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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Trepuzzi

Rom ucciso nel bar, ora Perrone si difende: "Accerchiato, ho tolto la pistola e sparato"

Fabio Antonio Perrone, l'uomo di 41 anni di Trepuzzi che ha ucciso Fatmir Makovic e ferito suo figlio ha rotto il silenzio, rilasciando una versione che non convince gip e inquirenti. Avrebbe trascorso la sera nel locale. Non ha spiegato i motivi della lite. Fumosa anche la sequenza della fuga

LECCE – “Mi hanno accerchiato e quando ho visto che uno di loro, quello più robusto, estraeva un’arma, mi sono lanciato verso di lui e sono riuscito a strappargliela. Poi, senza mirare a un obiettivo preciso, ho iniziato a sparare fino a scaricare la pistola”.

Si è difeso così, dinanzi al gip Vincenzo Brancato, Fabio Antonio Perrone, l’uomo di 41 anni arrestato sabato scorso per l’omicidio di Fatmir Makovic, 45enne, e del tentato omicidio di suo figlio 16enne. Perrone, assistito dall’avvocato Antonio Savoia, è comparso dinanzi al giudice per l’udienza di convalida dell’arresto nel carcere di Borgo San Nicola, dove si trova detenuto.

Un interrogatorio molto atteso, che è sembrato però disattendere le speranze di chi pesava che il racconto del 41enne potesse sciogliere i dubbi legati a una sparatoria consumata con straordinaria ferocia e determinazione.

Pur rompendo il muro di silenzio dietro di cui si era chiuso da sabato scorso, fin da quando è stato interrogato dagli inquirenti che lo incalzavano con le domande, Perrone ha fornito una versione dei fatti lacunosa e piuttosto inverosimile.

L’uomo ha raccontato di aver trascorso la serata nel bar, dove sarebbe poi scoppiato, per motivi che non ha saputo precisare, un litigio con alcuni cittadini residenti nel campo sosta Panareo, tra cui la vittima e due dei suoi figli.

La discussione sarebbe poi proseguita all’esterno dell’esercizio commerciale, dove Perrone sarebbe stato affrontato e dove, strappata l’arma a uno dei presunti aggressori (non ha saputo specificare se a estrarre la calibro 9 sia stata la vittima), sarebbe iniziata la sparatoria. A suo dire avrebbe sparato alla cieca, obnubilato da una sorta di furia mista a spirito di sopravvivenza.

Un racconto che non sembra aver convinto neanche il gip che ha, ovviamente, convalidato l’arresto. Sono ben sedici i colpi esplosi da Perrone, che ha svuotato l’intero caricatore della pistola Crvena Zastava, una calibro 9 di fabbricazione serba (una delle tante armi arrivate sulle nostre coste dopo il conflitto che ha infiammato e disgregato l’ex Jugoslavia), corredata da caricatore da 15 proiettili (più uno in canna). Il bilancio di quel folle venerdì di sangue poteva dunque essere più tragico.

Non convince, almeno per il momento, l’ipotesi di un litigio sfociato in una spietata vendetta. Già al momento dell’arresto gli investigatori hanno contestato l’aggravante delle modalità mafiose, sintomo che dietro l’agguato di venerdì notte si nasconde qualcosa di più complesso e rilevante sotto il profilo criminologico.

ZASTAVA CC LECCE 29 03 2014 (1)-2Gli uomini del Nucleo investigativo dei carabinieri (guidati dal capitano Biagio Marro) stanno raccogliendo e mettendo insieme i tasselli di un’indagine complessa, finalizzata a stabilire quali interessi avessero riportato Perrone nella sua Trepuzzi (l’uomo da qualche tempo si era trasferito in Toscana) e cosa abbia condotto “Triglietta” (come era conosciuto negli ambienti criminali) a scontrarsi con la vittima, persona molto conosciuta e rispettata nella comunità del campo sosta Panareo, dove risiedeva. Il 41enne, del resto, è ritenuto dagli investigatori un elemento di spessore della criminalità locale, che ha già scontato 18 anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso, armi e droga.

Fabio Antonio Perrone (1)-2Poco convincente, per gli inquirenti, anche il racconto della fuga. Perrone ha raccontato di aver fermato un passante, Alessandro Borromeo, e di averlo costretto ad accompagnarlo con la sua Fiat Panda. Successivamente avrebbe incrociato un suo parente, Alessio Perrone, che gli avrebbe consegnato l’auto per raggiungere l’abitazione dov’è stato poi arrestato nei pressi di Casalabate. Entrambi risulterebbero indagati per favoreggiamento.

Oggi il medico legale Alberto Tortorella eseguirà l’autopsia sul corpo di Fatmir Makovic, 45enne di origine montenegrina. ​Migliorano, seppur lentamente, le condizioni del 16enne ferito da tre proiettili. Domani dovrebbero esserci i funerali, in un clima che si preannuncia teso e sotto stretta sorveglianza delle forze dell’ordine.

Il cordoglio

"Da giorni gli abitanti del Campo Rom Panareo di Lecce vivono un profondo lutto. Uno dei suoi abitanti più noti è venuto a mancare a seguito di un omicidio efferato e impietoso, avvenuto a sangue freddo in un Bar. Fatmir Makovic era arrivato a Lecce agli inizi degli anni novanta insieme ad i suoi genitori e da allora non si è mai spostato".

"Era un giovane uomo mite, generoso, aperto, lavoratore da sempre. Lascia una famiglia numerosa, alla quale badava con dolcezza e responsabilità. Le associazioni firmatarie esprimono cordoglio e solidarietà, vicinanza e le loro più sentite condoglianze alla moglie, ai figli e le figlie, alle sorelle, ai fratelli, ai parenti e agli amici tutti che numerosi in questi giorni si sono uniti al loro grande dolore".

Questa la nota a firma di: Comitato per la Difesa dei Diritti degli Immigrati Lecce, Laici Comboniani Lecce, Arci Lecce, Zei Spazio Sociale, Officine Culturali Ergot, Improvvisart, Ass. AlteraMente, Terra del Fuoco Mediterranea, Casa delle Donne Lecce, Ass. Gea Salento, Sportello dei Diritti Lecce​.

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