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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cultura Via Ascanio Grandi, 56

Il Museo Faggiano sul New York Times: una storia che piace agli americani

Il responsabile dell'ufficio italiano dello storico giornale statunitense, Jim Yardley, è stato a Lecce per conoscere quello straordinario contenitore di storia che sorge a due passi da Porta San Biagio e che molti salentini ancora non conoscono

LECCE – Finire nelle pagine culturali del New York Times non è privilegio accessibile a tutti. In prima pagina poi, assolutamente un lusso. E’ accaduto al Museo Faggiano, contenitore privato di storia millenaria che sorge nel centro storico di Lecce, in via Ascanio Grandi, a due passi da Porta San Biagio. L’articolo è stato pubblicato martedì 14 aprile, a firma di Jim Yardley, che da circa un anno e mezzo è il responsabile dell’ufficio dello storico giornale a Roma, ed è il frutto di una visita effettuata di recente nel capoluogo salentino.

Il Museo Faggiano è stato inaugurato nell’aprile del 2008 ed è noto, paradossalmente più a un target elevato di turisti, in prevalenza stranieri, che agli stessi salentini. Eppure, all’interno di un edificio in apparenza come tanti altri eretti nei vicoli della parte antica della città, racchiude gran parte della storia di questo territorio. Dai sotterranei al terrazzo, su quattro livelli, ci sono ben 34 punti censiti: dalle testimonianze messapiche, ai segni del passaggio dei Templari, dagli affreschi dell’età Moderna fino al pozzo di dieci metri che intercetta il passaggio del fiume carsico che scorre sotto la città, l’Idume.

Faggiano e Carlo V (4)-2E con l’acqua, in un certo senso, ha a che fare l’inizio della storia di questo museo. In quello che era stato anche sede del convento collegato alla vicina chiesa di San Matteo, Luciano Faggiano voleva aprire una trattoria e così si mise al lavoro. A causa di una perdita proveniente dall’impianto idrico fognario, chiese l’aiuto dei suoi figli: iniziando a scavare trovarono la prima di una serie di importanti testimonianze storico-archeologiche.

Contrariamente a come avrebbero fatti altri - questo va detto - il proprietario decise di non sacrificare quel tesoro al desiderio di realizzare un'attività di ristorazione e negli anni successivi, grazie alla Soprintendenza, sono stati eseguiti gli scavi e i lavori necessari alla valorizzazione del sito. Il pallino della trattoria, a quanto pare, è rimasto e potrebbe essere realizzato in un edificio adiacente che la famiglia ha acquistato. 

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