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Sabato, 20 Aprile 2024
Economia

Aste per le spiagge, petrolio sotto il mare e gasdotto. Fuoco incrociato sui balneari

Incontro presso Confcommercio con gli associati al Sib e tre deputati. Molteplici i fronti caldi: dall'Unione Europea che spinge per aprire il settore alla concorrenza e minaccia sanzioni, alle richieste di prospezioni davanti alle coste salentine

LECCE – Concessioni per almeno 30 anni e divieto di trivellazioni in cerca di petrolio. I balneari salentini aderenti a Confcommercio si sono ritrovati a discutere della delicata transizione che si sta aprendo dal punto di vista legislativo in tema di concessioni demaniali, ma hanno anche voluto comprendere qual è lo stato dell’arte rispetto alle richieste di prospezione avanzate da due società interessate a cercare idrocarburi non lontano dalla coste salentine e calabresi.

L’occasione è stata fornita dall’incontro nel quale il Sib si è confrontato con i deputati Sergio Pizzolante (Nuovo Centro Destra), Salvatore Capone (Partito Democratico) e Roberto Marti (Forza Italia). Per il sindacato erano presenti il presidente nazionale, Vito Vergine e quello regionale Antonio Capacchione, a presiedere l’iniziativa Alfredo Prede, numero uno di Confcommercio (e della Camera di commercio) nonché egli stesso titolare di uno stabilimento nella  marina di San Cataldo. Presente anche Giuseppe Coppola della sezione turismo di Confindustria.

Già due anni addietro, nell’ottobre del 2012, Confcommercio si fece promotrice di un’iniziativa analoga appena parve evidente che sarebbe stato il 2015 l’anno della verità: già allora l’imprenditoria salentina di settore minacciò le barricate contro quello che viene visto, in sostanza, come uno sfratto che, tra le altre cose può aprire la strada alla colonizzazione delle coste da parte delle multinazionali, che in un sistema di aste avrebbero vita facile, o di infiltrazioni massicce della criminalità organizzata sempre alla ricerca di forme di riciclaggio del denaro sporco.

Le concessioni

L’Unione Europea ha imposto all’Italia, aprendo anche una procedura d’infrazione e minacciandone una seconda, di aprire il settore alla concorrenza e alla trasparenza. Questo significa la fine delle concessioni praticamente a vita: non vi è dubbio che una buona parte dell’opinione pubblica – e questo il sindacato lo sa – è favorevole ad una rivisitazione della normativa proprio nel senso indicato dalle istituzioni comunitarie perché l’occupazione del demanio viene visto, di fatto, come un privilegio più che come lo strumento di un investimento economico che porta con sé anche occupazione.

I balneari oppongono però una serie di ragioni al sistema della gare pubbliche contenuta nella bozza di un disegno di legge che a loro proprio non piace e che prevede, in caso di aggiudicazione a chi è già titolare, una concessione da 6 a 30 anni in base al piano di investimenti economici previsti dal singolo imprenditore, oppure un indennizzo sulla base degli utili degli ultimi tre esercizi in caso di esclusione dalla gara. E, nelle more del passaggio dal vecchio sistema al nuovo, una proroga di cinque anni.

Uno schema, questo, che la lobby degli operatori di settore ha bloccato, facendo pressioni sul governo. L’idea da sostenere davanti ai “burocrati” di Bruxelles è quella della specificità italiana: di circa 5mila chilometri di costa (e di 4mila balneabili), ha spiegato Pizzolante che è nato a Castrignano del Capo ma che risiede in Romagna da decenni, solo mille sono dati in concessione a 30mila aziende che costituiscono una parte importante del comparto turistico, strategico per il Belpaese. Il deputato di Ncd ha sottolineato come sia la stessa famigerata direttiva Bolkenstein, quella delle liberalizzazione dei servizi nel mercato comune, ad offrire una finestra in tal senso.

Le strutture amovibili

Un’altra questione dibattuta è stata quella dell’obbligo di rimozione delle strutture non fisse durante il periodo invernale. Una misura che sembra andare contro l’obiettivo della destagionalizzazione e che ha dei costi non trascurabili per gli operatori. Di contro la Soprintendenza ha messo bene in chiaro il suo ruolo a tutela del paesaggio e le parti si sono di recente confrontate in Prefettura, durante un tavolo tecnico sollecitato proprio dalle associazioni di categoria per cercare di districare una matassa che si aggroviglia ad ogni pronuncia dei tribunali amministrativi e che, tra l’altro, vede approcci diversi a seconda della legislazione regionale: e quella pugliese appare tra le più severe. Da questo punto di vista Pizzolante ha rassicurato i presenti sul fatto che il governo – aveva poco prima parlato con il sottosegretario Francesca Barracciu del ministero dei Beni e della Attività culturali e del Turismo – sta per impartire una direttiva uniforme a tutti gli uffici territoriali.

Tap e petrolio

Dalla platea si sono levate diverse osservazioni e richieste di chiarimento su due vicende che investono direttamente gli interessi del settore turistico salentino: quella del gasdotto progettato da Tap e quella delle due istanze di prospezione in mare per la ricerca di idrocarburi presentate al ministero dell’Ambiente. Dopo il tubo, dunque, a far paura sono ora le trivelle: gli operatori balneari sono compattamente schierati per il no ed in questa direzione Alfredo Prete ha impegnato tutta la categoria.

I titolari di stabilimenti balneari hanno tuttavia paura che sia già troppo tardi e che il via libera alle trivelle arriverà dall’alto, un po’ come - ne sono convinti - è accaduto per il gasdotto il cui iter è giunto oramai all’ultima fase di autorizzazione, quella presso il ministero dello Sviluppo economico. Anche sulla corsa al petrolio Pizzolante ha frenato, affermando che la partita è ancora aperta, senza disconoscere tuttavia l’esistenza di poderose pressioni (trasversali) affinché vengano concesse le autorizzazioni.

Sul nodo Tap, invece, lo stesso deputato – al netto del rispetto per gli operatori investiti dalle ricadute del progetto - si è detto convinto della necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento energetico, rispecchiando in questo la posizione del suo partito. Un confronto sicuramente onesto intellettualmente, considerando che a sollevare la questione era stato Alfredo Fasiello, titolare della concessione sulla spiaggia di San Basilio individuata come punto d’approdo del gasdotto. 

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