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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia

Nel comparto agroalimentare in crisi anche il timore dei rifiuti tossici interrati

Dopo i verbali desecretati in cui il pentito della Camorra, Carmine Schiavone, ha raccontato del business di Casalesi e di affari simili anche da parte della Scu, e alla luce anche del batterio che affligge gli ulivi, la Cgil s'interroga su quale sia la strada da seguire per un comparto bloccato

LECCE - “Ci auguriamo che le cattive notizie che stanno interessando il nostro territorio scuotano finalmente le coscienze di quanti, nonostante le continue sollecitazioni, non hanno fatto altro che rimandare”. Sono le parole di Salvatore Arnesano, segretario generale provinciale della Cgil di Lecce. E il riferimento non è soltanto alla vicenda del batterio che sta colpendo gli ulivi, e delle polemiche politiche che non esita a definire “sterili”, ma anche alle notizie trapelate su di un possibile interramento di rifiuti tossici anche nel sottosuolo salentino.

Quest’ultimo aspetto è emerso ieri, quando sono stati desecrati i verbali risalenti al lontano 1997, riguardanti dichiarazioni fornite dal pentito del clan dei Casalesi, Carmine Schiavone davanti alla Commissione ecomafie. All’epoca parlò di “un affare da 600-700 milioni di lire al mese”. Un business di tale portata da poter generare una conseguenza terrificante, e cioè che “che nel giro di vent'anni morissero tutti”.

Come riporta l’Ansa, il riferimento di quelle parole era per “gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Volturno e così via”. Ma la vicenda tocca anche il Salento dal momento in cui Schiavone, parlando di rifiuti radioattivi, all’epoca spiegò che gli affari sarebbero stati trasversali, coinvolgendo anche mafia, ‘ndrangheta e Sacra corona unita. Al punto tale che non si può escludere a priori che rifiuti altamente pericolosi sino stati interrati in aree di Sicilia, Calabria e Puglia.

“Avevamo creato un sistema di tipo militare, con ragazzi incensurati muniti di regolare porto d'armi che giravano in macchina. Avevamo divise e palette dei carabinieri, della finanza e della polizia. Ognuno aveva un suo reparto prestabilito”, raccontò all’epoca Schiavone. C’è un sospetto, dunque, che anche la Scu possa aver agito come i Casalesi

POCHI ELEMENTI OGGETTIVI, MA NON SI ESCLUDE UN'INCHIESTA 

Ma se Schiavone indica con precisione i comuni campani che avrebbero subito contaminazioni, quando si tratta di parlare di altre regioni, i riferimenti restano vaghi. Un esperto nel settore delle investigazioni ambientali, il maggiore Nicola Candido, comandante dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Lecce, va cauto nelle considerazioni, ma ritiene in qualche modo non inattendibili talune considerazioni. Qualche contatto con la Scu, ancora forte in quegli anni a cavallo fra fine anni ’90 e primi del nuovo millennio, potrebbe esservi stato e con esso anche l’avallo al trasporto e all’interramento di materiale radioattivo.

Il problema resta l’assenza di elementi concreti sui quali iniziare ad agire, con sondaggi. “Salento” è un termine che, a livello d’indicazione non dice molto. Potrebbe essere la provincia di Lecce, come parte di quelle vicine, Brindisi e Taranto. Parte del loro territorio rientra nel Salento inteso sia come entità geografica, sia d’influenza culturale. D'altro canto, senza soffermarsi però più di tanto sulla materia, all'epoca Schiavone fece alcuni nomi di persone che sarebbero state vicine alla malavita salentina, tanto del brindisino, quanto del leccese, e che avrebbero operato con loro. 

Schiavone potrebbe quindi aver parlato per conoscenza più o meno diretta dei traffici dell’epoca, con un certo grado d’attendibilità, ma perché si possa fare oggi piena luce, con un’indagine conoscitiva, occorrerebbero dettagli precisi. Non è però da escludere che la Procura di Lecce possa attivarsi, nei prossimi giorni. tanto più che, se davvero dovessero esservi nel sottosuolo fusti radioattivi, a distanza di tanti anni ovviamente il materiale sarebbe ancora reperibile. Nella speranza, come puntualizza ancora il comandante del Noe, che non si siano rotti, inquinando la falda. 

