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Economia

Pensioni da fame e diritti a rischio: Spi Cgil non si arrende alla riforma

Il direttivo provinciale del sindacato si è riunito oggi per fare il punto delle novità della riforma. Tra allungamento dell’età pensionabile e poche tutele per la categorie deboli, c’è ancora da lavorare. A maggio nuovi scioperi

 

LECCE - Un futuro pensionistico? I giovani precari se lo possono sognare, o quasi. Dopo l’aggancio dell’età pensionabile all’allungamento dell’ aspettativa di vita ed i supercalcoli pensionistici da premi nobel - introdotti nella riforma del mercato del lavoro – a chi ha lavorato in modo atipico e discontinuo, resteranno giusto le briciole.

Lo Spi Cgil di Lecce lo ha spiegato oggi senza mezzi termini, seppure con grande precisione, sollevando un problema non nuovo, ma rimandato nel tempo dalle nuove generazioni. L’assemblea del sindacato era destinata a fornire spiegazioni a chi è arrivato ad un passo dalla pensione, ma si è visto cambiare le regole in corsa a partire dal 1° gennaio del nuovo anno.

Le soluzioni previste dall’esecutivo Monti – spiegano i sindacalisti – di nuovo hanno ben poco: ricalcano le orme del predecessore Berlusconi, accelerando i tempi. “Bisognava far cassa prelevando a piene mani dalle casse dell’Inps e quant’altro”, denuncia la Cgil che prospettava di saldare il debito nazionale, battendo il chiodo sulla patrimoniale.

Ninì De Prezzo di Spi Cgil Lecce, Antonio Pellegrino del dipartimento fisco e previdenza Spi nazionale ed Ivan Pedretti, segretario nazionale Spi, tuttavia non bocciano in toto la riforma: salvano giusto quelle modifiche positive, aggiunte in calcio d’angolo, sul reintegro in seguito al licenziamento per motivi economici, l’onere della prova che spetta all’azienda e il ruolo di conciliazione affidato al sindacato. Ma il bilancio complessivo del disegno di legge è “pesante perché privo di misure per incentivare la crescita economica e la creazione di nuovi posti di lavoro, con un vistoso passo indietro sui temi della precarietà e nessuna disciplina sui lavori discontinui”.

L’età pensionabile è più alta; bloccati per due anni gli aumenti per le pensioni sopra i 1.405 euro lordi mensili; no alla pensione anticipata, prima dei 62 anni, dopo 42 anni e 1 mese di contributi (uomini) e 41 anni e 1 mese (donne).

I grandi penalizzati sarebbero, neanche a dirlo, le fasce più deboli: dalle donne poco e male impiegate, ai giovani fino a cosiddetti “esodati”, quei lavoratori, cioè, che hanno accettato la mobilità lunga in vista della pensione. In contemporanea con l’assemblea odierna, la segreteria nazionale del sindacato, insieme a Cisl e Uil era impegnata a Roma per una manifestazione a sostegno di quei lavoratori “cui hanno scippato la pensione sotto al naso”.

Per il sindacato pensionati della Cgil, i giochi non sono ancora chiusi: “Il sistema pensionistico deve essere garantito a tutti in modo più equo. A partite da una nuova perequazione, non più limitata al solo andamento dei prezzi ma indicizzando al Pil nominale, la quota di pensione del trattamento minimo. Così come occorre conservare le percentuali dei versamenti della previdenza integrativa, non sottraendo risorse all’Inps e salvaguardando il sistema pubblico”.

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