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Già assolto in sede penale

Tecnico videosorveglianza scambiato per tifoso violento: anche il Tar revoca il Daspo

Dopo sei anni dal provvedimento interdittivo del questore i giudici amministrativi confermano la illegittimità del divieto di accesso allo stadio per tre anni. Il giovane intanto ha perso anche il lavoro. I fatti contestati nel corso di Lecce-Sambenedettese del maggio del 2017

LECCE - Dopo un lungo e tortuoso percorso giudiziario, e a sei anni di distanza dal provvedimento interdittivo di Daspo emesso da parte della questura di Lecce anche i giudici amministrativi formalizzano la revoca della misura nei confronti di M.P. di 31anni di Lecce, all’epoca dei fatti addetto di una ditta di manutenzione dell’impianto di videosorveglianza nello stadio di Via del Mare.

Il provvedimento di divieto di accesso agli stadi e di partecipazione alle manifestazioni sportive era stato disposto il 2 ottobre del 2017 da parte del questore nei confronti al giovane tecnico (che solo dopo l’approfondimento giudiziario in sede penale e amministrativa ha potuto dimostrare la sua totale estraneità ai fatti) in seguito agli episodi di intemperanza dei tifosi manifestati nell’ambito dell’incontro tra Lecce e Sambenedettese del 24 maggio del 2017. Il provvedimento di Daspo prevedeva il divieto per tre anni.

Con la sentenza pubblicata nella giornata di oggi i giudici della terza sezione del Tar di Lecce (presidente Enrico D’Arpe) hanno accolto nel merito il ricorso del giovane, difeso dall’avvocato Giuseppe Milli, che ha sancito l’illegittimità de Daspo emesso a suo carico e ai sui danni e che ha comportato tra l’altro anche la perdita del posto di lavoro a seguito dei provvedimenti e del clamore della notizia relativi agli episodi accaduti all’interno dell’area dello stadio e dai quali era del tutto estraneo.

Dopo aver respinto la richiesta di sospensione cautelare del provvedimento impugnato, il giudizio di merito, prendendo anche atto della sentenza passata in giudicato del Tribunale di Lecce che aveva attestato (potendo utilizzare le prove in contraddittorio tra le parti) l’assoluzione dell’imputato “perché il fatto non sussiste”, ha stabilito l’errore nell’applicazione del Daspo e quindi la sua illegittima emissione a carico del ricorrente.

Nonostante sin dal principio il giovane tecnico avesse ritenuto abnorme e inverosimile la misura emessa a suo carico, lo stesso ha inteso rispettare, fino alla scadenza della durata della misura speciale e preventiva di tre anni, il divieto di accedere negli stadi. Ma nonostante lo stesso provvedimento avesse ormai perso la sua efficacia il ricorrente ha manifestato il suo interesse al pronunciamento della sentenza di merito anche in previsione di una possibile azione risarcitoria dettata dai danni subiti dall’ingiusta disposizione.

Come è stato possibile dimostrare già in sede penale il giovane leccese, nell’occasione dei fatti  contestati, non si trovava allo stadio come un facinoroso tifoso, ma era presente nella veste di mero lavoratore essendo dipendente della ditta che curava, all’interno della struttura sportiva, la gestione dell’impianto d'illuminazione e di sorveglianza in ogni gara del Lecce calcio. E proprio nel momento in cui lo stesso si accingeva a entrare in altro settore dello stadio, aprendo un cancello,  veniva “frettolosamente equiparato a un tifoso che furtivamente invadeva uno spazio non consentito per chissà quali finalità” esplicita il legale Milli.

Dopo la sentenza di assoluzione non è seguita la revoca automatica del Daspo da parte della questura e l’istanza pur presentare dal legale del giovane era rigettata tanto da costringere l’intervento del giudice penale che invece provvedeva non solo alla revoca dell’obbligo di firma, ma anche dello stesso provvedimento di Daspo.

Per ottenere giustizia piena il 31enne è stato costretto a manifestare l’interesse ad adire nuovamente il Tar nella fase di merito. I giudici amministrativi questa volta, leggendo l’esaustiva motivazione del giudice penale che ne escludeva ogni responsabilità (assolto perché il fatto non sussiste evidenziando, a tal proposito, che l’imputato è del tutto estraneo ai fatti illeciti accaduti in occasione di quella gara ed è del tutto avulso dai contesti violenti), hanno accolto il ricorso e le motivazioni dell’impugnazione del decreto interdittivo.

Il Tar aveva invitato il ministero degli Interni e ancor più il questore a dare chiarimenti circa quanto si poteva leggere nella sentenza penale e l’amministrazione, riproponendo la relazione della sezione Anticrimine della questura di Lecce, insisteva invece nel richiedere il rigetto del ricorso. All’esito del giudizio il Tar, accogliendo il ricorso e le motivazione dell’avvocato Giuseppe Milli, ha dichiarato “l’illegittimità dell’impugnato decreto del questore della provincia di Lecce con contestuale condanna al pagamento anche delle spese processuali”.

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