rotate-mobile
Cronaca

Vantaggiato parla in aula. "Ho imparato a fabbricare esplosivi usando l'enciclopedia"

Era il giorno più atteso, oggi, nel processo allo stragista di Brindisi. L'imprenditore 69enne copertinese ha chiesto perdono per la morte di Melissa Bassi. "Non volevo uccidere". Il movente sarebbero le truffe subite. "Voleva essere un atto dimostrativo, ma il tribunale era inavvicinabile"

BRINDISI – Ha invocato perdono in lacrime, davanti ai genitori della piccola Melissa Bassi, ai pubblici ministeri che lo incalzavano con le domande, alla corte, al pubblico presente in aula, fra cui diverse studentesse superstiti. Ha invocato perdono, Giovanni Vantaggiato, 69enne di Copertino, perché il suo sarebbe stato “solo” un gesto dimostrativo. Terminato, però, in tragedia.

Quella di oggi era probabilmente l’udienza più attesa, nel processo a carico dell’imprenditore salentino, che, messo alle strette dagli inquirenti, ha già confessato davanti a loro nei mesi scorso, e ribadito adesso di fronte alle sue stesse vittime, di essere l’uomo che ha collocato e fatto esplodere un micidiale ordigno davanti all’istituto professionale di Brindisi “Morvillo Falcone”.

Era la mattina del 19 maggio del 2012, una data che l’Italia intera non scorderà mai più. Melissa, 16 anni appena, mesagnese, stava entrando a scuola, con le sue compagne. L’esplosione di tre bombole, azionate a distanza con un telecomando, spense in un istante la sua vita. Altre ragazze rimasero gravemente ferite. Alcune porteranno per sempre i segni di quel gesto folle sul proprio corpo e nella psiche.

L’interrogatorio di Vantaggiato, affidato ai procuratori della Dda di Lecce, Cataldo Motta e Guglielmo Cataldi, è iniziato soltanto dopo che la Corte ha preso atto dell’ennesima (la settima di fila) assenza di Cosimo Parato, parte civile nel processo, perché nel febbraio del 2008 fu la prima vittima di un attentato attuato da Vantaggiato, sempre con un ordigno, collocato sulla sua bicicletta, e per il quale è rimasto invalido. Questa volta, l’imprenditore agricolo di Torre Santa Susanna, al quale Vantaggiato imputa una truffa per il mancato pagamento di una fornitura di gasolio per 300mila euro, e che non si sarebbe accontentato di trascinarlo in tribunale e farlo in condannare in primo grado, ma che avrebbe tentato di uccidere prima ancora che il processo avesse inizio, non ha neanche presentato un certificato medico.  

Dopo una breve camera di consiglio, alla fine s’è deciso di procedere direttamente con l’ascolto del copertinese, per evitare che il processo continuasse ad arenarsi in un punto morto.

Sebbene sia stato ritenuto evidentemente inutile, al momento, l’ascolto di Parato, va da sé che, la sua, resti una figura basilare nella vicenda, perché sarebbe sostanzialmente il “motore” da cui tutto è nato.

Vantaggiato, infatti, non sarebbe stato soddisfatto della condanna inflitta dai giudici al torrese e per questo avrebbe ideato l’atto dimostrativo davanti alla scuola. Sebbene l’obiettivo reale dovesse essere il tribunale, che sorge alle spalle. “Ma c’erano le telecamere, era troppo sorvegliato”, ha spiegato nel corso della sua drammatica deposizione. Ripetendo di aver fatto tutto da solo. Anche questo è un punto nodale, nella questione. Gli inquirenti hanno sempre ipotizzato che Vantaggiato potesse avere almeno un complice, e questo anche perché, durante i primi interrogatori, a poche ore dall’arresto congiunto eseguito da polizia e carabinieri, parlò usando più volte il plurale. Fatto che il pm Cataldi ha puntualizzato, anche oggi, nel corso della requisitoria, ma di fronte al quale laconica (e probabilmente non proprio convincente) è stata la risposta dell’imputato: “Può darsi che sia il mio modo di parlare”.

Per il resto, il copertinese ha confermato di aver collocato l’ordigno verso l'una e mezzo della notte precedente, ma sostenendo di non voler uccidere. Nella ricostruzione dell’Ansa, la risposta: “Non volevo fare del male, ma dare una dimostrazione. Ho visto che si sono messi tranquilli per entrare nella scuola, non mi sono accorto che c’erano le ragazze, avrei potuto farlo quando c’era quel signore che ha aperto il cofano”.

