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Il 1991, un anno speciale per la musica rock: "Nevermind il disco simbolo"

Intervista a Donato Zoppo che per tre martedì di seguito, al Caffè Letterario di Lecce, curerà un ciclo di incontri: nel primo il ruolo di Seattle come "fucina creativa", poi i gruppi degli anni '80 e l'indie

LECCE - Martedì prossimo, presso il Caffè Letterario, a Lecce, è in programma il primo di un ciclo di incontri a cura di Donato Zoppo, giornalista e conduttore radiofonico, autore di diversi libri di genere musicale. Per la rassegna "Aperitivo distorto" il primo appuntamento è "Nevermind: rock e dintorni nel 1991 a trent'anni dalla fine di un'epoca". In questa intervista abbiamo cercato di approfondire alcuni dei temi che saranno affrontati. 

Perché un ciclo di incontri proprio sul 1991?

"È un anno importante per la storia del rock e più in generale della discografia. Pensa che nel 1991, esattamente trent'anni fa, nei negozi apparivano i dischi di nomi come Nirvana, Pearl Jam, Metallica, Red Hot Chili Peppers, U2, REM, ma anche Primal Scream, Slint, Talk Talk e tantissimi altri, tutti con lavori che faranno storia. Si tratta dunque di un'annata formidabile, forse l'ultimo grande anno per il rock".

Non si diceva che il rock era morto?

"Sì, era uno dei temi più dibattuti. Pensa al saggio del sociologo della musica Simon Frith Il rock è finito, arrivato in Italia alla fine del 1990: era inevitabile, per la cultura rock che si era sviluppata e affermata in profonda simbiosi con la politica e la controcultura degli anni '60, terminare la propria parabola. Tuttavia come spesso avvenuto quando si canta il de profundis del rock, accade qualcosa che rimescola le carte. Il 1991 ad esempio è uno di questi casi. Credo che dopo, con la possibile eccezione di un anno altrettanto consistente come il 1997, non ci siano stati più momenti così rilevanti per la popular music".

Il 1991 riporta inevitabilmente alla mente i Nirvana di Nevermind, che non a caso è il titolo di questo progetto.

"Credo che Nevermind sia il disco-simbolo del 1991, ma sarebbe ingeneroso assegnare solo a Kurt Cobain questo merito. Come anticipato, non c'erano solo i Nirvana, l'intera Seattle era una fucina creativa come poche altre città al mondo, ebbe la forza di ribadire l'importanza delle cosiddette "scene", come era stata Liverpool al tempo del Mersey Beat, o Londra e San Francisco a metà anni '60, o Berlino negli anni successivi. Si parla ancora oggi di grunge, che era ed è un termine di comodo nel quale confluivano esperienze molto diverse: ci sono i Nirvana ma anche i Pearl Jam, connessi direttamente con la grande esperienza del rock classico di Led Zeppelin, Neil Young e Who; oppure i Soundgarden del compianto Chris Cornell, ma anche i grandi iniziatori Mudhoney, o quella emozionante e breve incarnazione dei Temple Of The Dog. Sarà anche l'occasione per ricordare il ruolo dell'etichetta Sub Pop e il rapporto tra il mondo indipendente e le major che osservavano questa emersione dal basso fino ad appropriarsene".

A proposito di indipendenza, ci sarà un incontro proprio sull'indie rock.

"Martedì 16 novembre si parte per l'appunto con Seattle, martedì 23 approfondirò i gruppi provenienti dagli anni '80 che nel 1991 sfornarono grandi cose, martedì 30 ci sarà l'appuntamento dedicato a indie e alternative rock. Anche indie è una dicitura convenzionale, è precisa nell'indicare il concetto della indipendenza artistica e produttiva rispetto alla grande industria discografica - la Sub Pop citata prima, ad esempio, è un esempio di scuola di indie label, di etichetta indipendente (benchè oggi il 49% sia di proprietà Warner) - ma vaga nell'essere diventata una sorta di calderone onnicomprensivo. Il mondo indie al quale farò riferimento è quello che proviene dagli anni '80 americani e inglesi, dall'esperienza dei Fugazi come dei Primal Scream, dei Meat Puppets come - da prendere con le molle - degli Ozric Tentacles. Gruppi autenticamente indipendenti in un contesto storico diverso da quello attuale, in cui l'accezione indie è ben differente. All'epoca si parlava anche e soprattutto di rock alternativo, che spesso è stato usato come sinonimo di indie, e nel 1991 tale fenomeno esplode: basta citare Red Hot Chili Peppers, My Bloody Valentine, Primus e Mercury Rev - nomi diversissimi, persino fuorvianti messi insieme, ma utili per capire la ricchezza di quell'anno".

Come agivano nel 1991 i gruppi provenienti invece dagli anni '80? Fu ad esempio l'anno d’oro di REM e U2.

"Fu anche l’anno del capolavoro dei Talk Talk Laughing Stock, del ritorno dei Japan col nome Rain Tree Crow, e poi Tuxedomoon, Morrissey, Simple Minds, Julian Cope etc. Era inevitabile che i protagonisti degli anni '80, ancora in attività, fornissero il loro punto di vista autorevole all'alba degli anni '90, e molti di loro lo fecero con lavori clamorosi anche dal punto di vista del risultati commerciali. Credo che l'esempio di U2 e REM - simbolicamente rappresentavano due modi di fare musica diversi ma a loro modo complementari negli anni '80 - sia evidente: Achtung Baby è probabilmente il vero capolavoro degli irlandesi, complice la presenza di Brian Eno e la location berlinese, Out Of Time è la consacrazione di Michael Stipe e compagni, dopo anni di atività da college band. Ci tengo a citare anche i Talk Talk, un'esperienza straordinaria che nel 1991 arriva all'album Laughing Stock: un disco magico, ancora oggi citatissimo e studiato, e dotato di un'influenza davvero potente. Se si parla di post-rock, di uno scenario da "dopo rock", lo si deve a loro, trent'anni fa".

Hai scritto libri su Beatles, Lucio Battisti, Genesis, insomma grandi nomi degli anni '60 e '70. Cosa ti appassiona del 1991?

"Intanto mi preme dire che c'ero... Vedere in attività in tempo reale i Nirvana, ma anche i Metallica del Black Album, o i My Bloody Valentine di Loveless, i Massive Attack di Blue Lines, i Voivod di Angel Rat - tanto per fare alcuni nomi - fu davvero significativo, ma è altrettanto importante attendere un minimo di storicizzazione. Trent'anni dopo posso dire che quello fu un anno davvero rivoluzionario, in cui si congiunsero lunghi percorsi provenienti da lontano con la voglia di novità, anche politica e sociale. Racconterò una parte di quell'annata utilizzando i video, che sono il documento storico migliore per capire cosa accadeva, con quali linguaggi, con quali scelte estetiche e comunicative".

A Lecce ormai sei di casa...

"Beh sì, la mia compagna è leccese, faccio ancora il pendolare tra Campania e Puglia ma mi sono innamorato definitivamente della vostra città. Io provengo dall'entroterra campano, sono un uomo di provincia anche per parte materna, visto che per metà sono piemontese dell'Alto Monferrato. Lecce dunque mi sta più che bene perchè è una città grande ma non troppo, defilata ma non troppo isolata, vivace senza essere caotica. Sfrondando la riflessione da qualsiasi forma di retorica sul Salento, sul Sud e cose del genere, direi che è una città assai vivibile, a misura d'uomo, ma con la peculiarità di una dimensione artistica e culturale che la tiene aggiornata e la rende competitiva".

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