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Giovedì, 28 Marzo 2024
Dalla Rete

Simone Mele, nevrosi e paranoie dei leccesi in una striscia quotidiana

Dal successo del primo libro alle gag su Telerama, l'umorista leccese conquista il pubblico con una formula semplice e innovativa che punta su temi e luoghi cari al territorio, e uno sguardo puntato alle emergenze sociali

LECCE – Simone Mele è figlio della generazione dei Settanta che credeva di sistemarsi con il posto fisso. Come tanti, però, ha dovuto fare i conti con un’altra realtà e rimettersi in gioco, più volte, e ognuna ricominciando da capo. Con il libro “L'ozio è il padre dei vizi e lo zio è il padre dei cugini”, opera prima realizzata in self-publishing, il 43enne autore leccese è rinato a nuova vita, più maturo e capace di affrontare le vicissitudini e i paradossi dell’esistenza, senza piegarsi al cinismo e alle ansie della contemporaneità, bensì prendendo spunto da queste ultime per superarle ridendoci sopra.

Il libriccino, auto-prodotto, con il sostegno di dieci aziende impegnate “nella riabilitazione e nel riciclo dell’autore come scrittore” – com’è riportato in calce all’edizione – ha sfiorato le 1500 copie. Risultato cui l’autore guarda non senza una punta di soddisfazione, visto che, banchetto e seggiola alla mano, l’ha ottenuto vendendo i suoi libri tra le vie della città, durante le feste popolari e gli eventi sparsi per i paesi della provincia.

Un’iniezione di fiducia che gli ha restituito la voglia e l’entusiasmo di gettarsi a capofitto in un’altra impresa editoriale, stavolta più ambiziosa e impegnativa.

“L’idea di una striscia televisiva – spiega Simone Mele, – nasce a seguito dell’incontro con Emanuele Augieri, e con la volontà di portare su pellicola alcune delle battute più riuscite del libro”.

Mele non fa mistero di un passato, non del tutto alle spalle, costellato di delusioni e amarezze, che lo ha spinto a una lunga e forzata inattività prima d’intraprendere il nuovo corso.

“Arriva per tutti il momento in cui domandarsi che cosa fare da grande; e quando è toccato a me, ho concluso che avrei preferito restare bambino”.

Una risposta solo in apparenza puerile, che Mele chiarisce subito con il tono della più grossolana ovvietà:

“Perché ai bambini è permesso tutto – sottolinea l’autore. – Nel sovvertire le regole del mondo e della società, il bambino fa sì che c’interroghiamo sui luoghi comuni, sui condizionamenti e i preconcetti che nella vita di ogni giorno elevano muri sempre più alti tra le diverse componenti di questo o quel gruppo, e tra singoli individui. Per i bimbi, scimmiottare le azioni degli adulti non è soltanto un gioco di specchi, attraverso cui apprendere; piuttosto, per loro è un efficace sistema mediante il quale tarare i comportamenti e le resistenze del mondo che si apprestano a conquistare”.

La “Mele-visione”, per dirla con le parole di Simone, vuol far riflettere sull’illusione dell’uomo del terzo millennio di voler essere tutto d’un pezzo. Un’illusione che vacilla a ogni passo perché poggiante sul più fallace dei presupposti: l’apparire.

“Prima di DSC07830-2domandarci chi vorremmo essere per gli altri, dovremmo quantomeno sapere chi siamo per noi stessi. Da questa incongruenza, dall’ansia che inevitabilmente ne nasce, scaturiscono i contrasti e le nevrosi quotidiane. Gran parte della mia comicità deriva dall’esperienza nell’esercizio commerciale di famiglia, fondato dal bisnonno paterno nel 1912, e purtroppo chiuso pochi anni fa – molti, certamente, ricorderanno il negozio di casalinghi situato sul lato destro di viale Francesco Lo Re, – la cui clientela era già un po’ la mia platea. Negli anni, trascorsi al fianco di mio nonno, il rapporto con i clienti è stato una scuola di vita; ed essi, gradualmente, sono cresciuti dentro di me come veri e propri personaggi, spiriti curiosi che s’affacciavano alla mia fantasia di bambino prima e di “adulto” poi, col loro carrozzone di varia, e nevrotica, umanità”.