Il signore in questione è un collaboratore della scuola, che si era accorto della singolare presenza di un nuovo bidone dell’immondizia (del tipo blu, e rubato da Vantaggiato nella zona di Porto Cesareo, da usare per collocarvi la bomba), senza però capire – purtroppo - che dentro vi fosse un ordigno.

Vantaggiato ha anche spiegato come ha appreso le tecniche per la costruzione di una simile bomba “con miscela di nitrato di potassio e carbone”. Ovvero, “tramite l'enciclopedia, alla voce 'N', nitrati, a pagina 72”. Il pm Cataldi è anche tornato, come anticipato, sulla questione riguardante la scelta dell’obiettivo, la scuola piuttosto che il tribunale. “Non c’era modo, troppo sorvegliata. Ma non volevo fare del male”. Il pm, a quel punto, ha cercato di mettere Vantaggiato alle corde, farlo cadere in contraddizione, con una semplice domanda. Sempre come riportato dall’Ansa: “Se lei non avesse voluto fare del male, avrebbe fatto esplodere la bomba di notte”. Alla qual considerazione, Vantaggiato ha spiegato: “Volevo farlo di giorno in senso dimostrativo, non volevo fare del male alle persone. Di notte non c'era nessuno”.

Vantaggiato ha anche raccontato acquistato quattro telecomandi, ma due sarebbero andati in cortocircuito, uno sarebbe stato usato per una delle varie prove nella campagna di sua padre, e l’ultimo usato per la strage. E, a tal proposito, la pubblica accusa ha domandato il motivo per cui siano state impiegate ben tre bombole, invece di una soltanto, se veramente l’atto dovesse ritenersi dimostrativo. “Ne ho messe tre – ha replicato Vantaggiato -, perché una dà uno scoppio relativo. La polvere non era industriale, non era di stazza efficace”. Ma una ragazza è morta, ha ricordato il pm. E altre sono rimaste ferite in modo indelebile, si potrebbe aggiungere.

vantaggiato-2-16L’imprenditore di Copertino ha poi ricostruito le fasi successive al collocamento della bomba. “Quella notte sono rientrato subito a casa e mi sono riposato, fino alle 6”, riporta l’Ansa. “Poi, come tutti i giorni, ho preso il caffé, le paste, e mi sono avviato a Brindisi. Il caffè me lo prepara mia moglie e lo porta a letto, anche le paste. Poi mi alzo vado in bagno, mi faccio la barba”. Il pm ha domandato se la moglie avesse posto domande. “No, era una cosa tutta mia”. Quindi, ha proseguito la narrazione, spiegando di essere tornato a Brindisi, di aver posteggiato l’auto e di aver notato un viavai di persone. “C’erano persone sedute sul sedile, nel giardino. C'era un movimento di macchine, ho dovuto aspettare che non ci fosse nessuno”. E solo una volta sicuro, alle spalle di un chiosco di panini e bevande, ha azionato il telecomando. Il dopo, è una tragedia dai contorni ormai tragicamente noti.

Dopo l’attentato, Vantaggiato sarebbe tornato al lavoro. Di fronte alle domande del pm Cataldi sulla sua condizione economica, l’imprenditore ha dichiarato di essere pieno di debiti con le banche. Vantaggiato, però, è anche proprietario di uno yacht, ormeggiato a Porto Cesareo. “L'ho acquistata nel 1997”, ha detto. “Ho dato la vecchia in permuta e ho messo 600 milioni in aggiunta. Valeva più o meno un miliardo”.

“Avevo un fido in banca il 19 maggio - ha proseguito - ma era scoperto”. L’uomo ha anche aggiunto di essere stato truffato più volte. Piccole somme, per 3mila e 500 euro in un caso, fino a 10mila in un secondo. Ma, nel caso di Parato, la cifra sarebbe di tutt’altra levatura, di “330mila euro”. “Ho dovuto fare un prestito enorme alla banca San Paolo per fare fronte e ho dovuto pagare”. Il pm gli ha domandato allora delle azioni in borsa finite sotto sequestro, insieme ad altri beni. Vantaggiato non ha negato di disporne. “Ma dovevo pagare il debito in un anno", ha voluto puntualizzare. 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Vantaggiato parla in aula. "Ho imparato a fabbricare esplosivi usando l'enciclopedia"

LeccePrima è in caricamento