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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Boss della Scu arrestato in Olanda: è battaglia legale sull'estradizione

Bisognerà attendere il prossimo 3 aprile per sapere se Francesco Santolla, presunto boss della Sacra Corona Unita, sarà estradato in Italia. L'uomo, ritenuto dagli inquirenti affiliato al clan Tornese, è stato arrestato in Olanda

 

LECCE – Bisognerà attendere il prossimo 3 aprile per sapere se Francesco Santolla, presunto boss della Sacra Corona Unita, sarà estradato in Italia. Santolla, considerato dagli inquirenti il luogotenente del clan Tornese di Monteroni, noto anche con l’alias di “Superman”, è stato arrestato lo scorso 13 gennaio in Olanda, a Lelystad, capoluogo della provincia di Flevoland. Nei suoi confronti pendeva un mandato d’arresto europeo, richiesto dalla Procura generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Lecce. L’udienza relativa alla richiesta di estradizione si è tenuta questa mattina dinanzi ai giudici del Tribunale di Amsterdam, dove l’uomo è attualmente detenuto. In una complessa e dettagliata memoria (sia sotto l’aspetto giuridico che normativo) il legale di Santolla, l’avvocato Francesca Conte, ha chiesto alla Corte olandese di esprimere verdetto di rifiuto della consegna all’autorità italiana richiedente. Secondo la tesi difensiva, infatti, nei processi a carico del presunto boss, sarebbe stato violato “il diritto a presenziare riconosciuto all’imputato in ogni grado di giudizio, nonostante le esplicite richieste avanzate ripetutamente dallo scrivente difensore e dallo stesso Santolla, mediante dichiarazioni autografe inviate dall’Olanda, dove si trovava detenuto e, pertanto, legittimamente  impossibilitato a comparire”. “Se dunque il Santolla dovesse essere estradato – scrive l’avvocato Francesca Conte nella memoria difensiva –, gli sarebbe certamente preclusa la possibilità della celebrazione di un nuovo giudizio, in violazione dell’articolo 12 della legge olandese n. 194/2004”.

Il 58enne originario di Collepasso era considerato l’ultimo grande latitante della Sacra corona unita. Nei suoi confronti, dal giugno del 2002, era stata emessa una condanna definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Ivo de Tommasi (fratello di Gianni, “capo bastone” di Campi Salentina, assassinato nel 1989) e associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico di armi e droga, alle estorsioni e al gioco d’azzardo.

Santolla risiedeva nella cittadina di Almere, cittadina della provincia centrale olandese, dove da anni, nonostante un mandato di arresto internazionale, viveva in un «polder», i terreni agricoli strappati al mare dalle dighe, della regione. La richiesta di estradizione dell’autorità italiana era stata precedentemente respinta, tanto che Santolla conduceva una tranquilla vita da ristoratore e imprenditore. Aveva anche un profilo su facebook, dove in una foto posava sorridente sulla poppa di un costoso yacht del costruttore di barche Wim Van der Valk. A incastrare il presunto padrino della Scu è stato un banale procedimento dinanzi al tribunale amministrativo di Lelystad, dove il ricercato si è dovuto presentare per un caso di frode sociale. Nel frattempo, infatti, i suoi benefici erano stati revocati, e la carta d'identità era scaduta. Francesco Santolla è stato arrestato dalla polizia olandese nel Tribunale di Lelystad.

Franco Santolla, come detto, era stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Ivo De Tommasi, avvenuto a Campi Salentina all’alba del 12 agosto 1989. Un commando armato fece irruzione nella casa della vittima dopo aver rotto la finestra della camera da letto, in cui l’uomo e la moglie ancora dormivano. Poi, avevano esploso numerosi colpi di pistola calibro 7,65, di revolver calibro 38 special e di fucile da caccia calibro 12. Un’esecuzione che aveva, di fatto, scatenato la guerra tra il clan Tornese e quello dei De Tommasi, un tempo alleati, lastricando di sangue e proiettili le strade del Salento. Il presunto boss di Veglie, però, aveva pagato a caro prezzo la sanguinosa lotta tra sodalizi criminali. Nel maggio del 1996 un commando armato di quattro persone aveva assassinato il figlio Romualdo, appena 18enne. Una vendetta trasversale che aveva spezzato la vita di chi con la mafia salentina non c'entrava assolutamente nulla. Lui non aveva altra colpa che essere il figlio del presunto boss, estraneo per il resto a qualunque gioco di potere della criminalità organizzata nel Salento. Forse anche per quello i genitori decisero di donare gli organi del ragazzo assassinato. 

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