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Giovedì, 28 Marzo 2024
Economia

Venti di tempesta su Iacobucci. I lavoratori ex Bat bussano alle porte del Pd

Colloquio con gli operai che, alla luce della nuova richiesta di cassa integrazione, chiedono conto del "fallimento" del piano di riconversione presentato dalla multinazionale del tabacco. Accuse note e molte ombre: "La politica dia un segnale forte"

LECCE – I lavoratori ex Bat tornano a bussare alle porte della politica, nella speranza che dalla segreteria provinciale del Pd suonino le trombe in grado di richiamare all’unità l’intero mondo sindacale ed istituzionale. Una delegazione dei lavoratori confluiti nell’azienda Iacobucci ha fatto il punto della situazione insieme al segretario provinciale Salvatore Piconese, Paola Povero, Alessia Fragassi e Pierluigi Bianco.

Un colloquio a porte chiuse in cui si è squarciato il velo sulle profonde incongruenze di una riconversione “mancata”. O meglio, di un piano industriale firmato dalle parti interessate e dai sindacati nazionali alimentaristi che, nel lontano dicembre 2010, metteva nero su bianco un’intenzione più doverosa che nobile: nessun posto di lavoro, di quei 500 iniziali, si sarebbe perso per strada in seguito alla decisione della multinazionale del tabacco di dismettere la produzione nello stabilimento leccese.

Delle tre aziende coinvolte nella presunta riconversione del sito, nessuna ha mai navigato in buone acque. Fino alla disfatta finale che, conti alla mano, consiste in 22 persone mandate in mobilità all’interno di Hds, 65 di Ip rimaste in attesa della cassa integrazione mentre, ora, anche la più “affidabile” delle tre, Iacobucci, manda segnali di cedimento. Quest’ultima società, che raccolse iniziali entusiasmi in virtù della sua presunta “solidità”, non è ancora riuscita a far decollare la propria produzione di componenti per l’aeronautica. Nel caso specifico, i carrelli portavivande sulla cui lavorazione gli operai sono stati pienamente impiegati solo per poche settimane.

Il primo ricorso alla cassa integrazione ordinaria è datato agosto 2013. Pochi giorni addietro è stata presentata la richiesta per ulteriori 13 settimane di ammortizzatori sociali a rotazione, di cui usufruiranno 140 operai. “Gli stipendi e la tredicesima sono stati pagati in varie tranche e l’azienda ha già fatto sapere che, questa volta, non sarà disponibile ad anticipare la cassa integrazione”, spiegano gli interessati. Un clima di incertezza assoluta avvolge, da sempre, lo stabilimento dell’ex manifattura tabacchi ed il silenzio generale è interrotto dalle continue interrogazioni parlamentari volte a far luce sull’intera vicenda.

Ma ora che la definizione “fallimento” è stata sdoganata, un interrogativo campeggia su tutti: “A che punto è esattamente la riconversione?”. Alla domanda nessuno sembra in grado di dare una risposta precisa, nonostante le verifiche sullo stato dell’arte, già previste nell’accordo ministeriale del 2010, che si sarebbero dovute tenere ogni sei mesi. Alessia Fragassi, riprendendo l'attività parlamentare sul tema di Teresa Bellanova, ha posto un quesito avanzato già dalla deputata in diversi interventi: “Se è vero che British American Tobacco ha finanziato le assunzioni di personale nei tre nuovi soggetti imprenditoriali e questi soldi non sono stati utilizzati per i lavoratori, che fine hanno fatto?”.

Gli stessi dipendenti Iacobucci, al pari dei loro colleghi, rivendicano un diritto al lavoro che gli è stato negato. Ricordano, con amarezza, il paradosso di una vertenza che si è aperta a dispetto degli utili registrati da Bat Italia tra il 2010-2012: un biennio in cui la produzione è aumentata da 9 a 13 milioni di chili e non sono mancati i premi di produttività per il personale. “Hanno permesso ad una multinazionale di andare via, lasciando dietro di sé un enorme vuoto che contribuisce a desertificare il territorio. E qualcuno era già al corrente delle intenzioni di Bat, ancora prima della notizia ufficiale della chiusura del sito”.

L’elenco di accuse è tanto lungo, quanto noto. Una tra tutte ritorna a far rumore: il passaggio di proprietà dello stabilimento da Bat al consorzio Inser Salento srl, società che ha un socio unico, una società di servizi delle banche popolari pugliesi ed in cui, stando a quanto denunciato dal deputato Pd Teresa Bellanova, sarebbero entrate a far parte anche le società Iacobucci e Korus.

Ma è lo stesso Salvatore Piconese a voler sgombrare il campo dalle polemiche sulle presunte geometrie politiche che fanno da sfondo al piano di riconversione. Piuttosto il segretario del Pd  ha preferito raccogliere l’invito dei lavoratori ad unire le forze in nome di un obiettivo unico: inchiodare Bat alla propria responsabilità sociale e d’impresa, assicurandosi la sua presenza al prossimo tavolo ministeriale. L’incontro presso il ministero, per inciso, rimane ancora una pura intenzione su cui tutti i rappresentanti istituzionali salentini (locali, regionali e nazionali) sono chiamati a spendere le proprie energie. Intanto la vertenza Bat sarà al centro del prossimo tavolo provinciale “Lavoro e sviluppo economico” che il Pd sta convocando per sabato mattina, alla presenza di tutte le istituzioni, le associazioni datoriali e le parti sociali.

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