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Giubileo dei sanitari nel duomo: donati due bracci simulatori alla Scuola infermieristica della Asl

L’evento a duemila anni dalla nascita di Sant’Oronzo, primo infermiere cristiano e medico del Salento. L’associazione “Cuore e mani aperte” ha donato agli operatori due dispositivi

LECCE  - Si è tenuto ieri pomeriggio, in Piazza Duomo, il Giubileo degli operatori sanitari. La manifestazione si inserisce nell’ambito del Giubileo oronziano, celebrato dalla Chiesa di Lecce a duemila anni dalla nascita del patrono. Con l’occasione, l’associazione “Cuore e mani aperte”, presieduta dal cappellano dell’ospedale “Vito Fazzi”, don Gianni Mattia, ha voluto onorare gli operatori sanitari attraverso la donazione di due bracci simulatori per iniezioni alla Scuola di infermieristica dell’Azienda sanitaria di Lecce.

Tra le categorie individuate per il giubileo oronziano, in questo momento storico così particolare, non poteva mancare il mondo della Sanità. Sant’Oronzo, infatti, fu il primo infermiere e medico cristiano del Salento per cui la Chiesa di Lecce, in questa ricorrenza, ha voluto manifestare a tutto il personale ospedaliero la sua vicinanza e la sua gratitudine per il costante impegno e la professionalità profusi quotidianamente nell’ operato a servizio dell’intera comunità.Giubileo degli operatori sanitari 19.10.21 Duomo Lecce-2

A conclusione della santa messa, celebrata da monsignor Vito Angiuli, Vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, e da monsignor Michele Seccia, arcivescovo metropolita di Lecce, si è svolta la breve cerimonia di benedizione e consegna dei due bracci simulatori, alla presenza del direttore generale Asl di Lecce, Rodolfo Rollo e del coordinatore della Scuola di infermieristica, Cosimo Caldararo.

 “Non dovrebbero servire le giornate dedicate per ricordarci l’importanza delle figure professionali che ci circondano quando siamo più fragili, ma ben vengano se riescono a farci trasmettere sentimenti di vicinanza e gratitudine, per chi ci porge la mano nel bisogno. - ha commentato Don Gianni Mattia - Quando si mettono a confronto le diverse esperienze, alle volte vengono fuori anche criticità e zone d’ombra. Questo però ci ha fatto pensare che la soluzione al problema non sta nell’ignorarlo, ma nel rendere possibile una formazione sempre più vicina alle persone, a quelle da curare, ma anche a quelle che ci cureranno".

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