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L'intervista a Carolina Bubbico: “La mia musica vibra al sole meridiano”

Classe 1990, curriculum degno di nota e libreria piena di riconoscimenti prestigiosi, nonostante la giovane età. L'acclamata pianista, cantante e direttore d'orchestra, si racconta con ironia a pochi minuti dal ritiro del Rever d'Oro Cosimo Cordella 2015. E tra battute e qualche anticipazione lancia un monito alle nuove promesse della musica italiana: "Per conoscersi bisogna studiare"

LECCE – Dipingere il ritratto di Carolina Bubbico non è cosa da poco. Non fosse altro per l’entusiasmo e voglia di vivere propri alla sua giovane età. A soli 25 anni, infatti, ha già fatto parlare di sé le maggiori riviste dello showbiz nazionale e il suo curriculum, per dirla in musica, è davvero degno di nota. Questo perché Carolina ha ben in mente il suo obiettivo, fin da quando era una bambina. Del resto, non avrebbe potuto essere altrimenti, con un papà docente e jazzista e una mamma pianista e compositrice che le hanno insegnato ad amare la vita e a renderle omaggio attraverso la musica.

Il grande pubblico ha avuto modo di apprezzarla negli insoliti panni di maestro d’orchestra dell’edizione 2015 del Festival di Sanremo, la 65esima, durante la quale ha diretto Serena Brancale e il trio “Il Volo”, vincitori, questi ultimi, della manifestazione canora. Lei, nondimeno, con l’umiltà e la schiettezza che la contraddistinguono, ci dice che il sogno sanremese, per quanto stupendo, è stato solo una tappa lungo il percorso artistico che la condurrà ad esplorare ancora molto, pur se in futuro non esclude di affiancare alle performance artistiche la crescita professionale alla bacchetta.

Noi l’abbiamo incontrata ieri sera, nel foyer della Multisala Massimo, a pochi minuti dal ritiro del “Rever d’Oro Cosimo Cordella”, ambito riconoscimento con cui i noti stilisti salentini premiano chi si distingue nel mondo della moda, dello spettacolo, dell’arte e della cultura, ormai da 19 anni. Nel videoclip “A me piacerebbe ridere”, tratto dal tuo album d’esordio “Controvento”, te ne vai in giro su un’improbabile macchina della musica che strimpelli per le stradine assolate del Salento, mentre sullo sfondo sfilano luoghi e persone che sembrano incastonarsi nel paesaggio come i rosoni delle chiese barocche e i conci di pietra leccese, con le loro mille sfumature caratteriali… A chi è venuta in mente l’idea di quello strano congegno mobile, e che cosa rappresenta in realtà?

“Partendo dal tema del brano, che vuol essere un inno alla gioia e alla bellezza, ho voluto porre l’accento sulle tante sfaccettature della vita quotidiana, ma anche ricordare a me stessa, e alla gente, di godere delle piccole cose che, alla fine, sono quelle più importanti. La macchina, un po’ leonardesca, è una splendida realizzazione artistica di falegnami locali e, in sostanza, rappresenta il mio progetto artistico in solo, One girl band, ovvero la possibilità di esprimersi liberamente facendo uso di più strumenti musicali simultaneamente. L’idea di concepirla in quel modo è del regista Gianni De Blasi, il quale voleva che cavalcassi letteralmente la musica tra i vicoli dei paesi salentini – le riprese sono ambientate a Palmariggi, ndr – dove la mia musica avrebbe potuto vibrare nel pieno sole meridiano. Paradossalmente la gente sembra non accorgersi di me, e questo è il filo che lega le parole e il senso della canzone al videoclip in cui ognuno si arrovella con problemi inesistenti. Vedermi alle prese con pianoforte, contrabasso e percussioni, più altri strumenti che sovrappongo ai primi con la mia loop-machine (un apparato elettronico con basi preregistrate azionato da pedali) è stato divertente come tornare bambina. Un po’ come nel noto corto Disney del 1937 in cui Pippo si esibisce con una strampalata music-machine”.

