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Giovedì, 28 Marzo 2024
Economia

Dentro il summit, fuori la rabbia. Finisce con un coro: “ladri”

Il tavolo per il lavoro convocato in prefettura con tutta la deputazione salentina, teatro di una nuova protesta. La promessa di una pressione politica per il finanziamento della cassa in deroga lascia scettici i manifestanti

LECCE - Corrono i tempi in cui si è raschiato il fondo del barile. I tempi in cui le aziende si arrampicano sugli specchi per corrispondere gli stipendi, in cui centinaia di persone scendono per strada a reclamare il diritto di arrivare a fine mese. Sono questi i giorni degli ammortizzatori sociali in scadenza, i giorni in cui la deputazione salentina è chiamata a correre ai ripari bussando alle porte dei ministeri competenti per allentare i cordoni della borsa, rimpinguare le risorse per le richieste di cassa integrazione in esaurimento. In provincia di Lecce l’emergenza economica ha un nome preciso: si chiama cassa in deroga regionale.

A metà ottobre già mancavano i fondi per l’erogazione da parte dell’Inps: 110 milioni di euro extra, che il 22 novembre la Regione Puglia cercherà di farsi elargire in toto dalle casse governative. Inutile fare previsioni azzardate: l’incertezza sulla copertura fino alla fine dell’anno (per non parlare di tutto il 2013) esisteva ben prima del tavolo prefettizio - convocato per oggi - per fare il punto sull’emergenza ammortizzatori sociali, lavoro e occupazione del territorio.

Ma il risultato di quest’incontro che ha visto la partecipazione di tutti i parlamentari salentini (pochi gli assenti), dei sindacati, degli amministratori locali, Regione, Provincia, Comune di Lecce, di Camera di Commercio e Confindustria Lecce è andato nella direzione sperata: comunione d’intenti sulla pressione che verrà esercitata a livello parlamentare affinché la Puglia riceva una consistente fetta nella spartizione delle risorse pubbliche.

E fin qui tutto facile: la battaglia congiunta sulle istituzioni si gioca sui numeri che sposteranno, solo di qualche mese, le lancette della bomba sociale già sul punto di esplodere. Ammesso, e non concesso, che il braccio di ferro con i ministri al ramo si concluda con la copertura di ulteriori proroghe per il nuovo anno.

La nota dolente è nella prospettiva occupazionale dell’immediato futuro. Quella, per intenderci, che rappresenta lo spartiacque nella vita di centinaia di famiglie salentine a rischio disoccupazione. Cassa integrati e non. Per ascoltare le “soluzioni concrete per il rilancio economico – industriale”, che hanno caricato d’attesa la vigilia del summit, sono arrivati in centinaia sotto la prefettura di Lecce.

Delegazioni dei lavoratori in rappresentanza di tutte le principali vertenze senza soluzione. Con i soliti striscioni appesi ai margini della strada, la pazienza che si è logorata vertice dopo vertice, accordo dopo accordo. Promessa dopo promessa.

Mentre all’interno della sala l’incontro fiume sciorinava i dettagli (ben noti) della falla economica che sta ingoiando il Salento – dai 40 milioni di euro dell’accordo di programma per il rilancio del Tac, di cui non si ha notizia, fino ai vincoli del patto di stabilità che frena gli investimenti; dai mea culpa sulle infrastrutture cantierizzate con tragico ritardo, fino allo “stringi stringi” sul rilancio del turismo e delle eccellenze artigianali – per strada i lavoratori scalpitavano.

Il primo clacson di automobile in coda avvisava le istituzioni che non sarebbe stato il caso di concludere i lavori prima di aver calato il doppio asso dei soldi e dell’occupazione di almeno una parte delle maestranze licenziate. Lo avevano detto i sindacalisti, con un’autentica preoccupazione dipinta sul volto: attenzione ai rischi per l’ordine pubblico. “I lavoratori li tratteniamo a stento”. E via con il primo blocco stradale, il coro dei clacson, la rabbia che esplode incontenibile.

Il finale del summit, con il bagno di folla scelto dalla sola parlamentare del Pd, Teresa Bellanova, è un piccolo spaccato di film neorealista: a lei il compito di spiegare i due risultati raggiunti dal vertice fiume. Una lettera unanimemente firmata da tutti i colleghi parlamentari, indirizzata ai ministri di Lavoro e dello Sviluppo Economico e un secondo aggiornamento, per il 29 novembre, che dovrebbe inaugurare l’apertura di tavoli tecnici, dedicati ad ogni settore economico, in una prospettiva di rilancio generale. Parla con franchezza Bellanova.

La folla reagisce in modo prevedibile: vorrebbe barattare il proprio stipendio da fame (peraltro non erogato) con gli emolumenti di un parlamentare medio. “Chiacchiere”, ribattono i manifestanti di fronte ad ogni tentativo di apertura. Non sentono ragioni: “Ci state solo prendendo in giro. Già lo sapevate che mancavano i fondi per la cassa integrazione”. Finisce con una lacrima sul viso della malcapitata Bellanova che sembra non reggere la pressione di una responsabilità politica del disastro economico, vissuta in differita. Chi se la prende con un ingranaggio del sistema, perché ha finito i santi a cui votarsi, batte in ritirata fino alla prossima manifestazione.

Le foto del vertice e del presidio dei lavoratori

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