevato da alcune telecamere di sicurezza, e una Fiat Punto a tre porte, anch'essa ripresa nei filmati e caratterizzata, fra le altre cose, dall'anabbagliante sinistro e dal fanalino destro della targa posteriore rotti, oltre che dalla posizione insolita del contrassegno assicurativo, a destra, ma in alto, sul parabrezza. Tutti dettagli rilevati durante un controllo presso l'abitazione di Vantaggiato, in via Vespucci, a Copertino. Di rilievo apparve, poi, la circostanza che le autovetture, al momento della registrazione delle telecamere, provenissero da Lecce e procedessero nella stessa direzione quando si allontanarono dall'istituto.

In particolare, la Hyundai Sonica fu ripresa all'ingresso di Brindisi, proveniente da Lecce, nei pressi del crocevia di Ponte Sant'Angelo, alle 7,22 del mattino di un sabato precedente al giorno dell'attentato, e per l'esattezza il 5 maggio. Il telefonino di Vantaggiato, in quel momento, ricevette anche una chiamata, impegnando una cella telefonica che copriva l'area della scuola. Da qui, l'ipotesi di un sopralluogo precedente alla strage.

Tornando al processo di questa mattina, davanti alla Corte d'assise si è presentata anche Giuseppina Marchello, moglie di Vantaggiato. Volto coperto con sciarpa e cappello, si è avvalsa della facoltà di non rispondere. “Per favore”, s’è limitata a replicare al presidente della corte, Domenico Cucchiara, quando le ha chiesto di mostrare il viso per l'identificazione, come riporta l’Ansa. La sua permanenza sul banco dei testimoni è durata pochi istanti. La legge le permette di mantenere il silenzio, perché congiunta prossima dell'imputato. Il quale, anche oggi, non s’è presentato in aula.

Giovanni-Vantaggiato-2-2-2-2-6Un’altra testimonianza è stata quella di Aurora Radeglia, una delle studentesse rimaste ferite nell’esplosione. Come riporta l’agenzia Ansa, al pm Guglielmo Cataldi ha detto: “Dal giorno dell'attentato non dormo più, ho gli attacchi di panico, non esco più da sola”. Lei era scesa dallo stesso pullman proveniente da Mesagne sul quale si trovavano anche l’unica studentessa deceduta nell’esplosione, Melissa Bassi, ed altre ragazze rimaste ferite, alcune in modo anche molto grave. “Ho sentito il boato, ho visto volare i fogli per aria”, ha aggiunto la studentessa. Per lei, come per altri ragazzi, dopo quella sconvolgente mattinata, la visione del mondo ha assunto una prospettiva radicalmente nuova.  

LA TESTIMONIANZA DELLA MOGLIE DI COSIMO PARATO

"Stavo lavando per terra, udii una esplosione, mi affacciai al balcone e vidi mio marito con le budella tra le mani". E' iniziata così la testimonianza di Maria Carmela Ursini, moglie di Cosimo Parato, l'imprenditore di Torre Santa Susanna che Giovanni Vantaggiato, secondo quanto da lui confessato dopo l'arresto per la strage di Brindisi, tentò di uccidere con una bici-bomba il 24 febbraio del 2008, ritenendolo responsabile di una truffa compiuta ai suoi danni. La notizia è riportata dall'agenzia Ansa.

"Ho l'abitudine di affacciarmi spesso, avevo notato una bicicletta rossa nei pressi della mia abitazione. Sembrava che ci fosse un cestino, due settimane prima c'era un'altra bici simile, ma non si sapeva di chi fosse", ha detto la donna rispondendo alle domande del pubblico ministero Guglielmo Cataldi. I due attentati sono stati accomunati in un unico fascicolo. 

"Non avevo dei sospetti - ha detto poi la donna riguardo alle ipotesi effettuate negli istanti successivi all'attentato ai danni del marito - non immaginavo, chi potesse essere stato. Capii subito che volevano ammazzarlo". La donna ha anche chiarito di non aver mai visto prima Vantaggiato. Rispondendo alle domande dell'avvocato di Parato, Raffaele Missere, la donna ha spiegato di aver ascoltato il marito mentre riferiva agli investigatori il nome di Vantaggiato come possibile responsabile del tentativo di omicidio e di aver saputo anche che la vittima, successivamente, indirizzò i carabinieri a Porto Cesareo, dove è ormeggiata la barca dell'imputato e dove egli, secondo quanto riferito da Parato, 'realizzava gli ordigni'.

La moglie di Parato ha poi parlato delle condizioni di salute del marito dopo l'attentato subito: "Non ha più l'intestino, deve nutrirsi con sacche parenterali, non lavora, devo darmi da fare io. Abbiamo anche avuto difficoltà a pagare l'affitto". Sono stati ascoltati, inoltre, alcuni vicini di casa di Parato, un investigatore e Alessandro Biagini, il consulente dell'accusa che effettuò accertamenti tecnici sulla bici-bomba: "Non ho mai visto nulla di simile, mai un ordigno di quel genere, di quelle dimensioni. E' una pipe-bomb, le modalità di realizzazione si possono trovare anche su internet".

Biagini ha anche parlato della tipologia di polvere esplosiva utilizzata: "Poteva trattarsi di polvere nera". Ha confermato infine che l'ordigno fu azionato anche nel 2008 - così come avvenuto per l'attentato di Brindisi - a distanza, con un telecomando per cancelli. (ANSA)

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