Sempre nel video di De Blasi l’ultimo incontro che fai è proprio quello con una bimbetta sorridente e dall’aria birichina che pare sbarrarti la via. Chi è?

“La bimba, in realtà, è la mia sorellina Francesca, che nella finzione del videoclip chiude il cerchio dei personaggi, tutti segnati da atmosfere emotive forti, generalmente ostili, che compongono il nostro vivere quotidiano. Il testo della canzone, però, vuol far riflettere che è il modo in cui ci poniamo con gli altri, in cui percepiamo le cose, a essere sbagliato. Francesca racchiude in sé la bellezza, la spensieratezza e l’ingenuità disarmante che fa percepire la vita ai bambini con scanzonata meraviglia. Il messaggio di fondo è che dovremmo conservare quel disincanto il più a lungo possibile e, qualora non ci riuscissimo, basterebbe guardare ai più piccoli con maggiore attenzione perché abbiamo molto da imparare da loro”.

Ti hanno descritta in molti modi, ma se fossi tu a volerlo fare all’interno di una tua canzone come ti disegneresti?

“Beh, diciamo che ancora sono in cerca di una vera me stessa. Di default, però, ritengo di potermi caratterizzare come una persona solare, energica, creativa, socievole e intraprendente”.

Dopo il successo dell’esperienza sanremese, dove sei stata acclamata sia dal pubblico che dalla critica per la frizzante direzione di Serena Brancale e de “Il volo”, parafrasando, potremmo dire che in un certo senso è decollata anche la tua carriera?

“È un’esperienza che mi ha segnato. Insomma, arrivare a dirigere l’orchestra di San Remo a soli 25 anni è una grandissima soddisfazione che, tuttavia, devo all’amicizia con Serena Brancale, la cui scelta coraggiosa di lasciarmi arrangiare per orchestra un mio brano e dirigerlo per lei ha fatto sì che tutto si avverasse. Ciò che non mi aspettavo, in quel contesto, era il rispetto con cui, orchestrali, sezione ritmica e colleghi mi hanno trattata, oltre naturalmente al responso favorevole della critica che mi ha attribuito il ruolo di svecchiare il palco della più importante manifestazione canora italiana. E tutto questo tenendo presente che più che direttore io mi sento un’artista, una cantante, anche se dal 2011 dirigo l’orchestra jazz, pugliesissima, Swing Big Band. Non ho una laurea in conduzione d’orchestra, pur avendo avuto molte esperienze in altrettante formazioni e orchestre locali. Mi sono diplomata nel 2013 presso il conservatorio musicale di Modugno, e devo ancora chiudere il ciclo di studi con il biennio specialistico”.

Diciamo che sei cresciuta a pane e musica…

“A casa mia studiare è una cosa naturale come respirare: mio padre insegna al dipartimento di Jazz del Conservatorio di Lecce dalla fine degli anni ’80, e mia madre ha avuto per anni una scuola di musica. Il loro è stato un metodo educativo multidisciplinare; per un decennio hanno lasciato che studiassi ogni anno uno strumento differente – piano, batteria, violoncello, violino… – senza mai tralasciare il canto. Un lavoro costante e metodico che adesso mi permette di approcciarmi alla musica a 360°. A tal proposito, vorrei approfittare per correggere il tiro dell’intervista apparsa su VanityFair Italia che, soprattutto nel titolo, mi ha, un po’ arbitrariamente, affibbiato il ruolo di moralizzatrice delle nuove generazioni musicali. Sono sì convinta che si debba studiare molto e con molto impegno, ma lungi da me il voler giudicare o bacchettare chicchessia, anche perché ho ancora 25 anni. Ciò che invece sostengo, per mia stessa esperienza, è che attraverso uno studio costante e una mentalità aperta si impara a conoscere meglio se stessi, i propri istinti e le proprie intuizioni, l’unica via possibile per migliorare e ottenere il meglio dalle proprie performance artistiche. Detto questo certe forzature, si sa, fanno vendere di più”.

