"Europa: cercasi carta d'identità"
Prosegue la seconda edizione di "Votarti m'affatica. Le parole della scelta. La scelta delle parole", una rassegna, in attesa del festival estivo Io non l'ho interrotta (27/29 giugno), a cura del giornalista Pierpaolo Lala, organizzata da CoolClub, Diffondiamo idee di valore e Conversazioni sul futuro con la produzione di MultiServiceEco.
Sabato 16 marzo (ore 17 > 20 - ingresso gratuito) spazio all'incontro "Europa: cercasi carta d'identità". Mentre le elezioni europee si avvicinano, ha senso parlare dell'identità europea? E se sì, qual è l'importanza delle nostre identità al giorno d'oggi?
Ne discuteranno Marina Lalovic, nata a Belgrado e in Italia dal 2000, fa parte della squadra di Rai Radio3 Mondo, dove conduce la rassegna della stampa estera e gli approfondimenti; Linda Dorigo, fotografa, giornalista e regista, si occupa del tema dell’identità etnica e religiosa unendo l’approccio dello slow-journalism alla ricerca antropologica; Andrea Gabellone, direttore di LecceSette.it, autore di un reportage fotografico sul le nuove rotte dei migranti diretti nel cuore dell’Europa che passano anche da Bardonecchia, paesino di 3000 abitanti in provincia di Torino, grazie al quale ha vinto il "Premio Giornalista di Puglia - Michele Campione"; Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali dell'Università del Salento, e Ubaldo Villani-Lubelli, docente di Storia delle Istituzioni politiche dell'Università del Salento e autore di numerosi saggi sulla politica tedesca ed europea.
Contesa da tutti, compresa da nessuno, la fantomatica «pancia del paese» è il punto ombelicale del discorso pubblico contemporaneo. Ma cosa succede se ad auscultare i borborigmi che giungono dal suo interno è uno studioso della lingua italiana? Cosa succede se, anziché evocare a sproposito un luogo divenuto ormai mitologico, si tenta di registrare e interpretare i cavernosi suoni che da quel (basso) ventre provengono? Cosa succede, insomma, se si cerca di ripercorrere il tragitto che dalla pancia conduce alla bocca e per suo mezzo alla fonazione? Inoltrandosi in questo lubrico terreno, in Sciacquati la bocca, Massimo Arcangeli fotografa un popolo di santi, poeti e ferventi imprecatori, di folli gesticolatori nel loro smodato dimenarsi, dall'ombrello di Alberto Sordi all'impudico dito medio che si solleva a sferzare l'avversario di turno. Indaga le fonti letterarie, scovando la volgare eloquenza di una lingua d'inferno e paradiso, un organismo complesso in cui palpita un cor gentil ma vibra anche un cul fattosi trombetta. Segnala lo scorrere al fondo del nostro idioma di una vena misogina, razzista, maschilista, forse anche priapista, a giudicare dal proliferare dei sinonimi fallici qui analizzati: fava, salame, sanguinaccio e sarciccia, carota, carruba, maritozzo e bacchetta, bastone, bordone, maglio e martello. "Sciacquati la bocca" è il racconto della lingua italiana vista dal basso. Lontano dalla volontà normatrice di chi la vorrebbe imprigionare nello spazio chiuso delle grammatiche, lontano dai propugnatori degli usi anarchici incondizionati, arcinemico del politically correct, Arcangeli mostra una lingua che è spazio discontinuo di un caos ordinato, creativo: perché chi dice volgarità ha un serbatoio linguistico più libero e ricco, come sapevano Dante Alighieri, Leonardo da Vinci e Carlo Emilio Gadda. Ne scaturisce una diversa immagine dell'Italia, delle molte Italie di oggi e di ieri, e un invito a risciacquare i panni non nelle chiare, fresche e dolci acque ma, per una volta, negli acquitrini più limacciosi, opachi e brulicanti di vita.