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Cronaca

Gli spari, il sangue, lo choc. Attentato a Vienna: testimoni di un incubo

Francesca è di Brindisi, Cristiano di Lecce: entrambe vivono e lavorano nella capitale austriaca. Il loro racconto della notte di attentati terroristici

VIENNA - Cristiano Infantini ha 49 anni ed è di Lecce. Lavora per una Top model agency e vive a Vienna da tre anni perché dopo aver girato il mondo ha scoperto che è la città più civile e tranquilla. È rientrato nel pomeriggio di ieri nella capitale austriaca dopo aver trascorso qualche giorno a Lecce. “Sono atterrato alle 17,30 all’aeroporto, alcuni amici mi avevano invitato a raggiungerli in centro per bere qualcosa insieme, ma ero stanco e sono rimasto a casa”.

Francesca è di Brindisi, di anni ne ha 34, preferisce rimanere nell'anonimato e vive a Vienna da due. Lavora per un’organizzazione internazionale e nel pomeriggio di ieri “Sono rientrata a casa mezz’ora prima che facessero fuoco. La mia fermata dell’autobus è proprio in centro dove sono morte quelle persone”.

Due italiani che non si sono mai incontrati, Cristiano e Francesca, che si occupano di cose differenti e che sono salvi. Uno sliding doors che ha permesso loro, oggi, di raccontare alle redazioni di LeccePrima e BrindisiReport una notte insonne, trascorsa tra l’inquietudine e il terrore, dopo l’attacco terroristico che ha scosso il mondo. Ma Cristiano e Francesca sono qui ed entrambe ringraziano quel Qualcuno che ha deciso che dovevano salvarsi.

La testimonianza di Cristiano Infantini (Lecce)

IMG-20201103-WA0029-2“Abbiamo iniziato a sentire gli elicotteri e la polizia. E siamo andati vicino alle finestre. Per venti minuti si son sentiti colpi d’arma da fuoco, da brividi. Era in atto un attentato”. Le parole di Cristiano Infantini scorrono come un fiume in piena. “Oggi nessuno esce da casa, ci è stato chiesto di non muoverci e inizia un secondo lockdown con un coprifuoco che va dalle 20 alle sei di mattina. Hanno calcolato tutto perché sapevano di trovare la movida in giro per il centro, nel primo distretto”, prosegue senza riprender fiato. “Continuo a dire ad amici e parenti che io sto bene, stiamo bene. Di non preoccuparsi che il peggio è finito”.

Il peggio è stata una notte di terrore e di sangue nel centro della capitale austriaca: quattro vittime, due uomini e due donne, e 17 feriti, obiettivi della follia omicida di attentatori equipaggiati con una finta cintura esplosiva, un fucile automatico, una pistola e un machete. Un attentatore ucciso, Fejzulai Kujtim, 20 anni, di origini macedoni, ma nato e cresciuto a Vienna, diversi sospettati di far parte di una rete più ampia arrestati, la possibilità (da non escludere) che ci fosse anche qualche altro complice, nel gruppo di fuoco. Almeno, questi gli elementi confermati nella conferenza stampa di stamane del ministro degli interni austriaco, Karl Nehammer.

“Tre anni fa scelsi di trasferirmi a Vienna perché dopo aver girato il mondo mi resi conto che era la città più civile, tranquilla e sicura. Qui c’è l’Onu, l’Opec (Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio) e non è mai accaduto nulla. Ora tutto”, dice Cristiano, mentre ammette che gli raggela ancora il sangue pensando alle ore precedenti e rabbrividisce all’idea che abbiano colpito uomini e donne innocenti.

“Vienna è una delle città più belle che abbia mai conosciuto e spero che non accada più un simile evento. La violenza è da condannare e dobbiamo chiederci perché lo fanno e trovare una risposta, una soluzione”, dice con fervore dall’altra parte del telefono, mentre Vienna è blindata, nessuno esce da casa e perfino lui si guarderà le spalle quando dovrà andare a fare la spesa.

“Qui non si è mai verificata una forma di razzismo, sono tutti civili e rispettosi. Ora siamo nel caos più assoluto, tutti. Ma se vogliono provocare il terrore, non glielo dobbiamo permettere e lottare per non avere paura”, incoraggia Cristiano dopo aver ammesso di averne avuta tanta durante la notte e non esser riuscito a dormire.

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La testimonianza di Francesca (Brindisi)

“Ero a casa per un pelo, l’ho scampata. Se solo fossi rientrata mezz’ora dopo…”. La voce di Francesca è sommessa, poi si blocca: ripercorre con il ricordo, un brutto ricordo, le ore che hanno piegato la città di Vienna in un bagno di sangue. “Solo quando ero a tre fermate della metro mi sono accorta che qualcosa non andava, le sirene della polizia, i continui messaggi di amici chi mi scrivevano che era in corso una sparatoria”.

Francesca è di Brindisi, “orgogliosamente terrona” specifica cambiando tono di voce e facendosi forza. Ha 34 anni, vive sola e lavora da due anni per un’organizzazione internazionale a Vienna.

“Hanno iniziato a circolare immagini inquietanti e chi era lì mi ha detto che era veramente brutto, che la polizia diceva a tutti di andarsene. Che c’era disordine e sangue, vetro per terra”, dice, raccontando che, mentre riceveva messaggi, quasi correva per arrivare il prima possibile a casa.

“C’erano dei bambini e tante gente per strada e questo era dovuto al fatto che oggi è iniziato il secondo lockdown e si approfittava per uscire”. Poi prosegue: “A dirti la verità dovevo uscire”. Si blocca di nuovo e spiega: “Ho la voce un po’ rotta perché non ci saremmo mai aspettati questo. Sono sotto shock”. Francesca si scusa se non riesce ad andare avanti col racconto. Poi riprende. “Hanno colpito in tanti punti diversi e hanno raccomandato a tutti di rimanere in casa. Sento ancora le sirene, non ho messo il naso fuori casa perché è sgradevole sapere che potrebbe esserci in giro gente che spara”.

Francesca ha provato a dormire ieri notte, ma niente, proprio non è riuscita a chiudere occhio perché continuava a vedere le immagini insanguinate dei locali e posti che frequenta anche lei. “Le cose non saranno più come prima, l’ho detto anche a tutti gli amici che mi contattano da ieri e che non mi fanno sentire sola. Qualcuno di loro, di Vienna, è rimasto intrappolato nel ristorante dove stava cenando. Qualcun altro nel teatro che ha intrattenuto gli spettatori presenti eseguendo la musica fino a notte fonda. Il clima è orrendo, ma passerà. Chissà quando”, conclude, ringraziando Qualcuno lassù che l’ha salvata.

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