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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia

“Senza rinnovo del contratto il Paese si blocca”: metalmeccanici all’attacco

I sindacati manifestano presso la sede di Confindustria per mettere fine al braccio di ferro con Federmeccanica: “La capacità di spesa dei lavoratori va sostenuta”

LECCE – Metalmeccanici in protesta a Lecce, come nel resto d’Italia. Nel capoluogo salentino la sede scelta per la manifestazione unitaria di Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil è stata quella di Confindustria. Così questa mattina un centinaio di operai, con alla testa i segretari confederali Maurizio Longo, Annarita Morea e Piero Fioretti, si è unito al coro nazionale che reclama il “sacrosanto” diritto al rinnovo del contratto nazionale di categoria: una misura necessaria per tutto il Paese ma indispensabile nel Salento.

Il tavolo negoziale con Federmeccanica si è arenato quasi nove mesi addietro, ma i sindacalisti non mollano la presa e insistono sull’opportunità di ottenere questo risultato: “Il rinnovo è utile a garantire il potere d’acquisto del salario per tutti i metalmeccanici, per estendere la contrattazione di secondo livello su tutti gli aspetti che compongono la prestazione lavorativa e per qualificare le relazioni industriali su un moderno sistema partecipativo, in modo da far ripartire gli investimenti e rilanciare una vera politica industriale – spiegano i segretari - . Ma è indispensabile anche per migliorare l’organizzazione del lavoro e tutelare le condizioni, per introdurre nuovi diritti di formazione, welfare, partecipazione e valorizzazione delle professionalità all’interno di un nuovo sistema di inquadramento professionale nei metalmeccanici fermo al 1973”.

Particolarmente complesso è lo scenario delle aziende metalmeccaniche salentine: la desertificazione industriale, che avanza a grandi passi da un decennio, ha condannato a morte miriadi di piccole imprese. Anna Rita Morea conta 700 posti di lavoro andati in fumo, cui se ne aggiungono altri 300 nel solo indotto.

“Dal 2008 la maggior parte degli operai tira avanti grazie agli ammortizzatori sociali, alla cassa integrazione, ai contratti di solidarietà – denuncia l’esponente Fiom -: in alcuni casi, come nell’azienda Alcar, i lavoratori hanno anche accettato di ridursi lo stipendio pur di sostenere la produzione. La situazione è evidentemente drammatica”. I sindacati hanno lavorato su due piattaforme distinte per richiedere un aumento salariale che mediamente supera le 170 euro mensili. Federmeccanica ha risposto picche: “La federazione ha calcolato l’aumento sulla base del tasso d’inflazione, sostenendo che questo non spetti alla maggior parte degli operai ma soltanto a quel 5 percento di loro che non ha accesso ai superminimi ed agli aumenti di merito”.

Nei giorni scorsi i tre sindacati di categoria hanno inviato una lettera ai parlamentari salentini chiedendo di fissare un incontro per illustrare loro le criticità del settore: “Per superare le problematiche – spiegano – bisogna partire dalla vertenza aperta da oltre 7 mesi con Federmeccanica per costruire un rinnovo che riguarda oltre 1 milione e 600 mila lavoratori impiegati nei vari settori industriali e dell’installazione di impianti. Ben 15 incontri di trattativa non hanno, fino ad ora, permesso di sbloccare una situazione che vede Federmeccanica ancora ferma su una proposta avanzata lo scorso 22 dicembre 2015”.

Quella proposta è stata considerata “irricevibile” perché esclude la maggior parte degli operai non solo dagli aumenti salariali (aumentando invece gli orari di lavoro) ma anche perché  contrappone il contratto nazionale alla contrattazione svolta in azienda, mettendo così in discussione il sistema contrattuale italiano, fondato su i due livelli  nazionale e aziendale - territoriale.

“Tale proposta – puntualizzano i segretari-  non apre nessuno spazio alla contrattazione decentrata e amplia solo la possibilità di erogare quote di salario unilaterale e discrezionale. Il nostro Paese ha i salari più bassi d’Europa e una scarsa incidenza del salario nel costo del lavoro per unità di prodotto. Ciò a significare che la scarsa competitività risiede negli scarsi investimenti e in nodi strutturali di sistema”.

Le posizioni assunte da Federmeccanica sarebbero dunque troppo “rigide” rispetto alle necessità espresse dalla società, come spiega il segretario Uilm, Piero Fioretti: “Il rinnovo incide sul benessere del Paese: è ora di capire che è necessario sostenere la capacità di spesa delle famiglie e liberare risorse da mettere in circolo, se si vuole davvero uscire da questa condizione di crisi drammatica”.

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