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Cronaca Morciano di Leuca

Trasportò tre iracheni in barca a vela a Leuca, due anni e tre mesi allo scafista

Emessa la sentenza di patteggiamento nei riguardi del 76enne di Atene accusato dello sbarco, avvenuto lo scorso 8 novembre. Fu rintracciato a terra dai finanzieri e arrestato

LEUCA - Ha patteggiato due anni e tre mesi di reclusione, col beneficio della pena sospesa Nikolaos Kochrakis, 76 anni, domiciliato ad Atene, arrestato l’8 novembre del 2021 per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, per aver trasportato tre persone di nazionalità irachena (un uomo, una donna e il figlio minorenne di quest’ultima), a Santa Maria di Leuca, a bordo di una barca a vela, in cambio di denaro (8mila euro dal primo e 12mila dagli altri).

La sentenza è stata emessa ieri dalla giudice Giulia Proto che ha così accolto l’istanza avanzata dall’avvocato difensore Alessandro Costantini Dal Sant.

L’uomo fu fermato, dopo lo sbarco, dai finanzieri per strada, insieme ai tre passeggeri e, in seguito agli accertamenti, su disposizione del magistrato di turno, il pubblico ministero Massimiliano Carducci, fu accompagnato nel carcere di “Borgo San Nicola”, dove è rimasto fino allo scorso dicembre.

Durante l’interrogatorio, il 76enne dichiarò di essere in pensione da qualche mese e che, avendo bisogno di soldi, aveva accettato l’impiego come marinaio, con una paga di circa duemila euro mensili. Raccontò inoltre di aver incontrato la persona che aveva inserito l’annuncio a Plataria e di aver portato con se i bagagli perché gli sarebbe stato detto che avrebbe dovuto vivere sull’unità.

Il giorno dopo, il suo datore di lavoro, gli avrebbe affidato il compito di trasportare una famiglia, prima a Corfù e poi in Italia, dove la stessa sarebbe stata accolta dal prete del paese e che per quel trasporto avrebbe dovuto ricevere, al rientro, 400 euro. “Quando i trasportati sono saliti sulla barca ho chiesto loro i documenti, e loro mi hanno mostrato dei documenti polacchi”, si giustificò ancora davanti al giudice Michele Toriello che, dopo il confronto, convalidò la misura in carcere.

Inizialmente, era contestata anche l’aggravante del pericolo di vita, esclusa in sede di patteggiamento.

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