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Cronaca Racale

Truffa da 650mila euro con le licenze per tabacchi, arriva la sentenza

Si è concluso con due patteggiamenti, una condanna in abbreviato e un’assoluzione il procedimento avviato in seguito alla denuncia di una ventina di commercianti finiti nei raggiri orditi, secondo le indagini, da una famiglia e da una 40enne di Racale

RACALE - E’ arrivata la sentenza sulla maxi truffa ai danni di commercianti che avrebbero consegnato denaro per ottenere la licenza per tabacchi o punti gioco del lotto a sedicenti funzionari dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

Vito Troisi, 55 anni, di Racale, ritenuto il “regista” dei raggiri, ha patteggiato 4 anni di reclusione attraverso l’avvocato difensore Biagio Palamà, mentre Chiara Margherita Causo, 40, anche questa di Racale ha concordato due anni, pena sospesa, attraverso l’avvocato Giuseppe Bonsegna.

La sentenza è stata emessa dalla giudice per l’udienza preliminare Alessandra Sermarini che contestualmente ha pronunciato il verdetto anche per altre due donne coinvolte nello stesso procedimento all’esito del processo discusso col rito abbreviato: due anni, pena sospesa per la moglie di Troisi, Emanuela Cacciatore, di 54 anni, difesa dall’avvocato Damiano Alemanno Cavalera, e assoluzione per la figlia Serena Maria, di 27, assistita dall’avvocato Francesco Fasano.

A dare il via all’inchiesta, condotta dal pubblico ministero Massimiliano Carducci, furono le denunce sporte dalle vittime attraverso gli avvocati Davide Spiri e Francesca Giardiniero. Furono 21 quelle identificate al termine delle indagini che sarebbero cadute nella trappola, consegnando soldi per l’istruzione delle pratiche o per “oliare determinati ingranaggi”, ottenendo documenti apparentemente ufficiali per attestare che le istanze erano state regolarmente protocollate.

Il danno stimato fu di complessivi 650mila euro nel giro di tre anni, fino al febbraio del 2017.

Sarebbe stata Causo, seguendo le direttive di Troisi, a presentarsi ai malcapitati, per telefono o e-mail, come la dottoressa De Santis, funzionaria dei Monopoli di Stato, mentre sui conti post-Pay intestati alle familiari dell'uomo sarebbero state versate le somme di denaro richieste per ottenere le licenze e giustificate come spese per marche da bollo, acquisto di personal computer, tasse, acquisto di sigarette.

Dopo la chiusura delle indagini, il 55enne chiese e ottenne di essere interrogato dagli agenti del commissariato di Gallipoli, assumendosi ogni responsabilità ed escludendo quelle di moglie e figlia (l’unica alla quale non era contestato il reato di associazione a delinquere). Anche queste, ascoltate dagli investigatori, spiegarono di essere solo le intestatarie delle carte ma di essere sempre state completamente all’oscuro dell’origine del denaro che vi transitava.

La giudice ha riconosciuto anche il risarcimento del danno da quantificarsi e liquidarsi in separata sede.

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