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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Nardò

Prima del blitz della polizia, tutte le precauzioni adottate dall’associazione

Dal metodo di pagamento con carte prepagate alle accortezze utilizzate nelle comunicazioni, soprattutto telefoniche: ecco i retroscena sul gruppo operativo a Nardò finito nell'operazione di oggi

NARDO' - Non ha dubbi la giudice Giulia Proto: a Nardò, c’era una vera e propria associazione a delinquere dedita principalmente al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, ben strutturata e che si avvaleva non solo di metodi violenti e minacciosi per rivendicare la propria esistenza negli ambienti criminali, ma anche di strategie per eludere le investigazioni.

Stando all’inchiesta condotta dall’Antimafia, il gruppo, al cui vertice ci sarebbe stato il neretino Roberto Longo, ben noto per i suoi trascorsi nello storico sodalizio mafioso di Pippi Durante e Marcello Dell’Anna, i pusher avrebbero avuto indicazioni su come muoversi, ovvero quella di girare con poca roba, in modo che l’esigua quantità potesse essere giustificata come uso personale in caso di controlli. Ma non solo.

Il presunto capo avrebbe impartito ordini solo di persona, nel bar del figlio, a telefoni distanti, così che, in caso di intercettazioni, la sua voce e quella dei suoi uomini si perdesse nella confusione e nei rumori del locale.

Riguardo ai cellulari, talvolta intestati a stranieri ignari, c’era anche l’oculatezza di acquistare quelli criptati, più sicuri e di ricorrere ad applicazioni di messaggistica istantanea come Telegram. “La particolare accortezza che essi utilizzavano nelle loro comunicazioni, la conoscenza che mostravano degli aspetti tecnici delle intercettazioni erano la conferma della loro dedizione in modo professionale e duraturo alle attività illecite tanto da avere maturato significativa esperienza in quell’ambito”, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare. Questo si evince, secondo il giudice, dai commenti “captati” degli indagati nell’aprile del 2020, in merito alla recente maxi operazione antimafia “Final Blow”, da cui poi ha preso le mosse l’odierno procedimento sfociato in nove arresti.

E’ proprio su uno dei dispositivi, finiti ai raggi x degli investigatori, che è emerso come Roberto Giammaruto e la moglie Chiara Marzano, gestissero la contabilità, aggiornando puntualmente in un documento nomi e cifre relativi a pagamenti di cessioni di droga.

La giudice osserva anche come l’abitazione della madre di Longo fosse dotata di telecamere esterne, definendo tale elemento degno di un’associazione che si rispetti.

Le indagini avrebbero inoltre appurato l’utilizzo di carte di credito prepagate postpay, per incassare i proventi dello spaccio. “Tale modus operandi, chiaramente frutto dell’esperienza, si rivelava particolarmente utile in caso di controlli da parte delle forze dell’ordine poiché in tal modo riuscivano a sottrarre il profitto dell’attività illecita ed eventuali sequestri, non avendo la disponibilità di denaro contante all’interno dell’abitazione”, spiega la gip.

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