Gli esilaranti strafalcioni – “recculi” per chi mastica il dialetto leccese, – ascoltati nelle ore di esercizio sono, poi, diventati la prima fatica letteraria di Simone che, in collaborazione con Silvia Cazzato e altri amici, fu data alle stampe con il famoso ed economico formato editoriale a “mille lire”. Tutt’altra cosa rispetto alla soluzione de “L’ozio è il padre dei vizi e lo zio è il padre dei cugini”, e dei cortometraggi che, tuttavia, incominciavano a prendere corpo come un’idea per il futuro. Un futuro che ha bussato alla porta del “contorsionista lessicale” – come egli stesso ama definirsi – in maniera inaspettata, non più tardi di qualche mese fa, ponendo le basi perché il libro di battute diventasse qualcosa di più:

“Un giorno, passando per Piazza Sant’Oronzo, mi accorsi che una troupe di Telerama stava intervistando le persone sulla questione della Tap – Trans-Adriatic pipeline, ndr – e mi avvicinai per dire la mia [cit. : Dopo aver perso la corsa a capitale della cultura, un gas acculturato (gas-dotto) non può che incontrare il mio consenso]. La giornalista, lì per lì, rimase di sasso ma il direttore dell’emittente, Giuseppe Vernaleone, la trovò esilarante e così, pur se in un contesto serio, non la rimosse dal servizio del Tg. In seguito ci incontrammo per parlare della possibilità di mandare in onda una striscia quotidiana di gag comiche di 8 minuti”.

Gag che stanno letteralmente spopolando sia sull’emittente locale che su YouTube dove, in pochissimo tempo, è possibile vedere già una cinquantina di video, mentre altrettanti attendono solo di essere caricati dopo il passaggio in anteprima sul canale televisivo.

Un vero e proprio impegno che vede Simone Mele, Emanuele Augieri e Francesca Maruccia, la giovanissima camera-girl, investire nel progetto ogni momento libero sottratto a vita privata e lavoro, mettendoci passione e dedizione a titolo assolutamente gratuito.

Almeno tre ore al giorno di lavoro per realizzare gli 8 minuti del prodotto finito, che è stato concepito sia per la televisione, che per il web.

“Anche in questo caso faccio tutto da me – dice Simone, che negli sketch veste i panni di attore, regista e autore, – autofinanziando e autopromuovendo ogni video”.

Ma l’ondata d’ilarità ha centrato un obiettivo importate: coinvolgere il pubblico salentino, e non solo, a giudicare dalle visualizzazioni internet, che da spettatore diventa protagonista dei cortometraggi umoristici di Mele. È proprio questo uno dei segreti che ha fatto impennare il gradimento televisivo e quello online e che, c’è da scommetterci, è destinato a crescere ogni giorno di più.

“Telerama è una finestra importante per farci conoscere a livello locale, ma anche YouTube ci sta regalando delle belle soddisfazioni – confessa Simone Mele, con una nota d’amarezza nel tono di voce. – Però non campiamo d’aria. Dalle esperienze passate ho imparato che il modo migliore per fare le cose è quello di farsele da soli, formula usata tanto per il libro quanto per i video, ma non nascondo che il mio desiderio sarebbe quello di dedicarmi a questa attività a tempo pieno, e con tranquillità. Far ridere, in effetti (come spesso avviene per chi scrive, ndr), non viene visto come un lavoro da parte della gente; piuttosto come un passatempo per fancazzisti. Eppure ci sono professionisti che ne hanno fatto una ragione di vita, e di guadagno. Mi auguro che qualcuno, prima o poi, si accorga della bontà del nostro progetto e ci consenta di trasformare il “passatempo” in un vero lavoro”.

Certo che se imprenditori come Quarta, Cantele o, perché no?, Carrisi, credessero in quest’idea originale e divertente, magari sostenendola economicamente, Mele e il suo esiguo staff non storcerebbero il naso. Anzi.

“Mi sono convinto a cercare una collaboratrice che ci aiuti a gestire l’ingente mole di lavoro, che non fa che aumentare. Vorrei, a questo proposito, cogliere l’occasione per lanciare un appello alle eventuali candidate: sarò ben lieto di prendere visione dei curricula che potranno sottoporre alla mia attraverso il sito internet www.simonemele.com”.

Oltre ai numerosi video girati in ogni dove, è di questi giorni la voce che l’esordiente regista abbia ingaggiato un’avvenente attrice alla quale affiderà la versione salentina di “Vacanze Romane”. E subito è scattata la caccia all’attrice sulla cui identità, per ora, vige il massimo riserbo; eccezion fatta per il nome.