So che stai lavorando al tuo secondo Cd, di cosa canterai, e quando potremo ascoltarlo?

“Nella preparazione a questa seconda uscita, che spero avverrà il prossimo autunno, ho incontrato un gran numero di professionisti, tra i quali l’amico Beppe Vessicchio, che mi ha dato veramente un grande sostegno, pur se le nostre strade adesso si sono separate. Sicuramente mi circonderò di tante menti creative ma non escludo di cavarmela da sola anche stavolta. Per quanto riguarda i testi, mi concentrerò sul passaggio tra la me bambina e la me donna, su questa fase molto importante di transizione che, poi, è esattamente ciò che mi sta accadendo. Soprattutto dopo il grande stravolgimento emotivo dell’ultimo anno. Ancora uno sguardo autobiografico, dunque, con aperture alla natura e alla spiritualità”.

Stasera riceverai il “Rever d’Oro - New Generation” un riconoscimento internazionale che i talentuosi stilisti Cordella dedicano a chi si distingue non solo nel mondo della moda, ma anche in quello della cultura, della musica, dell’arte e dello spettacolo. Un appuntamento giunto alla 19esima edizione e che vedrà sul palco, insieme a te, il filantropo pilota di gare off-road no-limits, Robert Acer, e lo stilista indiano Sengar Lalit. Cosa pensi, in particolare, del binomio tra musica e moda, tenendo in considerazione il grande apprezzamento per la mise mozzafiato che hai sfoggiato a San Remo?

“Una mise incantevole che devo anche a Carol Cordella. Cercare il nesso tra musica e moda è un po’ come cercarlo tra musica e immagine, o concetto e apparenza. Sono aspetti che vanno di pari passo, ma a San Remo ho dovuto necessariamente trovare un mio equilibrio tra questi due lati della stessa medaglia facendo sì che una non prevalesse sull’altra, come troppo spesso accade nel mondo dello spettacolo. Quindi, credo che siano entrambi fondamentali e le combinazioni possibili sono infinite. Purché ci sia buongusto…”  

Tra le innumerevoli cose che hai fatto, hai firmato la colonna sonora di una produzione Rai per la regia di Francesca Muci dal titolo “L’Amore Imperfetto” che contiene tre tracce tratte dal tuo album “Controvento”. Ma se potessi scegliere un film cui fare la colonna sonora quale sarebbe, e di cosa dovrebbe parlare?

“Mah, è una domanda tanto bella quanto complicata. In effetti, c’è molto di me nei film di Woody Allen o nelle pellicole di Almodovar. Ebbene sì, sono una che gioca pesante… Se però avessi carta bianca, vorrei che la trama fosse a metà tra lo psicologico e lo spirituale, qualcosa che vada bene all’estero ma rigorosamente ambientato in Italia”.

Quali impegni ti aspettano nell’immediato?

“Uno cui tengo in maniera particolare, anche perché faccio parte della produzione, è il “Piano Piano Festival”, un evento itinerante interamente dedicato al pianoforte che dal 2 al 5 luglio prossimi animerà ville e giardini di Lecce e dintorni. Il programma, ricchissimo di appuntamenti e ospiti nazionali e internazionali, è curato e ideato dalla musicista Irene Scardia, e si propone di trovare nuove formule di collaborazioe tra l’etichetta discografica e gli artisti per coinvolgere maggiormente le parti nell’intero processo di produzione e dare il giusto merito a quanti lavorano con impegno alla realizzazione di un progetto editoriale.

Per il resto, posso anticiparvi che proprio ieri è uscito “Vento”, nuovo singolo prodotto da Workin’ Family, di I. Scardia, per Workin’ Label (sul cui sito, tra le altre informazioni, si potranno trovare tutte le date degli appuntamenti e gli ospiti del festival, ndr), con le voci mia e di Daniele Vitali, già in distribuzione digitale. Mentre lunedì 22 giugno sarà online il videoclip. Ascoltatelo, vi piacerà da pazzi quest’estate”.

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