Truffa nel centro Pma di Nardò, responsabile di laboratorio al banco degli imputati
Si aprirà il 1° febbraio il processo a un 66enne neretino accusato di aver apposto timbro e firma apocrifa per ottenere il pagamento dalla Asl per prestazioni mai svolte
NARDO' - Avrebbe apposto timbro e filma apocrifa del medico che era responsabile del Centro di procreazione medicalmente assistita dell’ospedale di Nardò per certificare prestazioni di II livello mai eseguite e intascare così somme da parte della Asl (con la quale era stata stipulata una convenzione) per una somma complessiva di circa 39.300 euro.
Di questo dovrà rispondere dinanzi alla giudice della seconda sezione penale del Tribunale di Lecce Maria Francesca Mariano, il responsabile del laboratorio del centro, Pietro Paolo Losavio, neretino di 66 anni. A partire dal prossimo 1° febbraio, l’uomo, assistito dall’avvocato Andrea Bianco dovrà respingere le accuse di truffa e falso.
Stando alle indagini, condotte dalla sostituta procuratrice Maria Vallefuoco, gli importi sarebbero stati erogati nel periodo in cui il Centro era stato chiuso, quindi dal marzo del 2020 (momento dell’interruzione delle attività) al luglio del 2021.
In aula, ci sarà anche il ginecologo che con la sua denuncia mise in moto l’inchiesta. Oggi, il professionista si è costituito parte civile con l’avvocata Francesca Conte, durante l’udienza preliminare, discussa dinanzi alla giudice Simona Panzera. Lo stesso ha scelto di fare la Asl, sebbene, abbia fatto notare l’avvocato difensore dell’imputato, Andrea Bianco, ci sia stata una transazione con l’Ente in epoca antecedente all’apertura del procedimento penale.
Secondo il legale, si sarebbe trattato di un “errore di ragioneria”, perché il medico in otto anni eseguì 1.340 cicli certificati dalla Asl, a fronte dei 60 annui che potevano essergli riconosciuti in busta baga. Pertanto, seguendo la tesi difensiva, le comunicazioni ritenute false erano tese solo a recuperare una piccolissima parte di cicli mai pagati.
