Elisabetta Liguori al Convitto Palmieri
Due racconti di Elisabetta Liguori ispirati alle vere storie (che sembrano false) de Lu Cafausu, “un luogo immaginario che esiste per davvero”. Con una nota a margine di Giorgio Rizzo.
«Se Lu Cafausu è un corpo, allora respira. Vive, si trasforma, muore e anche dopo continua a respirare. Di quel corpo arriva a noi sempre un’immagine essenziale, minima, residuale. Arriva dopo, a volte molto dopo. In un corpo così ci si imbatte soltanto per attitudine; non accade mai per caso, per un’occasione prefissata, per un progetto o per una colpa. Lo si incontra solo dove esiste una naturale inclinazione all’osservazione del dettaglio, al recupero dello scarto. L’osservazione scrupolosa è l’unica tecnica capace di rimetterlo al mondo, riposizionandolo altrove, dopo che tutto è cambiato. Sento di avere quell’inclinazione, fortuna o condanna. Dei corpi mi stupisce la resistenza. M’intenerisce così tanto e così tanto mi spaventa che sento immediata l’esigenza di liberarne la forza – e liberare me stessa – con una narrazione.”»
«Tutti uguali, ma a ciascuno la sua parte, ripeteva il prof di filosofia quando alla mattina si inchinava davanti all’immagine di Karl Marx. Già ad aprile, davanti al muretto della Fumans, noi avevamo chiara in testa quale fosse la nostra.»
Elisabetta Liguori vive a Lecce. Ha pubblicato Il credito dell’imbianchino, edito da Argo; Il correttore, edito da peQuod; a quattro mani con Rossano Astremo, Tutto questo silenzio per Besa editore; La felicità del testimone per Manni editori; Il secondo giorno e Lo spazio dentro per Musicaos editore. Scrive per il Corriere del Mezzogiorno ed è redattrice del progetto editoriale Collettiva.
La casa cafausica è una collana di libri d'artista al margine a cura di Luigi Negro e Giancarlo Norese.
Dialogano con l'autrice Teresa Musca e Livio Romano.