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"Le notti dell'Es", rassegna di cinema e psicoanalisi ad Arnesano

Tutti i giovedì di luglio alle 20 presso associazione “Ritorno alla Terra”, breve rassegna di cinema sulle cause inconsce del reale per discutere assieme sulle cause profonde dell'essere. Il progetto di film, dialoghi e convivialità estiva si propone di svelare il potere sovrano che alberga in ciascuno di noi, per riscoprirci più forti e capaci di essere liberi tra il sogno, la visione, la cultura

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di LeccePrima

ARNESANO - Tutti i giovedì di luglio alle 20 sarà possibile seguire una breve rassegna di cinema sulle cause inconsce del reale secondo il connubio Arte e Psicoanalisi per discutere assieme sulle cause profonde dell'essere. Il luogo della proiezione è l’Associazione “Ritorno alla Terra”, parco delle cave di Arnezano, via Madonna di Montevergine 4, Arnesano (Le) per iniziativa di Fronte del Dissenso – Resistenza Costituzionale Salento – Ritorno alla Terra. Mai capiremo abbastanza l’intima connessione tra l’energia che emana dai nostri corpi, e che si materializza in fatti concreti dell’esistenza, e la percezione dell’IO che noi chiamiamo Coscienza. I fatti sono gli effetti degli affetti. Ovvero, nessuna casualità si sottrae alle leggi della causalità dell’essere! Dall’eS al Sé.

Dalla forza universale dell’inconscio alla commedia umana nelle sue molteplici forme retoriche del reale. L’onirica bellezza delle notti di estate ci avvicina alla comprensione delle dinamiche affettive dell’Es. Estate e cinema sono un connubio ideale per condividere insieme un percorso di consapevolezza. La nuova frontiera è dentro di noi; non appartiene ai programmi di manipolazione che vengono imposti dall’arroganza transumana del potere. In realtà, noi non subiamo la colonizzazione delle forze oppressive della politica e del destino più di quanto non siamo noi stessi a produrle. La breve rassegna di film, dialoghi e convivialità estiva si propone di svelare il potere sovrano che alberga in ciascuno di noi. Troviamoci nella splendida cornice delle cave di Arnesano per riscoprirci più forti e capaci di essere liberi tra il sogno, la visione e la sangria. Scommettiamo sulla cultura per in-sorgere insieme e in allegria! PROGRAMMA Giovedì, 7 luglio h. 20 M. Wilcox, Il Pianeta proibito (Forbidden Planet), 1956, 98m.

L’idea originaria risente un po’ di Shakespeare, un po’ di Stevenson e un poco, se il riferimento non sembri eccessivo, di Platone. Come Prospero ne «La tempesta» di Shakespeare, il dottor Edward Morbius (magistralmente interpretato da Walter Pidgeon), che vive sul pianeta Altair IV, tutto solo, con la bella e giovane figlia Altaira (Anne Francis), sembra aver dominato la natura e aver posto ogni cosa sotto il suo magico potere; ma, come il dottor Jekyll di Stevenson, egli deve fare i conti con il proprio lato oscuro, con i propri istinti sfrenati, che lentamente prendono il sopravvento su di lui e lo trascinano sotto l’imperio di un feroce egoismo, primitivo e incontrollabile. Allo stesso modo cosa può accadere ad una civiltà di individui che hanno raggiunto il culmine del sapere tecnico se non hanno risolto gli istinti più profondi della loro distruttività? I mostri dell’inconscio prendono il sopravvento sul reale a partire, inopinatamente, proprio dalla possessività morbose di controllo sui figli e sul cambio di generazione.

Giovedì, 14 luglio h. 20 Narciso Ibáñez Serrador, Ma come si può uccidere un bambino? (¿Quién puede matar a un niño?), 1976, 1h 51m. Provocatorio e disturbante horror portatore di una visione glacialmente pessimista dell'umanità, “Ma come si può uccidere un bambino?” è l'adattamento del romanzo “El juego de los niños” pubblicato da Juan José Plans nel 1976. Le immagini iniziali, feroci e crude testimonianze di reali violenze perpetrate a danni dei più piccoli nel corso di diversi conflitti, sono un grigio preludio a un grottesco ribaltamento delle prospettive: bambini e ragazzini sorridenti, esteriore emblema dell'innocenza e della purezza, trasformati in brutali carnefici da un'inspiegabile psicosi collettiva, che li spinge a massacrare quasi per gioco gli adulti e a eseguire una simbolica condanna a morte per le innumerevoli atrocità commesse nei loro confronti nel corso della storia. Un'atmosfera di palpabile e sospesa tensione, felicemente giocata sulla contrapposizione tra la violenza raffigurata e lo sfondo pigro, indolente e abbacinato dal sole di un'isola mediterranea, soffocata dal caldo nel suo isolamento irreale e teatro di un orrore sconosciuto al resto del mondo.

Pellicola coraggiosa, capace di sequenze di cinica violenza quasi a voler rispondere alla domanda insita nello stesso titolo, “Ma come si può uccidere un bambino?” è un esempio di cinema fortemente indipendente dal punto di vista delle tematiche e della anarchica libertà della loro rappresentazione. Per una volta pare che siano gli adulti “innocenti” a finire nel ruolo di capri espiatori; anziché assistere, insensibili, alla consueta rappresentazione del figlicidio rituale, icona della teocrazia imperante. Solo invertendo le parti sembra che risulti eclatante l’orrore di una totale mancanza di rispetto umano nelle relazioni affettive famigliari su cui si fonda la morale religiosa. Giovedì, 21 luglio h. 20 Yorgos Lanthimos, Dogtooth, Dente di cane (Kynodontas), 2009, 94m. Humor nero e situazioni assurde in un clima di incesto famigliare, una suggestiva allegoria dell’educazione rigida delle dittature.