CGIL: UN SETTORE SEMPRE PIU' IN CRISI

Secondo Arnesano, “non è con l’emergenza che si cura un sistema agroindustriale che arranca, nonostante l’agroalimentare rappresenti il settore più promettente per il rilancio occupazionale ed economico del territorio. Purtroppo le notizie che emergono su più fronti, fanno sprofondare nello sconforto non solo gli addetti ai lavori, ma l’intera società del nostro territorio”.

 “Terra del “contagio”: mi è venuta in mente questa espressione che si è sentita pronunciare negli ultimi anni, ma in senso positivo, nella fase di rinascimento culturale e turistico del Salento. Il contagio a cui pensiamo in queste ore, però, non conduce a nulla di buono. Da una parte, infatti, assistiamo ad attacchi spocchiosi e sterili sulle questioni dell’emergenza fitosanitaria che sta colpendo i nostri uliveti; dall’altra scopriamo l’orrore delle rivelazioni desecretate dalla presidenza della Camera sul business camorrista del traffico di rifiuti tossici nella nostra terra”.

 “Il territorio è un bene pubblico e di tutti e deve essere tutelato, mantenuto e valorizzato come risorsa pubblica di interesse strategico: da qui bisogna partire, non è sufficiente condannare e rimpallare le responsabilità”.

 “Più di un anno addietro – ricorda Arnesano, entrando più nel merito del dibattito sul rilancio del settore -, durante l’iniziativa pubblica in città della festa della Cgil, invitammo e chiedemmo direttamente ai rappresentanti di Confindustria, Provincia di Lecce e Confagricoltura di lavorare con convinzione verso il rilancio dell’agricoltura nel nostro territorio”.

“La programmazione e la concertazione però – aggiunge - sono ferme alle buone intenzioni, come ferma e in attesa ancora di risposta è la richiesta che venga aperto un tavolo con le parti sociali presso la Provincia di Lecce per riprogrammare un nuovo piano triennale agricolo di cui non si parla ormai da anni”.

 “Così come, dopo una prima dimostrazione di apertura, auspichiamo che possa proseguire il percorso sulla valutazione della nostra proposta di rafforzare l’aspetto innovativo in agricoltura e il rapporto tra università e mondo dell’impresa immaginando l’istituzione di una facoltà di Agraria nell’Università del Salento”.

“Occorre dare finalmente voce, in modo programmato e serio e non con interventi emergenziali, alle esigenze degli addetti e del territorio, occorre mettere il lavoro al centro delle politiche di settore, partendo dal territorio e dalle opportunità da esso offerte e non messe a frutto, forse proprio per assenza di organizzazione e troppa sottovalutazione degli effetti economici e occupazionali del settore. Riteniamo necessario che tutte le forze sociali del territorio comprendano che non c’è più tempo da perdere”, conclude.

D'AGATA, IDV: "L'OMICIDIO BASILE PER LE SUE BATTAGLIE?"

L'avvocato ed esponente di Italia dei valori, Francesco D'Agata, intanto rilancia l'idea che l'omicidio del consigliere comunale ugentino Peppino Basile possa essere legato a vicende riguardanti proprio i rifiuti tossici. "Dall’estate del 2008 a oggi forse finalmente la verità è vicina".

La notte tra il 14 e il 15 giugno di due anni fa veniva ucciso Peppino Basile ad Ugento, consigliere comunale e provinciale dell’Italia dei Valori con decine di coltellate. Peppino Basile con le sue denunce e la sua attività politica ha calpestato diversi interessi e per questo è stato assassinato".

Questa la convinzione di D'Agata, che aggiunge: "Ora spunta la pista di un possibile interramento di rifiuti tossici anche nel sottosuolo salentino che il consigliere ugentino aveva denunciato lanciando l’allarme di un vero e proprio business camorrista del traffico ed interramento di rifiuti tossici nella nostra terra. Così come abbiamo sempre sostenuto, per il grande rispetto che abbiamo nei confronti della magistratura e degli organi inquirenti, ci limitiamo a chiedere ancora una volta ed ora più che mai: verità e giustizia per Peppino Basile".

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