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Cronaca

Trattative ferme in Sanitaservice. Dipendenti premono per sbloccare il monte ore

Sit-in presso la prefettura per far valere gli accordi presi a marzo, ma rimasti su carta. Disponibili subito 1152 ore da distribuire equamente. Infuria la polemica tra i sindacati e fioccano le denunce contro i "referenti"

LECCE- Fermi al palo del part-time da quasi tre anni, i dipendenti Sanitaservice tornano a reclamare quello che doveva essere un diritto acquisito. Ovvero il graduale passaggio al full time, a partire dalla distribuzione delle prime ore di lavoro che si sono rese immediatamente disponibili in virtù dei pensionamenti.

“Conti alla mano, rimangono 1152 ore da spalmare sulla platea degli “internalizzati”: una manciata di lavoro in più, appena due ore settimanali per ciascuno, che si tradurrebbero in un aumento dello stipendio di circa 70 euro mensili”, spiega Dario Cagnazzo di Fsi. Almeno quello, visto che l’obiettivo del tempo pieno non è stato raggiunto nell’empasse generale. E mentre alcuni colleghi sono saliti sin sul tetto dell’ospedale “Vito Fazzi” per manifestare la propria esasperazione sui ritardi, gli altri addetti al servizio di ausiliariato si son dati appuntamento, oggi, sotto i portoni della prefettura di Lecce.

Il paradosso, secondo i sindacati che hanno organizzato la manifestazione (quindi Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl, Cisal, Fsi e Fials) sta nel fatto che la prima distribuzione del monte orario non è mai iniziata, nonostante sia stata decisa e deliberata nel corso della riunione del 5 marzo. Nel verbale di accordo con la delegazione trattante di parte pubblica si legge chiaramente la volontà, da parte dell’amministrazione della società in house creata dalla Asl di Lecce, di acquisire nuovi servizi.

L’accordo, però, è caduto nel vuoto. L’ultimo incontro convocato proprio per organizzare gli affidamenti, a detta dei sindacalisti, sarebbe saltato per “futili motivi”. O meglio “pretesti accampati da una sigla sindacale che è presente in delegazione trattante con le proprie Rsu, per quanto non firmataria del contratto di categoria”.

Sullo sfondo di questi incidenti diplomatici che, puntuali, si verificano tra le organizzazioni sindacali che si occupano dell’affaire Sanitaservice, rimangono intatti gli annosi problemi legati anche all’organizzazione del lavoro. Prima definita “confusionaria”,  ed oggi “inadeguata” a causa del comportamento di alcuni referenti nominati tra gli stessi lavoratori.

Queste figure, di pari livello e cui è stato affidato il mero compito di far da tramite con l’amministrazione centrale, a detta degli interessati, adotterebbero comportamenti addirittura discriminatori tra i dipendenti, in base alla singola appartenenza sindacale. Di “abusi di potere” parla apertamente una lavoratrice impiegata sul presidio ospedaliero di Gallipoli, “costretta” a rientrare dalle ferie forzate. “Entriamo in ferie per effetto di un ordine di servizio perché, a quanto pare, esiste un consistente numero di ore arretrate da smaltire – spiega Carla Barba -. Ma poi ci chiedono di ritornare in ospedale per non lasciare scoperti i reparti, senza fornirci il preavviso di 48 ore. Spesso ci contattano solo un’ora prima”.sit in 007-2

Sul caso, come spiega Cesare Ciurlia di Cisal, esisterebbero due denunce fatte dai lavoratori presso la stazione dei carabinieri di Copertino: “I dipendenti hanno scritto nero su bianco le minacce e le vessazioni ricevute dal referente dell’ospedale locale che li obbliga ad occuparsi di altre mansioni, spostandoli da un reparto all’altro o costringendoli ad andare in ferie”.

Anche in virtù di queste denunce, spiega Ciurlia, i sindacati hanno richiesto l’intervento del nuovo amministratore unico della società in house, Lorenzo Martello, che avrebbe risposto ridimensionando la portata degli episodi. Ma anche le verifiche promesse sui presidi ospedalieri non sarebbero mai avvenute, mentre “gli atti di prepotenza continuano”, incalza l’esponente Cisal.

La matassa di Sanitaservice potrebbe essere sbrogliata il 13 maggio, data scelta per un incontro in Regione Puglia con tutti gli attori di questa annosa vertenza. Ma Cgil, Cisl e Uil hanno scelto di giocare d’anticipo, chiedendo di essere convocati direttamente dal presidente Nichi Vendola il 10 maggio. “Al numero uno della giunta regionale vogliamo spiegare che il suo assessore al ramo, Elena Gentile, non può arbitrariamente spostare il tavolo della trattativa dalla sede naturale di Lecce fino a Bari, solo per far posto ad una sigla sindacale”, spiega Giuseppe Melissano della Cisl con una stoccata che, tra le righe, rinfocola il serbatoio delle polemiche.

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