Marcello Veneziani e le macerie di un '68 rovesciato
Il sessantotto è stata una rivoluzione o una controrivoluzione? Cosa ha portato in termini di progresso socio-politico? Il professor Marcello Veneziani nei ha parlato di recente a Lecce
Il sessantotto è stata una rivoluzione o una controrivoluzione? Cosa ha portato in termini di progresso socio-politico? Il professor Marcello Veneziani autore de "Il '68 rovesciato", e che lo scorso mese è stato a Lecce, non ha dubbi: il '68 ha rappresentato una pagina deleteria per la storia dell'Occidente. Un'altro colpo all'Occidente. Ma che senso ha parlarne oggi nel 2008? Forse, dopo tutto, Veneziani ha dalla sua il giusto distacco storico-temporale per mettere a punto una valutazione più equilibrata. E' chiaro, tuttavia, al di là delle considerazioni politiche, che bisogna ripensare il nostro incedere quotidiano lontano dai vecchi schemi categoriali.
- Professor Veneziani perché rovesciare il '68?
"Va rovesciato perché ha lasciato più macerie che risultati positivi. Le macerie principali sono evidenti nella scuola, nell'università e nella famiglia e, soprattutto, nel rapporto tra le generazioni. Ha lasciato anche un'ondata di sfiducia e di nichilismo, in sostanza, non crediamo più in niente, è stata una liberazione che ci ha portato verso il nulla".
- Non crede che la sociologia moderna e la filosofia di autori come Foucault o Popper abbia già scardinato il pensiero post-marxista dei vari Adorno e Marcuse?
"Ma gli effetti principali del '68 sono nella mentalità, nella vita civile non tanto nel pensiero filosofico. Dopo il '68 si avverte l'aria della morte della filosofia. Il problema è capire quali lasciti il '68 ha prodotto nella vita corrente, nella vita quotidiana e, di conseguenza anche la sconfitta del pensiero sessantottino non è sufficiente a debellare gli effetti civili, sociali e morali del '68".
- In particolare si è soffermato sui segmenti vitali della società italiana in cui il '68 ha avuto un'influenza importante, tra cui, l'università o la magistratura.
"Il '68 è diventato una classe di potere, i sessantottini sono una casta che ha acquisito il potere mediatico. Il '68 ha in mano le chiavi della mentalità di un Paese in termini dissolutivi".
- Professor Veneziani perché rovesciare il '68?
"Va rovesciato perché ha lasciato più macerie che risultati positivi. Le macerie principali sono evidenti nella scuola, nell'università e nella famiglia e, soprattutto, nel rapporto tra le generazioni. Ha lasciato anche un'ondata di sfiducia e di nichilismo, in sostanza, non crediamo più in niente, è stata una liberazione che ci ha portato verso il nulla".
- Non crede che la sociologia moderna e la filosofia di autori come Foucault o Popper abbia già scardinato il pensiero post-marxista dei vari Adorno e Marcuse?
"Ma gli effetti principali del '68 sono nella mentalità, nella vita civile non tanto nel pensiero filosofico. Dopo il '68 si avverte l'aria della morte della filosofia. Il problema è capire quali lasciti il '68 ha prodotto nella vita corrente, nella vita quotidiana e, di conseguenza anche la sconfitta del pensiero sessantottino non è sufficiente a debellare gli effetti civili, sociali e morali del '68".
- In particolare si è soffermato sui segmenti vitali della società italiana in cui il '68 ha avuto un'influenza importante, tra cui, l'università o la magistratura.
"Il '68 è diventato una classe di potere, i sessantottini sono una casta che ha acquisito il potere mediatico. Il '68 ha in mano le chiavi della mentalità di un Paese in termini dissolutivi".