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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca Ugento

Burgesi, Tar dà ragione al Comune: legittime le prescrizioni per la tutela ambientale

Il tribunale amministrativo ha respinto il ricorso presentato dalla società incaricata della post gestione del vecchio impianto di Ugento. Per il giudice gli obblighi imposti dalla Regione sono necessari ai fini del monitoraggio ambientale

LECCE – Maggiori verifiche che non devono ricadere sulle spalle dei cittadini. Con una sentenza emessa nella giornata di lunedì, il Tar di Lecce  ha giudicato legittime le prescrizioni imposte dalla Regione Puglia  alla Monteco srl, società incaricata della post gestione della vecchia discarica di Ugento -  per garantire un più elevato controllo ambientale. Il verdetto, col quale è stato respinto il ricorso della ditta, è stato stabilito dalla Prima sezione del tribunale amministrativo - presidente ed estensore Ettore Manca -  che ha dunque ritenuto validi gli obblighi che l’ente regionale aveva stabilito nei confronti della società dell’impianto Burgesi, per tutelare l’ambiente nella fase di post gestione.

Tutto era cominciato da una inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Lecce per traffico illecito di rifiuti nel 2016, nell’ambito della quale fu acquisita una relazione tecnica sullo stato della discarica Burgesi. Da quell'accertamento emerse che lì erano stati smaltiti circa 600 fusti contenenti Pcb, policlorobifenili: sostanze speciali e nocive, rinvenute dagli esperti nel percolato. Quel procedimento si era chiuso con l’archiviazione della posizione degli indagati. Ma sulla base di quegli accertamenti, i Comuni di Ugento, Acquarica e Presicce, guidati dall’allora sindaco ugentino Massimo Lecci, avevano chiesto alla Regione nel 2017 -tramite l’avvocato Luigi Quinto – di disporre il riesame dell’autorizzazione della discarica, per poter incrementare il livello del monitoraggio ambientale.

L’istanza dei Comuni ha portato all’apertura di un procedimento, culminato con l’adozione di una determina di riesame che ha imposto alla Monteco e ad Arpa (l'Agenzia  regionale per la protezione ambientale) di aumentare la frequenza dei controlli e di ampliare il ventaglio degli inquinanti da ricercare nelle analisi. Quel provvedimento era stato contestato dalla società, la quale ha appunto presentato ricorso al giudice amministrativo, ritenendo di non essere tenuta a eseguire quei monitoraggi e comunque di non doversi sobbarcare il relativo onere economico.Il Tar ha però stabilito un esito diverso.

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