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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia

I giudici dichiarano l’illegittimità dei condoni fiscali applicati dai Comuni

Cassazione e Corte dei Conti evidenziano l’infondatezza dell’istituto per i periodi di imposta successivi al 2002. Il ministero, in contrasto con la giurisprudenza, aveva permesso al Comune di Lecce la riapertura dei termini

LECCE - La Corte di Cassazione e la Corte dei Conti hanno dichiarato l’illegittimità dei condoni comunali (ex art. 13 della legge 27 dicembre 2002 n. 289) per i periodi d’imposta successivi al  2002. Il Ministero – in palese contrasto con l’orientamento giurisprudenziale consolidatosi -  ha reso un parere favorevole al Comune di Lecce, il quale, seguendone l’errata interpretazione, ha deciso di riaprire i termini per il condono, senza considerare le gravissime conseguenze derivanti dall’utilizzo di un istituto giuridicamente illegittimo.

La norma di riferimento prevede che “ai tributi propri, le regioni, le province e i comuni possono stabilire, con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti destinati a disciplinare i tributi stessi, la riduzione dell’ammontare delle imposte e tasse loro dovute, nonché l’esclusione o la riduzione dei relativi interessi e sanzioni, per le ipotesi in cui, entro un termine appositamente fissato da ciascun ente, non inferiore a sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell’atto, i contribuenti adempiano ad obblighi tributari precedentemente in tutto o in parte non adempiuti”.

“Accade che erroneamente – spiega l’avvocato Maurizio Villani - molti comuni hanno ritenuto di applicare la suddetta norma ‘sine die’ deliberando dei condoni fiscali per le materie di loro competenza per i periodi d’imposta successivi al 2002”. In particolare, la Corte di Cassazione, con la sentenza 12679 del 20 luglio 2012 (presidente Marco Pivetti, cons. Michele D’Alonzo) ha chiarito che ‘la possibilità per il contribuente di conseguire la sospensione del giudizio in corso è ancorata, alla concomitante presenza di due specifici presupposti’: a) che si tratti di obblighi tributari precedenti l’entrata in vigore della legge in questione; b) che alla data di entrata in vigore della predetta legge, la procedura di accertamento o i procedimenti contenziosi in sede giurisdizionale fossero già stati instaurati”.

“Se ne deve necessariamente inferire l’illegittimità del condono – chiarisce Villani - poiché adottato in violazione dell’articolo 13 della legge 289/2002, che delimitava temporalmente, mediante il visto riferimento agli obblighi non adempiuti dal contribuente prima dell’entrata in vigore di detta legge, il potere dei Comuni di stabilire condoni sui tributi propri, potere non esercitabile, dunque, sine die dall’amministrazione comunale”.

Analogamente, le sezioni riunite della Corte dei Conti della Sicilia ribadiscono che la norma deve essere oggetto di “stretta interpretazione, considerato che l’istituzione di meccanismi di definizione agevolata  relativamente ad obblighi tributari rimasti totalmente o parzialmente inadempiuti da parte dei contribuenti ha indubbiamente natura di evento eccezionale nell’ambito dell’ordinamento giuridico”. Il tutto può avvenire soltanto con riferimento a periodi d’imposta antecedenti al 1° gennaio 2003, data di entrata in vigore della legge.

“A seguito del parere richiesto dal Comune di Lecce – racconta l’avvocato -, il Ministero ha ritenuto di consolidare l’orientamento già espresso in una sua precedente nota, in base al quale il condono può essere legittimato sulla scia di due sentenze favorevoli della Corte di Cassazione, che però non riguardano la problematica in esame, ovvero i termini di decorrenza del condono di cui all’articolo 13, ma si soffermano esclusivamente su aspetti procedurali non attinenti alla disciplina contenuta nella norma in esame”.

Nel parere il Ministero afferma: “I regolamenti dei comuni possono essere contestati ed impugnati, ed (il Ministero) invita il Comune di Lecce ad un prudente apprezzamento di questo ente”. In conclusione, è necessario che i comuni non facciano alcun tipo di condono, “in quanto – chiarisce Villani - i giudici tributari non possono sospendere i giudizi in corso e devono assolutamente attenersi all’interpretazione di diritto vigente della Corte di Cassazione, come individuata dalla sentenza 12679 citata, facendo così venir meno la definizione agevolata delle liti pendenti”.

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