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Comparto edile in agitazione: le modifiche ai bonus scontentano tutti

Dopo l'allarme dell'associazione dei costruttori, la preoccupazione di Cgil. Dal 2020 a oggi il numero degli occupati con contratti regolari è cresciuto del 37 percento, ma con lo stop alla cessione del credito e allo sconto in fattura si teme un crollo

LECCE - I lavoratori edili in provincia di Lecce, alla fine del 2022, erano poco meno di 9mila. Un dato in crescita del 37 percentorispetto a quello del 2020, quando ne risultavano 6.441. In questi numeri risiede il principale elemento di preoccupazione della Cgil che, attraverso la segretaria generale, Valentina Fragassi e Luca Toma, segretario provinciale del sindacato di categoria, Fillea, paventano conseguenze pesanti sul settore dopo lo stop allo sconto in fattura e alla cessione del credito per i bonus edilizi deciso dal governo.

“Una crescita non ascrivibile esclusivamente al superbonus - spiegano i due esponenti sindacali -: anche il Durc di congruità e la scelta di subordinare l’accesso ai bonus al rispetto dei contratti di lavoro siglati dai sindacati edili più rappresentativi si sono rivelati strumenti per l’emersione del lavoro di qualità, che vanno oggi difesi e rafforzati, contro i paventati disegni di riforma del Codice degli Appalti. Dopo la decisione del governo, però, il rischio di riportare tanti lavoratori nel sommerso o nelle zone d’ombra dell’illegalità è fortissimo”

Già ieri, a ridosso del Consiglio dei Ministri che ha sancito l'orientamento dell'esecutivo sulla questione, l'Associazione Nazionale dei Costruttori Edili (Ance) aveva lanciato l'allarme, spiegando che l'eliminazione delle agevolazioni, se non rimpiazzata da una soluzione strutturale, lascia molte imprese sull'orlo di una crisi e implica una battuta d'arresto anche in tema di riqualificazione degli edifici dal punto di vista dell'efficienza energetica. Da questo punto di vista, per Cgil “è utile ricordare come il patrimonio edilizio italiano sia vetusto: la gran parte degli immobili, infatti, è stata costruita prima del 1970, mentre solo una piccolissima porzione è riuscita a sfruttare l’occasione di efficientamento e messa in sicurezza offerta dal superbonus. La stessa città di Lecce presenta una fotografia che rimanda ad epoche ancora più lontane: il piano Ina-Casa del 1949, che ha permesso lo sviluppo di quartieri popolari nei decenni successivi, e la legge 167/62 che ha trovato il suo boom in città a partire dai primi anni ’70 e che oggi ci consegna un patrimonio prossimo alle nozze d’oro. Così come non è possibile negare il contributo dato dal settore delle costruzioni alla ripresa post-pandemica, non solo in termini di crescita, ma anche e soprattutto come capacità di generare posti di lavoro e dare reddito a tanti lavoratori”.

Secondo Fragassi e Toma, la nuova impostazione dello strumento superbonus “rischia di tornare ad essere esclusivamente uno strumento a disposizione dei ricchi, che potranno anticipare le spese con cui ammodernare i propri immobili per poi portarle in detrazione. Chi non avrà la necessaria liquidità da anticipare, invece, dovrà continuare a vivere in case vecchie e mal tenute. 

Tra l'altro i due segretari riportano testualmente le parole che una decina di giorni addietro aveva pronunciato Saverio Congedo, parlamentare leccese di Fratelli d'Italia, quando aveva auspicato che anche la Regione Puglia si facesse carico, come altri enti locali, dei crediti giacenti nei cassetti fiscali delle imprese. Una strada, quest'ultima, che il governo ha ora espressamente vietato di percorrere: “La possibilità di acquistare i crediti d’imposta aprirebbe un mercato potenzialmente enorme e contribuirebbe a risolvere un gravissimo problema economico che sta impantanando l’intero comparto dell’edilizia - aveva detto Congedo -. Pertanto l’operazione conviene a tutti: mi auguro quindi che il presidente Emiliano seguendo l’esempio di altre regioni, voglia valutare questa opportunità.

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