Per obbedienza, dell'incanto di frate Giuseppe
La grande storia di un piccolo uomo fuori dall'ordinario: Giuseppe da Copertino, santo. Una storia picaresca, comica, commovente. La storia di un ragazzo semplice, anzi "semplice e idiota", così ne parlava C. Bene, una delle fonti d'ispirazione per questo lavoro, ma un idiota capace di strapparsi da dosso tutte le zavorre, capace di staccarsi da terra perché capace di svuotarsi dal pensiero, incantato, a 'vuccaperta', metafora di un sud azzoppato a cui non resta che volare.
Nell'estasi, più che vedere, il soggetto diventa lui stesso madonna, divinità, demone, a seconda; così di San Giuseppe: è il divino che muove verso di lui, non il contrario. Giuseppe va in estasi con una facilità incredibile: l'unica differenza rispetto ad altre estasi, dove lo spirito abbandona un corpo immobile, sta nel fatto che lui il corpo se lo porta con se, in volo; quel corpo martoriato da digiuni e flagellazioni diventa una pagina dove è disegnato tutto il suo amore verso la Madonna, tutta la sofferenza di quel mondo che lui non comprende, non da sveglio, certo, e non secondo un pensare quotidiano, ma che sente potente dentro di se.
Tutto il lavoro di ricerca, di fonti storiche, di leggende popolari porta nel nostro lavoro all'elaborazione di un testo per attore unico; un narratore e uno sgabello malfermo su cui siede, in bilico anche lui, in procinto di cadere, o di volare, forse.