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Economia

Niente agricoltura bucolica, solo professionisti del settore. Petizione per Agraria

Cresce l'entusiasmo intorno al progetto di istituire un corso di laurea connesso con gli sbocchi professionali. Petizione a firma del regista Winspeare e Perrone dell'esecutivo Claai. "Le imprese hanno bisogno di giovani menti adeguatamente formate". Sostegno dal rettore Zara

LECCE – Con i tempi che corrono, lo sguardo più lungimirante è rivolto alla vocazione economica del territorio. Così si rispolvera l’intuizione di istituire una facoltà di Agraria presso l’ateneo salentino, utile a rinsaldare il legame tra formazione universitaria e sbocchi professionali. L’entusiasmo, che ha contagiato sia le associazioni degli studenti che i presidi degli istituti tecnici con indirizzo agrario, rende l’idea sempre più concreta. A sostegno del progetto spunta anche una petizione i cui primi firmatari sono il noto regista Edoardo Winspeare e Luigi Pedone, componente dell’esecutivo della Claai Puglia.

Il testo della petizione, in premessa, ricorda come più volte sia stata richiesta alle istituzioni la creazione della facoltà di Agraria. Se il progetto è rimasto incompiuto, ciò è legato ad alcune ragioni: “Vuoi perché l’agricoltura salentina è caratterizzata da tanta arretratezza, dal frazionamento delle aziende, dal non orientamento al mercato dei suoi prodotti; vuoi perché dai campi si scappava perché quella che lì si svolgeva non era vita civile, degna di essere vissuta. Tant’è che il cafone ed il villano sono stati sempre collocati nell’ultimo gradino della scala sociale”.

“Ma c’è una ragione - si legge nella petizione - che racchiude tutte le altre: la rendita agraria ha impedito ogni vera trasformazione dei rapporti di produzione, trasformando solo se stessa in rendita edilizia speculativa e, successivamente, in rendita finanziaria. A cavallo dei due secoli trascorsi,  solo poche eccezioni di produttori illuminati, quali ad esempio il “Colosso” di Ugento,  seppero apportare nelle loro proprietà fondiarie profonde innovazioni, mentre tutto il resto dell’agricoltura salentina, polverizzata e con contratti di conduzione arcaici, rimaneva come si era caratterizzata dal Medio Evo ai primi anni dopo la seconda guerra mondiale”.

La ricostruzione storica prosegue: “In seguito ai fenomeni migratori, nei campi dell’area Jonico-salentina, rimanevano solo le braccia delle donne e dei vecchi braccianti, coloni, mezzadri e piccoli fittavoli che venivano impiegate in fatiche immani, in un’agricoltura di sussistenza che non poteva generare né sviluppo né occupazione, tanto meno nuova civiltà. E, allora, come si poteva richiedere ai giovani di rimanere in quella situazione di fame?”.

“Gli sforzi dei salentini più ‘aperti’ sono stati vanificati da una mentalità di un contesto non proteso all’innovazione, da un sistema del credito che non aiutava quelle poche imprese che volevano spiccare il volo. Tutto sembrava immutabile”.

I primi cambiamenti – si legge ancora - sono avvenuti mediante la riscoperta e l’affermarsi del gusto e dei piaceri di un tempo sulle tavole: cambiamenti che ora possono essere presi a modello da leve più giovani, muniti delle conoscenze tecnico-colturali minime, per condurre un’azienda competitiva quale quella richiesta dal nuovo secolo del Terzo Millennio. Questo è avvenuto nel comparto della vinicoltura e, in minima parte, dell’olivicoltura dove tanto ancora rimane da fare. A cominciare dall’arresto di quella funesta minaccia incipiente che potrebbe compromettere non solo la produzione ma anche un intero paesaggio e la sua cultura, caratterizzata da un modo di produrre arretrato e lontano dai quei parametri che si vorrebbe conseguire”.

I firmatari del testo sottolineano, però, come non sia auspicabile il ritorno ad un’agricoltura bucolica: “Vi è urgente bisogno di affermare una nuova concezione del comparto primario, ragionando in un’ottica di filiera. Innovata e fortemente integrata e orientata al mercato; un settore capace di recuperare tutto quel surplus che fino ad ora si è perso; una filiera che sappia essere anche tutela del paesaggio e dei suoi valori più autentici, ma non arcaici”.

La ragione principale per cui sarebbe utile attivare il corso di laurea, dunque, risiede nella necessità delle imprese agricole di avvalersi dell’innesto di giovani leve: “Un corso di laurea per i tecnici della filiera agricola-enogastromico-turistica salentina. Insomma, stiamo parlando della formazione di tecnici ed esperti di eccellenza, capaci di recuperare il gap e scandire la differenza”.

La dichiarazione di sostegno fatta dal rettore Vincenzo Zara è un utile incoraggiamento: “Spetta ora al territorio, alle sue banche, alle grandi imprese quali ad esempio Enel, Ferrovie, Sanofi  e via dicendo, alla Regione, alle associazioni imprenditoriali, mettere le mani in tasca e garantire quelle risorse finanziarie senza le quali questo nostro progetto resterebbe solo sulla carta”.

Più cauta è la posizione espressa dal gruppo studentesco Link di Lecce che ricorda come, presso l’università del Salento, siano attivi numerosi laboratori e progetti di ricerca che interessano il settore agrario: “Il nostro ateneo forma già dei laureati che possono lavorare nel campo agrario, come i biotecnologi, che possono accedere all’albo degli agrotecnici e i biologi che possono orientare il proprio percorso accademico scegliendo il curriculum agroalimentare”. 

Link, pertanto, ritiene che sebbene l’istituzione della facoltà di Agraria possa risultare positiva per gli studenti, bisognerebbe avviare un progetto a più fasi, partendo dall’istituzione e dal finanziamento di centri di ricerca che riescano ad integrare la ricerca che avviene nei laboratori con il mondo delle imprese in tale settore. “Chiediamo maggiori investimenti in innovazione e strutture - dichiara Matteo Calcagnile, Senatore Accademico di Link Lecce - che permettano di migliorare le politiche di trasferimento tecnologico e di ingresso nel mondo del lavoro, attraverso la riorganizzazione dei corsi già esistenti, coniugandoli alle esigenze del territorio”. E questo in totale controtendenza rispetto alle politiche nazionali che tendono a tagliare i finanziamenti agli atenei, “rendendo di fatto impossibile l’ampliamento dell’offerta formativa”.

Favorevole all’idea anche il presidente del gruppo regionale Udc, Salvatore Negro, che ha parlato di un “progetto affascinante” che richiede uno sforzo corale di tutte le forze politiche. “Un corso di laurea in Agraria può portare ad uno sviluppo del comparto agricolo e di conseguenza ad una maggiore attenzione per la tutela e la valorizzazione del territorio e del paesaggio – ha aggiunto - e può offrire importanti occasioni occupazionali in sintonia con l’altra vocazione naturale del Salento che è rappresentata dal turismo”.

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