Da qualche parte sotto l'Acropoli e dietro il muro alto di una villa, vive una famiglia 'autarchica'. Il padre, in comunione con una moglie apparentemente sottomessa (in realtà vera ispiratrice del clima di incesto famigliare), ha deciso di crescere i propri figli al riparo dal mondo. Soltanto lui ha il diritto di superare i confini del giardino e il dovere di mantenere la famiglia. Tutte le menzogne passano per lui, anche la collera, fino lo scacco. Figlie e figlio restano a casa a imparare una vita che non ha nessuna corrispondenza col reale. A covare il nido una madre che li alleva nel culto della performance, evocando, per trattenerli dentro, una minaccia esterna. L'educazione passa per l'apprendimento di parole che hanno perso il loro referente, quella sessuale per un'impiegata della fabbrica dove il padre è dirigente. Assunta per soddisfare i piaceri del figlio maschio, Christina è l'enigmatico ospite che porterà scompiglio nella 'tradizione' (taxidrivers.it). Yorgos Lanthimos firma un'allegoria della manipolazione mentale, meglio, dell'educazione rigida delle dittature, dei totalitarismi, provando a smontarli e a mostrarne il meccanismo. Fortemente condizionata, la famiglia (ovvero il popolo) si lascia sottomettere non conoscendo altra realtà, nessuna sfumatura tra bene e male, moralità e immoralità. Il quotidiano imposto è il solo quotidiano, i protagonisti non ne escono mai, non sono mai pronti… a meno di non compiere un gesto estremo.

Giovedì, 28 luglio h. 20 Rolf De Heer, Bad Boy Bubby, Australia, 1993, 100m. Bubby è un uomo neppure quarantenne che vive segregato in una casa fatiscente fin dalla nascita: la madre, un personaggio oppressivo e squilibrato, lo ha convinto che l’aria del mondo esterno è avvelenata. Tra i due intercorre un rapporto incestuoso, uno sfogo che rappresenta solo una minima parte delle perversioni che dimorano nella mente del protagonista, costretto a cibarsi di pochi alimenti (pane, latte e zucchero) e capace di prendersela con il povero gatto che vive tra quelle mura (in una scena crudele che resta bene impressa). L’improvviso ritorno del padre fa scattare una molla nella testa di Bubby, così una volta uccisi i genitori, per lui inizia una seconda vita, la dura conquista della libertà. La pellicola è divisa in due parti ben distinte: un primo segmento completamente ambientato nel degrado, trenta minuti circa nei quali c’è poco da scherzare, sia per il clima opprimente che si respira in quella casa che per le situazioni generate dal rapporto tra l’uomo e la madre, a dir poco dolorose e stranianti.

Dal momento in cui Bubby esce allo scoperto, un misto di ironia e tenerezza si impossessa del film, soprattutto perché egli è incapace di comunicare e di interagire con gli altri esseri umani. L’opera ha un significato metaforico ben preciso: il passaggio dalla reclusione alla vita esterna è il mito della caverna di Platone, ovvero la scoperta della realtà delle cose che ci circondano, incluso il linguaggio che per Bubby è un processo che si innesca una volta a contatto con la quotidianità. Inoltre il regista riesce a infondere un forte connotato anticlericale al film, poiché i genitori dell’uomo vengono ritratti come ferventi credenti (la madre maltratta il figlio in nome di Gesù), una condizione di miseria morale generata quindi dalla religione. Senza dimenticare i dialoghi taglienti (“there is no God. There can be no God. It’s ridiculous to think in terms of a superior being. An inferior being, maybe, because we, we who don’t even exist, we arrange our lives with more order and harmony than God ever arranged the earth”), tutte prerogative che rendono “Bad Boy Bubby” un lungometraggio veramente originale e intelligente, un dramma controverso che fa riflettere e fa sorridere, anche in modo amaro.

Giovedì, 4 agosto h. 20. Dennis Hopper, Easy Rider - Libertà e paura, USA, 1969, 94 m. Quintessenza del road movie e sintesi della cultura hippy, un viaggio nella decadenza dell’American Dream, nei nuovi sogni ribelli, tra donne, sesso, motociclette, stupefacenti e ottima musica rock. Poi c'è anche una sottile trama con una morale, che trova la sua perfetta sintesi alla fine del film. E lascia un terribile amaro in bocca. Indie fino al midollo, costò due lire e incassò milioni diventando il film-bandiera di un'intera generazione (ilcinemaritrovato.it). Una perla di insuperata saggezza il monologo di Jack Nicholson (George Hanson), che prelude al finale tragico del film, in cui si svela l’intima connessione tra libertà, paura e violenza come istinti profondi che albergano nell’autodistruttività della natura degli individui umani non emancipati. Condurrà l’analisi e la discussione Sergio Martella Psicologo Psicoterapeuta, specializzato in Ipnosi e in Psiconcologia; già docente di Psicologia Clinica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Padova, già ricercatore presso la Divisione di Oncologia Medica di Padova. Autore di pubblicazioni scientifiche in ambito sanitario e sociale e di saggi di psicologia analitica. Tra i suoi saggi: “Pinocchio eroe anticristiano. Il codice della nascita nei processi di liberazione. Edizioni Sapere, Padova, 2000; Il furore di Nietzsche. La nascita dell’eroe e della differenza sessuale. CLEUP Edizioni, Padova, 2005. Info su https://www.arte-e-psiche.com. Numerosi anche gli interventi di divulgazione culturale pubblicati online. Attualmente svolge attività clinica a Lecce ed a Padova. Comunicazione a cura di Michela Maffei, giornalista

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