Gli scopritori della Grotta dei Cervi di Porto Badisco nel ricordo di Gianni Binucci
Quello che ha stupito è stato il desiderio di conoscere fino all'incoscienza, di sapere, di esserci, davanti a fatti prodigiosi come il ritrovamento di segni e cifre antichi di millenni
"Si iti trovati la vipera, iti trovati l'acchiatura". Se avete trovato la vipera, avete trovato il tesoro. È questa la sentenza che segna la scoperta della grotta dei Cervi dal gruppo speleologico "Pasquale de Lorentiis" di Maglie: qual giorno di 45 anni fa un gruppo di temerari stava sul pianoro di Porto Badisco, a 49 km. da Lecce e a 6 km da Otranto.
La profezia venne pronunciata da una signora vestita di nero che comparve come per un incantesimo, una magia che dà i brividi, mentre i protagonisti dell'avventura erano intenti a raccogliersi in occupazioni concrete: radunare gli strumenti, semplici, primitivi come il sottosuolo, candele, vanghe, martelli, scalpelli, la "caldarina".
Il capitano era senza dubbio Remo Mazzotta, il primo a scendere in ogni pertugio, a incunerasi con coraggio sorprendente in ogni cunicolo, anche a costo di far scricchiolare le ossa. L'elenco completo: Daniele Rizzo, Severino Albertini, Isidoro Mattioli, Enzo Evangelisti. Non è possibile dimenticare Pino Salamina, fotografo e documentarista che durante un'intervista ripresa in video ha parlato - domenica 1 febbraio - con passione dei suoi compagni e della sua terra.
Ne ha parlato domenica 8 febbraio anche Gianni Binucci, autore del libro "Lecce Storia e Misteri tra le Mura", storico eclettico con un funambolesco passato di speleologo all'attivo. La cornice è stata nella sala accanto al Museo Faggiano di Lecce dove si festeggia da due settimane l'anniversario dell'esplorazione sotterranea, avvenuta in modo quasi leggendario.
Binucci è stato preceduto dal professore Mario Molendini che ha affascinato il pubblico - compito, attento, seduto su scranni imitazioni di pietre preistoriche decorate con pittogrammi - spiegando le pitture parietali dei nostri antenati preistorici: "Una civiltà che si rivela attraverso l'uso delle immagini". Domenica 1 febbraio, invece, fu Marisa Grandi a parlare del grado di evoluzione della civiltà preistorica che nel salento ha lasciato il suo passaggio sotterraneo.
Ma la serata non è stata incentrata sulle pitture parietali; scrive Binucci su facebook, "come dice Luciano Faggiano, proprietario del museo, domenica scorsa si è parlato scientificamente della grotta, ora è bene parlare degli scopritori (che non sono più tra noi), uomini che avevano un grande spirito di umanità,amore per le scoperte e un infinito coraggio". Si è proceduto, anche, alla premiazione dei partecipanti a un concorso pittorico ricordato con il libro "Pagine di pietra a Badisco".
Insieme a Binucci siamo entrati nelle viscere della terra, con un senso di sgomento e di ammirazione per l'intrepido spirito di avvenura dei protagonisti. Abbiamo tirato il fiato, sentendo di passaggi stretti, come per venire alla luce, di corde calate a 30 metri di altezza, di mancanza di ossiggeno che solo la gioventù poteva sfidarea, fumando sigarette.
Quello che ha stupito è stato il desiderio di conoscere fino all'incoscienza, di sapere, di esserci, davanti a fatti prodigiosi come il ritrovamento di segni e cifre antichi di millenni. Nella grotta del Serpente, ad esempio, si sentivano voci e mormorii ispiegabili e Isidoro Mattioli era convinto fosse abitata da un popolo di pigmei.
Nella grotta del Ciolo si avventurarono, invece, nove uomini e una bellissma donna che vole fare il bagno nuda nelle acque cristalline. La trepidazione per la scoperta si univa a quelle singolarità di uomini fatti per andare oltre i rigidi schemi quotidiani.
La serata si è conclusa con la lettura di una poesia da parte della vedova di Severino Albertini, scritta da Remo Mazzotta che sapeva fare ed essere tutto: idraulico, artigiano, alla modica cifra di centomila lire, per i compagni. Che erano, spiega Binucci, "umili, umani, coraggiosi, incoscienti, amici".
Michela Maffei