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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Il raduno dei ragazzi degli anni '80 e '90. Tutti all'Alaska, ancora una volta

Ieri il raduno nei luoghi dove un tempo ci si ritrovava dopo la scuola, a bordo di motorini e Vespe. Una festa organizzata nel ricordo degli anni di una Lecce pre-movida che non esiste più. In centinaia hanno ballato fino a notte fonda nel rione San Lazzaro

LECCE – “Ni etimu all’Alaska”. Qualsiasi discorso lasciato sospeso a mezz’aria su compiti da (non) fare a casa e ragazze di cui immancabilmente si perdeva la testa negli anni dei primi, confusi amori, riprendeva in via Leonardo Da Vinci.

Al suono della campanella le scuole si svuotavano e la città si riempiva del gas di scarico di motorini. Tutti in sella, rigorosamente senza caschi. Non era previsto dallo stile di vita dell’epoca, fra gli ‘80 e i ‘90. E rimase così a lungo. La resistenza durò persino quando arrivarono normative meno flessibili e maxi-retate dei vigili urbani. “La Comune sta face cassa, eh!”

Intorno all’una ci si ritrovava tutti davanti alla gelateria del rione San Lazzaro che oggi non c'è più. Chi aveva “nargiato” lo vedevi già lì, seduto e stonato dalla canna di metà mattina. Nel lasso di tempo di circa un’ora prima del pranzo a casa, si creava una bolgia allegra e confusa. I proprietari delle villette impazzivano trovando il portone sbarrato da una ragnatela di Sì e Vespe “cu la marmitta truccata”. Si parlava del Lecce in serie A, del prossimo derby, di “ddhra vagnona”, delle cazzate del prof e di mille altre cose che condiscono la vita di uno studente. Quella vita che scorreva interminabile, che sembrava non dovesse finire mai.

Nascevano storie e si cementavano amicizie. Nella Lecce pre-movida, quando i locali erano contati sulla punta delle dita, i ragazzi erano una comunità vasta e coesa che frequentava in massa alcuni luoghi predestinati. L’Alaska era uno di quelli, sotto la luce del sole di ogni giorno scolastico. Ognuno aveva il suo angolo più o meno fisso, un pezzo di marciapiede quasi monopolizzato. Poi c’era il Rusticone, ritrovo del sabato sera, e poco altro. Era tutto più semplice, era un’altra vita.

L’idea di Simone Mele, noto per il suo libro “L’ozio è il padre dei vizi”, e di Davide Sorge, due ragazzi di quegli anni, è stata semplice e geniale. Radunarsi tutti lì, ancora una volta, sfruttando il tam tam di Facebook. Un tuffo nel passato, in quel mondo che non c’è più. Ed è stato curioso ritrovarsi insieme ancora una volta, fino a notte fonda. Con alcuni il saluto è quasi quotidiano, anche se nelle pieghe del lavoro e di impegni familiari, è tutto un mordi e fuggi, un “ciao, ciao”, senza mai un secondo per dirsi: “Ma tu, come stai? Ma ti ricordi quando…?”. Di molti, poi, si sono perse proprio le tracce, nella diaspora meridionale che li ha portati a vivere fuori.

C’erano tutti, o quasi. A scrutarsi e poi abbracciarsi, a sorridersi e sfottersi, sorseggiando una birra insieme come ai bei vecchi tempi, quando ne potevi bere decalitri perché il giorno dopo non si andava a lavorare. C’erano tutti, o quasi, con qualche chilo in più, meno capelli e barbe spruzzate di bianco, smagliature, accenni di rughe, o magari improvvisamente resi affascinanti dalla maturità, quando in gioventù erano un po’ insipidi. C’erano tutti, o quasi, a ballare fino a tarda ora. E aleggiava con loro anche il ricordo di amici che ci hanno lasciato prima del tempo. Una festa vera, per fermarci un attimo e ricordarci chi eravamo, specchi di noi stessi negli sguardi incrociati.       

I volti dei ragazzi di ieri

 

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