"Per troppa luce": incontro con Livio Romano
La libreria VOLTALACARTA a Calimera, ospita LIVIO ROMANO e il suo ultimo romanzo: "Per troppa luce" - edizioni FERNANDEL. Conduce la chiacchierata: GABRIELE RUSSO. «Teniamo un centinaio di 'sti alberelli per figura, per addobbo, il resto si spiana tutto...»
IL LIBRO
Un professore universitario, il proprietario di una tv locale e un ricco medico ingaggiano l'architetto portoghese Francis Arrangiau perché progetti nel Salento un colossale parco tematico finanziato per intero da fondi pubblici. C'è da abbattere la masseria in cui vivono centinaia di immigrati e imbastire una ragnatela di carte false. Antonio è un ispettore del lavoro e Simona un avvocato. Si incontrano, si innamorano, si lasciano. Entrambi, però, e per vie diverse, si ritrovanocoinvolti nella battaglia contro il comitato d'affari. Attorno a loro si muove una folla variopinta di personaggi: una principessa araba, un ricercatore precario gigolò per sopravvivere, l'ex consigliera del dittatore Ceau?escu, un pm geniale, uno psicologo arraffone, scrittorini oscuri quanto vanitosissimi e un gran numero di trentenni plurilaureati che accettano miseri lavori nella comunicazione pur di non emigrare. Sullo sfondo di una provincia italiana sfrenatamente libertina, Per troppa luce è una commedia grottesca con un colpo di scena drammatico, in cui l'impegno civile è un modo per dare un senso duraturo alla propria esistenza e lasciare una traccia di sé.
L'AUTORE
Livio Romano è nato nel 1968 a Nardò, in provincia di Lecce, dove vive. Insegna italiano agli stranieri. Ha esordito con tre racconti in Sporco al sole a cura di Michele Trecca, Gaetano Cappelli ed Enzo Verrengia (Besa Booksbrother, 1998) e con un racconto in Disertori (Einaudi), a cui sono seguiti i romanzi Mistandivò (Einaudi, 2001), Porto di mare (Sironi, 2002) e Niente da ridere (Marsilio, 2007), il saggio Da dove vengono le storie (Lindau, 2000) e il lungo reportage dalla Bosnia Dove non suonano più i fucili (Big sur, 2005).
Stefano Giovanardi, la Repubblica
«Romano va in giro col magnetofono per restituirci istantanee di realtà».
Renato Barilli, Corriere della sera
Giulio Ferroni