“La nostra Roberta è una ragazza davvero speciale. Il casting è stato tenuto segreto, per ovvi motivi: siamo una piccolissima produzione e non volevamo essere sommersi dalle richieste di lavoro che sapevamo bene di non poter soddisfare. Perciò ci siamo mossi in punta di piedi e, per un vero colpo di fortuna, abbiamo trovato una modella sensuale e capace, la quale, in cambio di quest’opportunità, si è donata con tutta se stessa. Anche se devo dire che, a modo suo, si da già delle arie da star, sono certo che il pubblico leccese, l’apprezzerà e l’amerà profondamente quando riuscirà a cogliere i suoi eloquenti silenzi”.

E questa non è la sola novità. Un altro progetto potrebbe vedere presto la luce, e Mele ne parla con enfasi, sia perché riguarda un omaggio al noto cantautore “folk” leccese Bruno Petrachi, sia perché sarà realizzato a braccetto con il figlio Enzo, legittimo erede del cantore per eccellenza della leccesità (tra le sue canzoni più famose Mieru, Cuore di Zingaro, Suona Chitarra, La luna mienzu u mare, Lassame eccetera).

“Elaboreremo la canzone San Catautu per farne un video-clip che diventi un vero biglietto da visita di una marina che merita molto più di ciò che le è stato riservato finora. Ho vissuto nei dintorni si San Cataldo per un lungo periodo, e sono convinto che sia un luogo magico, soprattutto d’inverno, e si debba valorizzarlo al meglio. Ci aspetta un lavoro complesso, per il quale avremo bisogno del sostegno di tutti gli amici. Siamo in cerca di sponsor locali che dal video trarranno certamente beneficio perché San Cataldo sarà ripresa nei suoi scorci più belli e caratteristici”.

Tantissime le caratterizzazioni di Simone Mele e altrettante le comparse di amici, semplici curiosi e professionisti leccesi, tutte citati nei titoli di coda, che si sono cimentati nei panni attoriali con autoironia e tanto divertimento. A cominciare proprio dai bambini, protagonisti assoluti del primo video di sei mesi fa dal titolo “Bambi-ni” e che tornano con frequenza a ricordarci che la vita va vissuta con occhio disincantato e sempre pronto a credere che tutto sia possibile, anche quando sembra che non lo sia.

“Con i più piccoli – spiega Mele – c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare. Sul set i bambini sono fantastici e riescono a calarsi nelle situazioni più disparate, e disperate, con facilità inaspettata. Dal primo corto, di soli 13 secondi, a “Sgorbio” (Sgorbio è il nome di un clown rapito nella villa comunale da un gruppuscolo di bambini armati di pistole giocattolo, i quali, in cambio del suo rilascio chiederanno alle forze dell’ordine un elicottero che li porti a Gardaland, ndr), che presenteremo la prossima settimana su Telerama, sono trascorsi soltanto sei mesi; ma l’esperienza lavorativa al loro fianco mi ha dato l’opportunità di tastare con mano l’efficacia di quanto mi stavo proponendo con quest’idea un po’ strampalata: vederli ridere, divertirsi in maniera semplice, credere, anche se per poco, di essere i protagonisti di un’avventura “reale”, è qualcosa d’impagabile. Tutto questo mi da la forza di continuare e di credere che abbiamo intrapreso la strada giusta”.

Da queste divertenti esperienze sono nati alcuni personaggi cui Simone ha dedicato più episodi, come l’Ispettore Cardigan (protagonista proprio in “Sgorbio”), i viaggi in Taxi per i vicoli della città, o nel più recente “Ridotti all’Oss”, l’operatore socio sanitario vessato dagli ospiti di una casa di cura (Villa Iris) sempre in vena di scherzi da caserma e in cerca di un po’ di riscatto dall’emarginazione e la solitudine che accompagnano, troppo spesso, l’avanzare inesorabile della senilità.

Insomma, l’innata capacità di Mele di guardare alla vita con atteggiamento scanzonato e, alle volte, impertinente, ma sempre con un profondo rispetto per gli altri e tanta voglia di mettersi in gioco, attende chiunque voglia condividerla, anche solo attraverso una piccola finestra digitale:

“Una finestra aperta sul mondo – conclude il regista – e sulle mille sfaccettature di una società che farebbe bene a prendersi un po’ meno sul serio”.

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