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Cronaca Ugento

Al via le analisi dell'Arpa sui pozzi di Burgesi. Si cerca anche il Pbc

Il monitoraggio previsto quattro volte l'anno. Salute Salento ha intervistato Bucci: "Se il Pcb verrà individuato nei pozzi a valle, la principale indiziata sarà la discarica"

UGENTO - Inizieranno domani, 7 febbraio, le analisi dell’Arpa sui pozzi artesiani della ex discarica di Burgesi (che si ripeteranno ogni tre mesi), volti ad indagare la presenza di eventuali rifiuti tossici nella falda acquifera. Sotto la lente d’ingrandimento dell’agenzia regionale per la protezione ambientale è finito, in particolare, il Pbc.

Prende così il via il piano approvato dalla commissione Ambiente della Regione, elaborato dal responsabile del dipartimento leccese di Arpa, Roberto Bucci, che prevede di effettuare le indagini 4 volte l’anno, a differenza di quanto stabilito dalla normativa attuale che invece stabilisce il campionamento sui pozzi delle discariche una sola volta l’anno. La concentrazione dei policlorobifenili sarà misurata nei laboratori Arpa di Taranto. Si parte dai cinque pozzi spia della ex discarica e si passerà, successivamente, al monitoraggio dell’area circostante.

Lo rende noto l’associazione Salute Salento che, nei giorni scorsi, ha incontrato l’ingegnere Bucci – istruttore tecnico per la relazione alla Procura della Repubblica- per far luce sullo stato degli inquinanti nella discarica post-gestione di Burgesi.

Nel sopralluogo del 9 gennaio scorso i tecnici di Arpa hanno verificato che la discarica è stata incapsulata dal gestore impermeabilizzata, chiusa bene e isolata dal fondo e dalle acque meteoriche con una robusta guaina: “Acque meteoriche – chiarisce Bucci – che oggi non interferiscono con il contenuto della discarica, dato che è impermeabile. Le acque piovane hanno un loro percorso che le incanala fuori dalla guaina”.

“Il dettaglio è importante perché serve a precisare –  spiega l’ingegnere – che l’eventuale percolato che si genera è solo quello che produce il rifiuto all’interno della discarica. E per la legge numero 36 del 1994, il rifiuto organico è considerato speciale non pericoloso, come il compostaggio”. In sede di ispezione, Arpa aveva già verificato che il percolato che si produce dai rifiuti non era eccessivo, “tanto che i gestori, che hanno l’obbligo di raccogliere il percolato una volta al mese, lo raccolgono ogni due mesi visto che se ne produce pochissimo”.

“Dal responsabile Arpa abbiamo appreso che il percolato è un rifiuto che non ha limiti di legge e che va smaltito – si legge nella nota inviata da Salute Salento - . Ma nel corso del sopralluogo del 19 gennaio, alla presenza del governatore Michele Emiliano, c’è stato un fraintendimento: è stato paragonato il limite del Pcb nel percolato (che non esiste) con il limite del Pcb presente nell’acqua di falda (che è di 10 picogrammi per litro).  Nei sopralluoghi, sia la Procura, sia Arpa, hanno chiarito che il Pcb è presente nel percolato e non nell’acqua di falda”.

E che fine hanno fatto i 600 fusti di Pcb di cui ha parlato l’imprenditore pentito Rosafio? Sono ancora all’interno della discarica incapsulata dalla guaina? ”È complicatissimo trovarli - spiega il responsabile di Arpa Lecce –.  Ammesso che il testimone stia dicendo il vero, se così fosse, 30 viaggi circa su camion, con 20 fusti ciascuno, non possono passare inosservati all’ingresso della discarica”. 

Secondo la Procura di Lecce, così come precisato dal sostituto Elsa Valeria Mignone, non occorre squarciare la robusta guaina della discarica per ricercare i fusti. “Non si deve rompere l’incapsulamento, né vanno ricercati i fusti – ha sostenuto proprio la Mignone -. Lo stato della discarica ce lo può dire solo un’attenta analisi e la caratterizzazione del rifiuto. La bonifica è ricompresa per legge e deve andare a carico dei gestori e di quanti hanno inquinato, non deve essere scaricata sulle spalle della collettività”.

Da parte sua Arpa si è resa disponibile a ricercare il Pcb, senza sfregiare la discarica, puntualizza ancora l’associazione. “La prima cosa che ho pensato di fare per accertare la presenza dei fusti, è un’indagine con georadar e apparecchiature di rilevamento che dovrebbero marcare una discontinuità – spiega Bucci – Ma le informazioni sulla presenza di metalli sono rese poco attendibili visto che il telo è fatto con delle fibre metalliche che avrebbero distorto i risultati”.

“Il nostro piano – aggiunge – prevede le analisi dell’acqua nei 5 pozzi di Burgesi. Se troviamo il Pcb a monte, evidentemente non può essere attribuito alla discarica, ma, probabilmente, a pesticidi, fitofarmaci e ad altri rifiuti inquinanti. Se invece il Pcb verrà individuato nei pozzi a valle, la principale indiziata sarà la discarica”.

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