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Cronaca

Violenza su donne e minori, l'Asl si rafforza con nuovi percorsi e intese

Un tavolo interistituzionale voluto da Silvana Melli per garantire maggiore supporto contro un fenomeno che preoccupa molto l'Oms. Medici e infermieri pronti all'ascolto e alla protezione, fin dal pronto soccorso

LECCE – Qualcosa di più di un semplice corso di formazione. Il 17 giugno sarà, per l’Asl di Lecce (e non solo), un momento di formazione, ma anche di riflessione profonda, sul tema della violenza delle donne. Un problema che sta assumendo tali dimensioni da indurre l’Organizzazione mondiale della sanità a raccomandare a tutti i Paesi un miglioramento nell’approccio del proprio sistema sanitario di fronte ai casi che, putroppo, sempre più spesso si vengono a presentare.

Nasce da qui, dunque, il tavolo di lavoro interistituzionale, a livello provinciale, che riguarderà anche Procura, forze dell'ordine, Ufficio scolastico provinciale, case rifugio, centri antiviolenza, consigliera di parità, associazioni di donne, Università del Salento, e Tribunale per i minorenni. Il tutto, sotto il coordinamento dell’Azienda sanitaria locale, tramite l'Area servizio socio sanitario.

L’obiettivo è consolidare rapporti di collaborazione tra servizi, istituzioni e soggetti che operano nel privato per costruire, come la normativa di settore, una fitta rete di servizi antiviolenza. A tale proposito, l’Asl di Lecce ha riorganizzato i percorsi assistenziali distrettuali in forma integrata nei dieci Ambiti sociali territoriali con equipe dedicate all'abuso e al maltrattamento, d'intesa con i centri antiviolenza salentini. E ha già organizzato due giornate di sensibilizzazione sul tema della violenza sulle donne e sui minori, in collaborazione con l'Ufficio scolastico provinciale.

“Intendo conferire - dice Silvana Melli, direttore generale - maggiore impulso al lavoro fin qui svolto, ritenendo obiettivo rilevante la definizione di un percorso omogeneo di accoglienza e gestione delle donne e dei minori vittime di violenza in accesso al pronto soccorso, interconnesso con quelli attivi negli altri servizi che compongono la rete antiviolenza territoriale”. “Ritengo – aggiunge - che nella rete antiviolenza debbano essere coinvolti anche i medici di Medicina generale e i pediatri”.

Il fine ultimo del corso è garantire alle donne che hanno subito violenza, maltrattamenti e abusi, il diritto di trovare immediato soccorso in un luogo idoneo in cui operatori competenti sappiano fronteggiare la complessità del problema non solo in termini di visite e raccolta di prove, ma anche garantendo capacità di ascolto, accoglienza e comprensione.

“Ritengo non più accettabile - continua Melli - la mancanza di procedure operative specifiche per i casi di violenza in accesso ai servizi di emergenza e ritengo fondamentale dotare l’Asl di un percorso unificato dalla A alla Z per la donna vittima di violenza”.

“Bisogna ricomporre i tasselli mancanti attraverso l'impegno dei nostri professionisti ospedalieri e territoriali, e all’importante sinergia con i Comuni e i centri antiviolenza. Un lavoro di squadra – prosegue - che garantisca alla donna una presa in carico da parte di operatori preparati e formati sul tema, sia a livello psicologico, sia assistenziale. La donna non deve sentirsi più sola, ma protetta e accompagnata”.

E' previsto, dunque, un protocollo, il cosiddetto ‘Percorso rosa’, che permette di instradare una possibile vittima di violenza, sia per dichiarazione spontanea, sia per il sospetto maturato dal personale sanitario (spesso le vittime non parlano perché sopraffatte dalla paura), verso la soluzione migliore.

“Il personale del triage del pronto soccorso - chiarisce il direttore generale - attiva subito il codice rosa, accompagnando la paziente in un luogo appartato per offrirle un’adeguata privacy. Avvisa il medico, adotta un atteggiamento rassicurante, non giudicante e disponibile all’ascolto. Deve insomma – spiega - instaurare con la vittima una relazione empatica”.

Se necessario, e la donna acconsente, il pronto soccorso attiva gli altri percorsi. Questi prevedono un ricovero di una notte, la prenotazione di una consulenza con il centro antiviolenza di riferimento e con i consultori, in caso di presenza di figli minorenni vittime a loro volta di violenza.

“La finalità è di costruire insieme ad altri servizi una rete di supporti per la sicurezza delle vittime e la riduzione dei rischi di esposizione e di contatto con il soggetto che usa violenza, perché la donna intraprenda un percorso di autodeterminazione e di fuoriuscita dal circuito della violenza, ma sopratutto per creare una maggiore sensibilizzazione degli operatori sanitari. Perché non basta parlare – conclude - per cambiare una cultura”.

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